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È scattata l’ora del post-populismo? I casi italiano e francese

Lo scioglimento dell’Assemblea nazionale consente alla Francia di seguire la strada post-populista tracciata dall’Italia. Intervista a Thibault Muzergues

Meloni voto europeo affluenza © narvokk tramite Canva.com

* di Francesco Subiaco e Francesco Latilla

Di fronte alle mutazioni degli equilibri europei, confermate dall’ultimo responso elettorale (soprattutto in Francia e in Germania), emerge chiaramente tanto a destra quanto a sinistra la necessità di un superamento della stagione populista, riconvertendo la contesa tra “élite” e “popolo” in una rinnovata dialettica destra-sinistra.

Un paradigma di superamento delle spinte populiste che si presenta come una lente efficace per interpretare il caso italiano e le mutazioni dello scenario francese, e che è il vero centro del saggio “Post-populisme. La Nouvelle vague qui va secouer l’Occident” (Éditions des L’Observatoire) di Thibault Muzergues: senior advisor, Europe & Euro-Med dell’International Republican Institute, studioso, saggista e già consigliere di figure di spicco del panorama britannico e francese. Per meglio comprendere l’evoluzione del post-populismo nello scenario europeo alla vigilia delle principali sfide elettorali abbiamo intervistato l’autore.

Il post-populismo e le elezioni europee 

FRANCESCO SUBIACO e FRANCESCO LATILLA: Nel suo ultimo saggio affronta l’evoluzione delle leadership europee verso un superamento del populismo. Cosa intende con questa formula e quali sono le tesi di fondo del suo testo? 

THIBAULT MUZERGUES: La tesi principale del mio libro è che il divario populista che ha definito gli anni 2010, caratterizzato da un’opposizione frontale tra “il popolo” e i suoi rappresentanti populisti da un lato, e le élite dall’altro, stia svanendo sotto la pressione degli eventi e degli sviluppi nella società.

In Europa, questo fenomeno si traduce in un ritorno spettacolare alla divisione destra-sinistra; anche se la distinzione si è certamente evoluta: la destra di oggi è meno liberale, molto più conservatrice a livello sociale e segnata, ad esempio, da posizioni fortemente anti-immigrazione, mentre la sinistra è probabilmente dal versante opposto ancora più radicale. Una dialettica polarizzata tipica di due élite che propongono progetti sociali tanto diversi ai propri concittadini.

Abbiamo potuto osservare il ritorno di questa divisione durante le elezioni europee in Italia: i due maggiori partiti (Fratelli d’Italia e il Partito Democratico) hanno ampiamente dominato il voto, e i partiti “populisti” (rappresentati dal Movimento Cinque Stelle e dalla Lega) sono stati relegati in una posizione più marginale.

I nuovi equilibri europei 

FSFL: Come è cambiato lo scenario europeo che è emerso dalle ultime elezioni comunitarie e quali chiavi interpretative può fornirci per comprenderne i mutamenti?

TM: Il nuovo Parlamento europeo è allo stesso tempo tanto più sbilanciato a destra quanto più frammentato di quello della precedente legislatura. Lo spostamento del baricentro del Parlamento europeo a destra appare evidente e chiaro anche perché tutti i principali partiti europei che si trovano a destra dell’emiciclo hanno avuto un aumento significativo dei propri seggi: +8 per il Partito popolare europeo (PPE) democristiano, che consolida la sua posizione di leader in Parlamento (con 188 europarlamentari), +20 per i conservatori e riformisti di Giorgia Meloni, e +4 seggi per i populisti di destra di Identità e Democrazia (ID).

Al contrario, quasi tutti i partiti di sinistra hanno perso voti: i Socialisti e Democratici (S&D) sono riusciti a contenere emorragie elettorali grazie alle buone performance in Italia, Spagna e Francia (-4 seggi); i Verdi hanno perso 18 seggi; mentre i liberali, che si sono spostati a sinistra durante questa legislatura, sono i maggiori perdenti dell’elezione con -28 parlamentari.

