Esteri

Due anni di guerra in Ucraina: abbiamo imparato la lezione?

No, il problema è nella nostra timidezza strategica: incapaci di concepire una vittoria. Conflitto già europeo, la Nato il reale obiettivo di Putin

zelensky ucraina soldi © Tomas Griger e viperagp tramite Canva.com

Dopo due anni esatti di invasione russa dell’Ucraina, noi occidentali abbiamo imparato la lezione? No, a giudicare dal comportamento dei governi della Nato.

Promesse disattese

Benché i governi europei e quello statunitense non finiscano mai di ripetere che il sostegno all’Ucraina è un nostro dovere morale, nessuno pare rendersi conto della posta in gioco e neppure della vera natura del conflitto. Volete una dimostrazione? Quasi nessun Paese della Nato ha iniziato a porre la propria produzione industriale sul piede di guerra.

Ora ci ritroviamo a disattendere le nostre promesse, a partire da “un milione di proiettili europei all’Ucraina” perché stiamo esaurendo le scorte. Non è possibile che i Paesi della Nato che, tutti assieme, coprono circa un terzo del Pil mondiale, non riescano a produrre più di una frazione di quel che sfornano, ogni mese, le industrie della Russia, una nazione che ha lo stesso Pil della sola Italia. Dietro l’incapacità di rifornire l’Ucraina di quel che ha bisogno, c’è evidentemente, ancora, una mancanza di volontà politica di adattarsi alla realtà.

Un conflitto già europeo

Prima di tutto, non vogliamo ancora vedere (con l’eccezione dei Paesi Baltici, della Polonia e della Finlandia) che l’invasione dell’Ucraina è solo la prima tappa di un conflitto europeo, che già dal 2021 coinvolge tutta la Nato. Infatti, quando la tensione montava alle frontiere ucraine, il Cremlino ha posto le sue condizioni per evitare la guerra. Ma non a Kiev, bensì a Washington e a Bruxelles, agli Usa e alla Nato.

In termini ultimativi, chiedeva di vietare ulteriori adesioni all’Alleanza e di ritirare il deterrente nucleare Usa in Europa, di rivedere gli accordi fra Nato e Russia del 1997 per un sostanziale disarmo dei nuovi membri (tutti gli ex satelliti dell’Urss e i Baltici) e la cessazione di ogni attività al di fuori delle nostre frontiere orientali.

L’Ucraina è il primo “boccone” per la Russia, la Nato è il suo reale obiettivo. La resistenza dell’Ucraina all’invasione ci ha regalato tempo e spazio per attrezzarci contro la Russia. E ci ha dato l’occasione, unica e insperata, di poter fermare l’espansionismo russo prima ancora che i membri della Nato possano essere coinvolti. Ma stiamo sprecando queste opportunità.

Timidezza strategica

Perché? La prima risposta è nella nostra cultura strategica: l’incapacità di concepire una vittoria. Sono state smentite tutte le più cupe previsioni (una caduta dell’Ucraina in poche settimane, un’escalation nucleare, l’apocalisse energetica, una crisi alimentare in Europa, ecc…) e gli ucraini, non solo hanno tenuto le linee, ma hanno riconquistato intere province.

Eppure l’idea dominante è sempre quella di una inevitabile vittoria russa. Ripristinare le frontiere del 1991? Un miraggio. Riconquistare la Crimea? Una follia. Ritornare alle linee del 24 febbraio? Forse, ma senza esagerare. La timidezza strategica ha avuto conseguenze pratiche: pochi aiuti, centellinati, solo a corto raggio.

Non è una novità. Il carattere remissivo è ormai una caratteristica del pensiero strategico occidentale, dopo la Seconda Guerra Mondiale. Vuoi la paura di un’escalation nucleare, vuoi le esperienze negative del Vietnam e in epoca più recente dell’Iraq, hanno indotto i nostri strateghi a pensare che le guerre contemporanee siano non-vincibili e che i nemici possano essere tutt’al più contenuti e non sconfitti.

Lo dimostra anche, più recentemente, il suggerimento di “non esagerare” dato dai consiglieri militari americani agli israeliani, nell’attuale guerra a Gaza. Gli americani, così come all’inizio dell’invasione dell’Ucraina, prevedevano per gli israeliani perdite catastrofiche. Che non ci sono state. E tutt’ora non fanno altro che suggerire di fermare l’offensiva, prima di subire danni peggiori. Il tutto in forza di “lezioni da noi apprese” e di “errori da non ripetere”, con cui il presidente Biden allude alle esperienze in Iraq e in Afghanistan.

Non dipende da noi

La timidezza strategica è accompagnata e motivata, paradossalmente, da una grande presunzione: l’idea che tutte le guerre dipendano da noi. In questo caso, il conflitto è stato voluto e scatenato dalla Russia, che ha invaso un Paese straniero senza essere provocata. Ma il linguaggio usato (dagli analisti, soprattutto) per descrivere la situazione sul campo, è tipico delle “guerre per scelta” combattute dagli occidentali oltre-mare, come il Vietnam, o come l’Iraq.

Infatti sentiamo spesso dire, per ultimo dagli analisti della Rand Corporation, che è nostro interesse “disimpegnarci” dal conflitto ucraino, perché una guerra prolungata renderebbe più instabile il Dopoguerra. Come è possibile disimpegnarci da una guerra difensiva che non stiamo combattendo noi?

È opinione diffusa che l’Europa sia “al limite” e occorra porre fine al conflitto. Ma non siamo noi a decidere, è l’invasore, al massimo, che può dire di averne abbastanza e negoziare. Oppure, perorando la causa della pace, sentiamo spesso ripetere, da opposizioni irresponsabili (fra cui purtroppo anche i Repubblicani americani), che “non abbiamo obiettivi chiari”. Noi? In una guerra di invasione, è l’invasore che deve chiarire i suoi obiettivi. È la Russia, semmai, che deve dichiarare quali siano. Per l’Ucraina, ogni giorno di indipendenza e ogni ora di resistenza, è una vittoria. E chiaramente, ogni centimetro di terreno riconquistato, è un trionfo.

Moralismi

Quando sentiamo pacifisti di sinistra e sovranisti di destra (per una volta indistinguibili) esprimere giudizi moraleggianti sulla guerra che staremmo combattendo noi sulla pelle degli ucraini (con frasi stupidamente ironiche come “combatteremo fino all’ultimo ucraino”), non ci rendiamo conto che è vero il contrario: gli ucraini stanno combattendo per la loro stessa sopravvivenza, anche nel nostro interesse, ma noi al massimo, li stiamo assistendo.

Fra l’altro, continuiamo a percepirci come la parte forte, quando ci dimentichiamo che l’Ucraina è la seconda nazione più povera d’Europa (dopo la Moldova) e sta miracolosamente resistendo da due anni alla seconda potenza militare del mondo. Che si sia giunti a questo secondo anniversario di guerra è già un miracolo. Non sprechiamolo.