Dopo l’indecoroso ritiro delle truppe americane nel 2021, gli Stati Uniti hanno mantenuto un atteggiamento cauto nei confronti del nuovo regime talebano. Un rapporto pubblicato nel settembre 2024 dai Repubblicani della Camera dei Rappresentanti ha evidenziato gravi lacune nella gestione dell’evacuazione da parte dell’amministrazione Biden.
Secondo il rapporto, la decisione di evacuare i non combattenti è stata presa troppo tardi, con comunicazioni inefficaci tra Washington e gli ufficiali sul campo. Inoltre, sono stati riscontrati errori nella gestione della documentazione per l’uscita dei civili afghani, lasciando molti alleati locali vulnerabili alle ritorsioni dei talebani. Ma questa è un’altra storia, che comunque è bene non dimenticare…
Di recente ci sono stati segnali di un possibile riavvicinamento. Un esempio è la visita a Kabul, il 20 marzo scorso, di una delegazione diplomatica guidata da Adam Boehler, rappresentante speciale del presidente Usa per gli ostaggi, accompagnato da Zalmay Khalilzad, ex inviato speciale per l’Afghanistan. Durante questa visita, i Talebani hanno rilasciato George Glezmann, un cittadino americano detenuto da oltre 800 giorni. Questo gesto è stato interpretato come un segnale di buona volontà da parte dei Talebani nei confronti dell’amministrazione Usa.
La Rete Haqqani
Un altro sviluppo significativo è stata la decisione degli Stati Uniti di rimuovere le taglie su alcuni leader della Rete Haqqani, tra cui Sirajuddin Haqqani, attuale ministro degli interni talebano. La Rete Haqqani è nota per essere una delle fazioni più temibili e organizzate all’interno del panorama talebano, con una lunga storia di attacchi contro obiettivi occidentali e afghani.
Ne avevamo parlato qui lo scorso giugno: sulla testa di Sirajuddin Haqqani ancora pendeva la taglia del Dipartimento di Giustizia statunitense, eppure il terrorista talebano aveva ottenuto un livello di legittimità internazionale senza precedenti. Viaggiando come ministro degli interni afgano, aveva visitato gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita, ricevendo un’accoglienza calorosa.
La facilità con cui Sirajuddin aveva viaggiato in Paesi che ospitavano basi militari statunitensi solleva interrogativi sul futuro delle relazioni tra Washington e l’Emirato Islamico dell’Afghanistan. Ad oggi quei dubbi sono certezze: è iniziata una nuova era nei rapporti tra talebani e Usa. Questo approccio diplomatico potrebbe indicare un tentativo di Washington di stabilire un dialogo più aperto con i Talebani, forse per contrastare l’influenza crescente di altre potenze nella regione.
Le mani della Cina sull’Afghanistan
Pechino ha sempre avuto un occhio attento all’Afghanistan, principalmente per motivi di sicurezza e stabilità regionale. La Cina condivide una breve frontiera con l’Afghanistan e teme che l’instabilità possa influenzare negativamente la regione dello Xinjiang. Inoltre, l’Afghanistan è ricco di risorse minerarie non sfruttate e Pechino ha mostrato un interesse crescente per le risorse naturali afghane.
Nel gennaio 2023, ad esempio, i Talebani hanno firmato un contratto di 25 anni con una compagnia cinese per l’esplorazione e l’estrazione di petrolio in un’area di 4.500 chilometri quadrati nel nord dell’Afghanistan. Gli investimenti cinesi dovrebbero ammontare a 150 milioni di dollari nel primo anno e a un totale di 540 milioni nei primi tre anni.
Un altro esempio: una società cinese ha offerto ai Talebani 10 miliardi di dollari per accedere alle ricche riserve di litio del Paese. Questo accordo prevede anche la costruzione di infrastrutture strategiche per collegare l’Afghanistan da nord a sud, creando opportunità di lavoro per migliaia di afghani.
Inoltre, Pechino ha offerto al governo talebano l’accesso senza dazi al suo mercato, focalizzandosi su settori come l’edilizia, l’energia e i beni di consumo, nel tentativo di rafforzare i legami economici con il regime talebano. La Cina ha mostrato interesse a integrare l’Afghanistan nella sua iniziativa Belt and Road, cercando di espandere la sua influenza economica nella regione. Tuttavia, ci sono sfide significative legate ai costi e alla sicurezza nell’accesso alle risorse minerarie afghane che potrebbero limitare l’efficacia di questi piani.
Quindi, mentre gli Stati Uniti cercano di mantenere una certa influenza attraverso negoziati e concessioni, la Cina avanza con investimenti concreti nel settore energetico e minerario afghano. Questo scenario evidenzia una competizione silenziosa tra le due superpotenze per l’influenza in Afghanistan. Vedremo quali implicazioni ci saranno nella geopolitica regionale.
Nuove leggi e diritti umani
Parallelamente a questi sviluppi diplomatici, i Talebani hanno introdotto nuove restrizioni che limitano ulteriormente i diritti delle donne e la libertà di espressione. È stata vietata la costruzione di finestre in nuovi edifici che possano offrire viste sulle case vicine abitate da donne, una misura volta a “salvaguardare i principi islamici e i diritti della sharia dei vicini”.
Sono stati pure imposti divieti sulla musica e sull’arte, colpendo duramente la cultura e l’espressione artistica nel Paese. Queste restrizioni hanno suscitato condanne a livello internazionale, con l’Unione europea – sempre fuori dalle partite non calcistiche che contano – che ha denunciato tali misure come violazioni dei diritti umani fondamentali. I Talebani lo hanno saputo. Ora tremano…