Alla fine, solo l’estrema sinistra ha guadagnato un po’ – tre deputati, e questo dimostra quanto il cambiamento sia notevole, soprattutto perché con i suoi 82 deputati, l’ECR di Giorgia Meloni si afferma come la terza forza in Parlamento, davanti ai liberali di Renew Europe (che adesso hanno solo 73 europarlamentari). Questo spostamento verso destra è poi accentuato anche dalla forte progressione di nuovi partiti finora non registrati (soprattutto di orientamento nazionalista o identitario), che potrebbero formare un altro gruppo a destra dell’ID, attorno al AfD tedesca.

FSFL: Quali potrebbero essere le conseguenze di tale mutazione?

TM: Tutto ciò ovviamente rafforza l’atomizzazione del Parlamento europeo, con due grandi partiti dominanti (PPE e S&D) che rimangono al di sotto della soglia dei 200 e tutti gli altri a meno di 100 deputati – e potenzialmente con un nuovo gruppo alla destra di ID.

Il ritorno del bipartitismo all’italiana 

FSFL: Al netto dei risultati delle europee in Italia, vede la nascita (o la rinascita) di un nuovo bipartitismo?

TM: In un certo senso sì: il dominio di Fratelli d’Italia e del Partito Democratico e delle loro leadership rafforza questa impressione di un consolidamento della dialettica destra-sinistra attorno a due partiti dominanti, con più piccoli movimenti che riuniscono tutte le anime della destra e tutte quelle della sinistra. Bisogna però restare prudenti: la scena politica italiana è in continuo cambiamento, e non è impossibile che le cose cambino.

FSFL: Ovvero?

TM: Per esempio, alcuni fattori dirompenti potrebbero essere un cambiamento della leadership della Lega nei prossimi anni o una perdita di consensi e popolarità da parte del presidente Meloni (cosa che inevitabilmente accadrà).

L’altra incognita è legata, invece, alla consistenza elettorale del Movimento 5 Stelle: che come forza rappresentante di un elettorato caratterizzato da giovani e da cittadini del Sud del Paese, ha ottenuto un pessimo risultato alle elezioni europee proprio perché questi elettori non sono andati a votare. Non è detto però che in un’elezione politica non si possa, invece, consolidare questo elettorato e ottenere un punteggio più alto – e questo potrebbe complicare l’equazione politica a sinistra

Conservatorismo e post-populismo

FSFL: Durante il bell’evento del 18 settembre promosso dal Comitato Atlantico Italiano (presieduto da Fabrizio Luciolli) “Europa-USA 2024: Sfide Transatlantiche”, lei ha affermato: “Il post-populismo della Meloni è forse il miglior antidoto al populismo“. Cosa vuole dire con questa intuizione e come valuta l’evoluzione del presidente Meloni dal suo ingresso a palazzo Chigi al G7 degli ultimi giorni?

TM: In effetti, il post-populismo può essere considerato come un potente “antidoto” perché permette di integrare le politiche pubbliche finora considerate tabù e “populiste” e di farle entrare nel “mainstream” affinché le istituzioni stesse (che siano esse europee o nazionali) non siano più “contestate”.

I miei colleghi più a sinistra mi risponderanno che la riforma costituzionale dell’elezione diretta del premier, ad esempio, è una sfida alle istituzioni, ma in realtà tale obiezione è errata: il premierato è una proposta di riforma delle istituzioni, che possiamo sostenere o non sostenere, ma che fa parte del quadro istituzionale italiano. Siamo molto lontani dalla rivoluzione grillina degli anni 2010, in un momento in cui l’intera classe politica era delegittimata e contestata, o quando i partiti e il Parlamento venivano accusati di obsolescenza dai fautori della piattaforma Rousseau

Vediamo i risultati oggi: l’Italia è stata spesso considerata un Paese instabile, con governi che cambiano ogni anno… Questa volta, l’innovazione post-populista ha permesso al Paese di acquisire stabilità – e questo gli permette di avere più influenza sulla scena internazionale – oggi con Giorgia Meloni e un giorno con un primo ministro di sinistra, anche perché l’alternanza è altrettanto sicura in democrazia come lo sono la morte e le tasse…

Francia al bivio

FSFL: Alla vigilia della nascita del Nouveau Front Populaire e di un tentativo di coalizione tra i Les Republicaines e il RN, come valuta lo scenario francese? E cosa ci dobbiamo aspettare in vista delle legislative di giugno?

