Questa volta Joe Biden lo ha detto in modo esplicito. Se Pechino attaccherà Taiwan per annetterla, gli Stati Uniti interverranno militarmente a difesa dell’isola. Non solo fornendo armi a Taipei per difendersi, ma impegnando le proprie truppe per respingere (o, almeno, tentare di farlo) le forze cinesi.
Purtroppo, e per l’ennesima volta, alcuni settori dell’amministrazione Usa si sono subito affrettati a “correggere” e “chiosare” le parole del presidente, inducendo l’opinione pubblica a ritenere che si trattasse di una delle tante gaffe dell’anziano capo dell’esecutivo. Fatto davvero increscioso, che causa notevoli danni al già traballante prestigio degli Usa nel mondo.
Firmato l’“Indo-Pacific Economic Framework”
La domanda, in fondo, è sempre la stessa. Fino a che punto ci si può fidare di Biden dopo il disastroso ritiro dall’Afghanistan? Eppure il timore per l’espansionismo di Pechino è forte in molti Paesi del Pacifico, e Biden, durante il suo viaggio in Asia ha conseguito un successo firmando, assieme al premier nipponico Fumio Kishida, l’“Indo-Pacific Economic Framework” (IPEF), destinato a incrementare la presenza americana nell’area e a contrastare la “Via della Seta” voluta da Xi Jinping (e della quale, in effetti, si sente parlare molto poco).
Importante anche l’adesione al “Framework” di tante nazioni che si affacciano sull’Indo-Pacifico: Australia, Giappone, India, Corea del Sud, Nuova Zelanda, Vietnam, Singapore, Thailandia, Malesia, Filippine, Brunei. Segno questo che, nonostante i dubbi, la presenza Usa nell’area viene dai più percepita come necessaria, l’unica in grado di frenare l’espansionismo della Cina comunista.
La svolta giapponese
Ma il fatto davvero importante è un altro. Il Giappone, grande potenza regionale molto legata a Washington, negli anni di governo di Shinzo Abe ha modificato in modo significativo la Costituzione pacifista imposta dagli americani alla fine del secondo conflitto mondiale. È stata infatti adottata una “Legge sulla Sicurezza” che autorizza le sue forze armate ad intervenire all’estero se venisse attaccato un Paese che ha strette relazioni col Giappone.
Ebbene, Taiwan è un caso emblematico in questo senso. Colonia nipponica per decenni (anche se allora si chiamava Formosa), Taiwan ha relazioni molto forti con Tokyo, che comprende benissimo la sua importanza economica e strategica. Il premier Kishida ha lasciato intendere – e neppure troppo velatamente – che il Giappone è intenzionato ad affiancare l’America anche militarmente se Pechino invadesse l’isola. “Non permetteremo il cambiamento dello status quo con la forza. Un Indo-Pacifico libero e aperto è sempre più importante oggi”, ha sottolineato il premier giapponese Kishida.
Non è certo un fatto di poco conto, poiché significa che gli Stati Uniti non verrebbero lasciati soli a fronteggiare l’aggressività cinese. Novità importante, che potrebbe indurre Xi Jinping e il suo gruppo dirigente a riflettere prima di scatenare un attacco.
Si noti, tra l’altro, la somiglianza tra la situazione dell’Ucraina e quella di Taiwan. Putin ritiene che l’Ucraina come Stato autonomo non esista poiché, a suo avviso, fa parte della Russia. Analogamente Xi ritiene che di Taiwan come entità autonoma non si possa parlare giacché è parte integrante della Repubblica Popolare.
Dopo essere intervenuto con eccessivo ritardo in Ucraina, ora Biden cerca di anticipare le mosse dell’altra grande autocrazia odierna. Non è detto che ci riesca, anche perché governa un Paese molto diviso in cui stanno crescendo pulsioni isolazioniste. Tuttavia è importante che abbia pronunciato quelle frasi che, almeno, possono avere funzione di deterrenza.
La provocazione cinese proprio durante il vertice a Tokyo
A riprova della necessità dell’alleanza Usa-Giappone, la notizia che caccia bombardieri russi e cinesi hanno volato insieme rasentando lo spazio aereo nipponico, e costringendo l’aviazione di Tokyo a far decollare i propri aerei per monitorare la situazione, proprio mentre si teneva il vertice dell’alleanza Quad. Il ministro della difesa giapponese, Nobuo Kishi, ha protestato attraverso canali diplomatici per quella che ha definito come una evidente provocazione contro il suo Paese, che ha ospitato il meeting summenzionato. Ciò significa che Putin e Xi Jinping procedono di comune accordo, smentendo le divisioni tra loro che alcuni analisti ipotizzano.
Tutto questo conferma che, anche con un presidente debole come Biden, gli Stati Uniti sono indispensabili per la difesa dei valori occidentali nel mondo. Le nazioni europee che cercano strade autonome non capiscono che, senza la presenza e il contributo di Washington, sono destinate ad essere preda delle due autocrazie rampanti che vogliono cambiare a loro vantaggio gli equilibri globali.