Come ormai è stato ricordato allo sfinimento, fino al primo dibattito tv con Trump del 27 giugno scorso, i media mainstream e di sinistra negavano rabbiosamente il declino cognitivo del presidente Joe Biden, pretendendo di assicurare che fosse “sharp as a tack”, perfettamente lucido e in grado di correre per un secondo mandato. E abbiamo tutti visto com’è cambiata la narrazione dopo il dibattito, quando Biden è crollato nei sondaggi e, ancora, dopo il ritiro dalla corsa e la sua sostituzione con Kamala Harris.
Un enorme gruppo Whatsapp
Specularmente al triplo salto carpiato di narrazione su Biden, c’è voluto ovviamente il cambio di narrazione su Harris. Una vicepresidente che fino alla sua candidatura, e rapidissima investitura, era considerata una totale delusione dagli stessi Democratici, nonché dai loro analisti e media amici. Non se la sono mai filata – e giustamente – ed era caduta nel dimenticatoio.
Solo ora sembrano essersi improvvisamente ricordati di avere una star della politica, una grande statista, chissà perché fino ad oggi rinchiusa nel basement. Come accusavano di disinformazione chiunque osasse mettere in dubbio le facoltà mentali di Biden, così ora bollano come propagandista di estrema destra chiunque ricordi i precedenti di Kamala Harris.
Stupefacente l’uniformità del nuovo spin al di là e al di qua dell’Atlantico, la rapidità con cui media, commentatori e politici di sinistra hanno adottato le nuove parole d’ordine ripetendole in coro. Sembra essersi messo in moto un enorme gruppo Whatsapp a cui sia arrivata una velina, davvero impressionante.
Ma siccome ad ogni giro di giostra i media alzano i loro livelli di mistificazione, ecco che non basta la precoce santificazione di Kamala. No, l’operazione in corso in queste ore è ancora più ardita e chirurgica. Quando sui social hanno iniziato a circolare video e articoli delle perle di Kamala, subito media e fact-checker sono passati alla rimozione sistematica di qualsiasi traccia potesse risultare imbarazzante, negando anche l’evidenza. Stanno letteralmente riscrivendo la storia.
La “zar dei confini”
Ecco un paio di esempi emblematici. Fino a ieri era indiscutibile che nel 2021 alla Harris fosse stata affidata da Biden la responsabilità della gestione della crisi migratoria ai confini con il Messico. Come riportava Stef W. Kight su Axios, la vicepresidente “si occuperà dell’ondata di migranti al confine tra Stati Uniti e Messico” e “guiderà gli sforzi con il Messico e il Triangolo settentrionale (Guatemala, Honduras ed El Salvador) per gestire il flusso di minori non accompagnati e famiglie migranti che arrivano alla frontiera in un numero che non si vedeva dall’impennata del 2019”.
A scanso di equivoci, la Casa Bianca ricordava ai giornalisti che “durante la transizione Biden aveva detto che qualunque fosse stata la necessità più urgente, si sarebbe rivolto alla vicepresidente. E oggi si rivolge alla vicepresidente“. Chiaro a tal punto che la stampa aveva cominciato a parlare di Harris “zar dei confini”.
Come sia andata è noto ed evidente a tutti: un totale fallimento. E quindi via allo sbianchettamento. Ora che l’immigrazione è uno dei temi su cui la sua candidatura, come quella di Biden, è più vulnerabile, stanno tutti all’unisono dicendo e scrivendo che Harris non è mai stata “zar dei confini” è una menzogna della Campagna Trump e dei Repubblicani.
Il via alla riscrittura della storia lo ha dato l’ex consigliere di Obama e ora commentatore della Cnn David Axelrod, che durante un dibattito ha così corretto un ex deputato repubblicano: “lei non era lo zar dei confini. Le è stato assegnato il compito di recarsi nei Paesi che erano la fonte di questi immigrati e cercare di lavorare con loro per rimuovere gli incentivi che spingevano le persone a venire qui (compito in cui comunque la vicepresidente ha fallito, ndr). Ma non è mai stata lo zar del confine. Non era responsabile del confine”.
L’errata corrige di Axios e degli altri
La nuova versione dello stesso giornalista di Axios è che “all’inizio del 2021, il presidente Biden ha arruolato la vicepresidente Harris per aiutarlo con una parte della questione migratoria”. Ci viene detto che c’è “confusione sull’esatto ruolo svolto dalla vicepresidente”.
Per essere ancora più chiaro, Axios ha aggiunto una nota in fondo al nuovo pezzo: “Questo articolo è stato aggiornato e chiarito per notare che Axios è stato tra gli organi di informazione che hanno erroneamente etichettato Harris come zar dei confini nel 2021″. “Harris, nominata da Biden zar dei confini, ha detto che avrebbe esaminato le cause profonde che alimentano la migrazione”, scriveva lo stesso Axios nel 2021.
Insomma, Axios preferisce ammettere un errore che non ha mai commesso pur di non rischiare di fornire argomenti ai Repubblicani contro la Harris, sacrificare un pezzo della sua credibilità per mettersi al servizio della candidata democratica.
Ma Axios, come ha ricordato Peter Savodnik su The New Press, è in buona compagnia: “Kamala Harris non è mai stata la ‘Border Czar’ di Biden”, titola ora Time, così come USA Today (“Il lavoro di frontiera di Harris riguardava le ‘cause profonde’ della migrazione; lei non era responsabile”), CBS (“I fatti sul ruolo di Kamala Harris sull’immigrazione nell’amministrazione Biden”) e New York Times (“Perché i Repubblicani continuano a chiamare Kamala Harris lo ‘zar dei confini'”).
Il soccorso dei fact-checker
In soccorso anche uno dei principali siti di fact-checking, PolitiFact, che ha emesso una bollinatura postuma dichiarando “mostly false”, per lo più falso, che la Harris sia stata nominata “zar dei confini”. “L’affermazione contiene un elemento di verità, ma ignora fatti critici che darebbero un’impressione diversa. La consideriamo per lo più falsa“.
Ovviamente, come osserva Savodnik, “nessuno nel governo degli Stati Uniti è tecnicamente zar di nulla”. Non è un titolo ufficiale, ma spesso un’espressione giornalistica per indicare una posizione di comando creata ad hoc e temporaneamente nell’esecutivo per la soluzione di un problema specifico. Dunque, i Repubblicani non hanno fatto altro che chiamare Harris allo stesso modo in cui l’avevano chiamata Axios e altri media: “zar dei confini”. Solo che oggi è scomodo ricordarlo, visto il fallimento dell’amministrazione sul tema.
Che Harris sia stata o meno la “zar dei confini”, ce lo avevano raccontato gli stessi media che oggi lo negano, ed è stato uno dei disastri della presidenza Biden. Ma una cosa è certa, conclude Savodnik, se non lo fosse stato oggi gli stessi media, preoccupati solo della vittoria della Harris contro Trump, starebbero celebrando “il più grande zar dei confini mai esistito”.
La senatrice più di sinistra
Secondo esempio: Govtrack, un sito che raccoglie i dati dei membri del Congresso e riporta i voti espressi e le loro presenze durante il mandato, ha cancellato la pagina in cui Kamala Harris veniva definita nel 2019 “la più liberal (di sinistra, ndr) tra tutti i senatori” sulla base appunto dei suoi voti su leggi e risoluzioni.
L’opera di bonifica è in corso e durerà. Quando leggete o ascoltate qualcosa da questi media che si presumono autorevoli e imparziali, sappiate che questo è il loro livello di asservimento ai Democratici.