Dimenticate le vittime israeliane e coperti i veri carnefici dei palestinesi

Non è per caso che bambini e mamme palestinesi servivano lì dove sono rimasti per rallentare l’esercito israeliano e fare da scudi umani di Hamas?

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Sembrerebbe inutile sottolinearlo, ma è giusto ricordare che all’indomani del 7 ottobre 2023, giorno dell’attacco ai civili israeliani ad opera di Hamas, organizzazione terroristica finanziata principalmente dall’Iran degli ayatollah, quasi tutto il mondo era inorridito.

L’operazione oblio

È altresì giusto ricordare che, praticamente in diretta, le immagini dell’orrore furono condivise dai terroristi stessi sulla quasi totalità dei social. Il massacro di famiglie intere, gli stupri, i neonati bruciati vivi nei forni delle cucine delle loro case, e tutta la serie di orrori di una gravità tale che per trovarne di simili nei confronti della popolazione ebraica bisogna tornare indietro nella memoria fino alla Seconda Guerra Mondiale.

Perché scrivo che è giusto ricordare? Il motivo è semplice, è giusto ricordare a tutti, ma proprio a tutti, quello che per motivi di convenienza si vorrebbe dimenticare e far dimenticare.

Questo perché l’operazione oblio, coordinata da tante di quelle organizzazioni internazionali che è davvero impossibile elencarle tutte, in collaborazione con molti governi e corti internazionali è cominciata, per mezzo del solito megafono a senso unico, all’indomani della reazione militare israeliana che ha portato alla guerra in corso.

Palestinesi senza colpa?

In molti obiettano che la popolazione palestinese della Striscia di Gaza sta soffrendo senza colpa di questa situazione. A costoro io rispondo che è vero che stanno soffrendo, su questo non ci sono dubbi, è il senza colpa che deve essere analizzato.

Partiamo dall’inizio, e cioè dalle elezioni che portarono Hamas al potere nella Striscia di Gaza e del conseguente colpo di stato che cancellò l’Autorità nazionale palestinese alla quale il governo israeliano aveva lasciato la gestione di quel territorio dopo il suo ritiro unilaterale.

Pertanto: è necessario ricordare che a distanza di pochi giorni ciò che era stato segretamente concordato, cioè ritiro israeliano e controllo ANP, è completamente saltato e ha lasciato l’intera area in mano ai terroristi di Hamas e della Jihad Islamica? È giusto ricordare che il popolo della Striscia, quello che oggi sta soffrendo a causa della guerra, festeggiava la presa del potere dei terroristi distribuendo dolcetti per le strade? Comportamento tra l’altro visto a ogni attentato quando una vita israeliana valeva cinque pasticcini al miele.

È giusto ricordare che il 7 ottobre 2023, mentre i giovani israeliani che al Nova Festival stavano ballando e si volevano divertire sono stati attaccati e ammazzati a sangue freddo, le ragazze stuprate in gruppo e poi fatte a pezzi e le famiglie dei kibbutz di frontiera venivano massacrate mentre la città di Sderot era messa a ferro e fuoco, il popolo della Striscia di Gaza, quello che ora sta soffrendo per la guerra, mangiava pasticcini al miele e ballava al ritmo di Allāhu Akbar?

Allora io chiedo: se la stessa cosa fosse successa in una qualsiasi città di frontiera di un altro Stato, cosa avrebbe preteso dal suo governo la popolazione colpita in quel modo dal terrorismo? Rispondete sinceramente, se quello che è successo in Israele il 7 ottobre fosse accaduto da un’altra parte, il massacro sarebbe stato dimenticato con la stessa velocità che abbiamo visto in questo caso?

E poi c’è anche da chiedersi: ma davvero i cittadini della Striscia di Gaza non immaginavano quale, e di che potenza, sarebbe stata la reazione israeliana? Anziché ballare e distribuire dolcetti, perché non si sono dati da fare per trovare i rapiti israeliani e riconsegnarli immediatamente o almeno dare indicazioni su dove si trovassero? Non dico per aiutare quello che considerano il nemico, un nemico che comunque ha sempre dato lavoro a migliaia di pendolari palestinesi che proprio grazie a Israele avevano una vita più che dignitosa, o per evitare sofferenze inenarrabili a civili innocenti, ma almeno per limitare i danni della reazione dell’esercito israeliano.