TM: La situazione in Francia è molto diversa da quella in Italia, dal momento che il duello tra populisti ed élite è ancora molto presente nel dibattito pubblico, ed è incarnato dal dominio delle personalità di Emmanuel Macron e Marine Le Pen.

Lo scioglimento dell’Assemblea nazionale consente alla Francia di seguire la strada post-populista tracciata dall’Italia, nella misura in cui, di fatto, si ricostituisce un grande blocco di sinistra (meno dominato dall’estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon), mentre un blocco di destra sta anche emergendo, certamente più timidamente ma in modo abbastanza chiaro, con Jordan Bardella che sembra posizionare la RN in questa direzione.

Tuttavia, non siamo ancora a questo scontro diretto: resta un blocco centrista attorno a Emmanuel Macron che impedisce al dibattito di concentrarsi essenzialmente sulla divisione destra-sinistra. Inoltre, Marine Le Pen (che si è sempre rifiutata di definirsi di destra) rimane ancora oggi uno dei principali contendenti per le elezioni presidenziali del 2027…

Oltre Macron e Le Pen verso un nuovo bipolarismo?

FSFL: Come evolverà, secondo lei, il ruolo della presidenza Macron e delle forze antagoniste di fronte ad una eventuale coabitazione con un governo di destra o di sinistra?

TM: Tutto dipenderà dall’esito delle elezioni: un Parlamento senza maggioranza sarà molto instabile, e questo potrebbe rafforzare la mano del presidente, in modo alquanto paradossale. Una coalizione con la sinistra sarebbe molto difficile per Macron, perché il suo “partito” sarebbe di fatto il “junior partner” di questa coalizione, e molti esponenti della gauche francese aspettano da tempo una resa dei conti con il presidente. 

FSFL: E se dovesse vincere RN?

TM: La situazione sarebbe forse più favorevole per Emmanuel Macron, che potrebbe assumere una posizione più istituzionale, un po’ come quella del presidente Mattarella in Italia, come custode delle istituzioni. È anche del tutto possibile che vada relativamente d’accordo con Jordan Bardella, e questo gli permetterebbe, in un certo senso, di indossare un nuovo obiettivo, quello di “romanizzare i barbari”, come dite in Italia.

La crisi dei Tories e il ritorno di Farage

FSFL: Di fronte alle turbolenze dello scenario politico britannico e alle metamorfosi del Labour e del SNP, in vista delle elezioni di luglio, come valuta la dialettica tra Reform Party e Tories?

TM: La dinamica della destra inglese è interessante, perché va controcorrente rispetto al resto d’Europa: laddove la destra europea si sta rifocalizzando o si sta alleando con la destra tradizionale e istituzionale per poter esercitare il potere (in Italia, ma anche in Francia, Belgio e in altri Paesi), in Gran Bretagna si sta verificando il fenomeno opposto, con i Tories che devono far fronte a pressioni molto forti sulla loro destra da parte del Reform Party.

I conservatori pagano così il logorio del potere in concomitanza con la Brexit, che non ha avuto gli effetti sperati, ma che alcuni elettori considerano come un vero e proprio tradimento. Resta da vedere se la sconfitta dei conservatori, che si preannuncia catastrofica, sia semplicemente il riflesso ciclico di queste due tendenze, o se il partito dovrà affrontare una ribellione a lungo termine sul suo fianco destro…