Aiutare a ritrovare i civili rapiti e liberarli sarebbe stato nell’interesse dei palestinesi stessi, ma nessuno ha parlato, tutti solidali con i terroristi, per ideologia o per paura, e francamente fra le due è difficile capire quale possa essere la peggiore.

Vittime dimenticate

Le parole bambini e palestinesi, legate al racconto delle peggiori infamie, sono state usate e abusate. Ma anche qui è necessario fare chiarezza. Come dicevo all’inizio, il ricordo del massacro dei bambini e dei neonati israeliani il 7 ottobre 2023, insieme alle loro famiglie, è stato rapidamente dimenticato, accantonato e, dove possibile, anche insabbiato. Anche se, è giusto ricordarlo, nelle celle frigorifere dell’Istituto Patologico di Tel Aviv ci sono ancora diversi corpi e pezzi di corpi carbonizzati ai quali non si riesce a dare un nome.

Queste vittime, per assurdo, sono state dimenticate prima ancora di essere identificate. Mentre i bambini e neonati israeliani vengono dimenticati, quelli palestinesi sono costantemente ricordati, ogni giorno, più volte al giorno. E anche su questo tema tragico è necessario mettere un po’ di ordine.

Innanzitutto il numero delle vittime dato da Hamas è risultato falso, non lo dico io ma l’Onu anche, se i giornalisti continuano a ripetere come vero un falso conclamato. Non è però il numero ad essere un fattore importante, la perdita di vite, soprattutto di giovani vite è sempre una tragedia.

Scudi umani palestinesi

Ciò che fa davvero rabbia è l’uso cinico che viene fatto di questa tragedia da coloro che fanno finta di addolorarsi della perdita di bambini palestinesi, sì, fanno finta, e per capirlo ci vuole poco: basta un minimo di onestà intellettuale.

Per quale motivo la comunità internazionale, l’Onu, il G7, l’Unione europea e gli Stati Uniti del presidente Biden e dell’apostolo Blinken non hanno chiesto all’Egitto di Al Sisi di aprire il confine con la Striscia di Gaza per far evacuare almeno donne e bambini? Ricordate le donne ucraine che con i loro figli entravano in Polonia e poi si disperdevano in Europa per scampare alla guerra? Perché lo stesso trattamento non è stato applicato anche alle donne e ai bambini palestinesi?

Perché i governi del mondo libero, quelli che si trovano subito in accordo nel condannare Israele qualsiasi cosa faccia, non hanno chiesto di applicare il diritto umanitario internazionale che prevede, in caso di pericolo, il diritto di rifugiarsi nel primo Paese sicuro?

Non era certo possibile andare in Egitto a protestare, sappiamo bene cosa succede in quei casi, ma perché non è stata organizzata una manifestazione di piazza o in qualche università in una qualsiasi città d’Europa o del Nord America? Per quale motivo il Consiglio di Sicurezza dell’Onu non ha fatto passare una risoluzione in merito?

Non è per caso che i bambini palestinesi e le loro mamme servivano lì dove sono rimasti per bloccare e rallentare l’esercito israeliano nella sua avanzata? Non è per caso che la loro presenza, obbligata dalla chiusura dei valichi di frontiera con l’Egitto, serviva come una sorta di scudo umano? Yahya Sinwar, il capo indiscusso di Hamas ha detto: “Ci serve il sangue e il sacrificio del popolo palestinese”.

Non è per caso che le morti di donne e bambini, persone che potevano essere salvate allestendo dei campi profughi in territorio egiziano o in qualsiasi altra nazione disposta ad accoglierli momentaneamente, sono state invece cinicamente usate come aiuto alla causa palestinese? Non è per caso che le televisioni, i giornali, i social e tutti i mezzi di informazione hanno sfruttato questa situazione solo e unicamente per i loro fini commerciali? Solo il tempo potrà dare le risposte a questi difficili quesiti.

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