Ecco le 9 bufale per giustificare l’invasione russa dell’Ucraina

Lacune ed errori nell’intervista a Marco Travaglio: dalla Crimea al Donbass, gli Accordi di Minsk e l’accusa di neonazismo

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zelensky guerra

Sin da quando, ormai quasi due anni fa, Vladimir Putin ha deciso di invadere l’Ucraina, sui media italiani non si sono contati i tentativi di giustificare l’operato del Cremlino in funzione antioccidentale. Come quando si accusavano gli Usa e la Nato di voler condurre l’Europa in una guerra contro la Russia, mentre era Mosca ad avere ambizioni imperialiste: a confermarlo fu proprio il pensatore russo Aleksandr Dugin, il quale diceva testualmente che il compito della Russia era “costruire l’impero mondiale”.

Più di recente, il direttore de Il Fatto Quotidiano Marco Travaglio si è espresso sulla guerra in Ucraina e la sua genesi dal 2014 ad oggi, in un’intervista del 13 gennaio al canale YouTube Breaking Italy. Le sue dichiarazioni sul conflitto, tuttavia, presentavano molte lacune ed errori, stando ad un’analisi pubblicata sul canale Instagram Orizzonte Occidente. Di seguito, ecco 9 errori fatti dal direttore del Fatto.

La guerra nel Donbass

Travaglio dice che “nel Donbass ci sono stati 8 anni di guerra civile in cui l’aggressore era il governo di Kyiv e gli aggrediti i russofoni”. In realtà, gli scontri militari sono iniziati ufficialmente con l’occupazione russa della Crimea, avvenuta nel febbraio 2014 con l’utilizzo delle unità di polizia Berkut e degli “omini verdi”, militari senza divisa inviati da Mosca. In un primo momento, l’Ucraina non rispose all’occupazione della penisola.

In Donbass il conflitto iniziò con l’occupazione di Slovianks ad opera degli omini verdi e dei separatisti locali, che occuparono questa ed altre città. È stato dopo questi fatti che è iniziata la risposta militare ucraina.

Le aree russofone

Poco dopo, Travaglio dice che “il governo ucraino ha bombardato le regioni russofone fino al febbraio del 2022”. Questo non è del tutto esatto: sebbene il conflitto in quelle zone si sia combattuto fino a pochi mesi prima dell’invasione russa, dal 2016 in poi la portata degli scontri era notevolmente diminuita: i morti civili sono stati 2.084 nel 2014, scesi a 954 nel 2015 e a 112 nel 2016. Nel 2021, l’anno prima dell’invasione, si contavano solo 25 morti civili nel conflitto.

Autonomia al Donbass

Travaglio si è chiesto perché non concedere l’autonomia al Donbass, come se non ne avesse prima. In realtà, nell’ottica dell’impegno sul “decentramento” scritto negli Accordi di Minsk, il governo ucraino guidato all’epoca da Poroshenko approvò un disegno di legge sulla riforma degli enti locali che concesse a città e consigli locali il diritto di controllare le spese e le entrate fiscali. Nel testo venne concesso anche un autogoverno di tre anni alle repubbliche separatiste del Donetsk e del Luhansk, le quali però rifiutarono.

Referendum

Il direttore del Fatto si è anche chiesto “perché hanno così paura di fare un referendum per far decidere alle popolazioni di Crimea e Donbass da chi farsi governare?”. In realtà, già il 1 dicembre 1991 si tenne un referendum sull’indipendenza dell’Ucraina, e in quell’occasione votarono in maggioranza a favore di Kyiv anche le regioni di Crimea (54 per cento), Donetsk (83 per cento) e Luhansk (83 per cento). Il risultato venne riconosciuto come legittimo dalla Comunità Internazionale.

Gli Accordi di Minsk

Un’accusa che viene spesso rivolta a Zelensky, è che “se rispettava gli Accordi di Minsk, che tra l’altro ha firmato, la guerra non ci sarebbe stata”. Prima di tutto, è falso che lui li abbia firmati: i primi furono firmati nel settembre 2014, e i secondi nel febbraio 2015, mentre Zelensky è entrato in carica nel maggio 2019. A firmarli fu l’ex presidente ucraino Leonid Kuchma, rappresentante di Kyiv durante la presidenza Poroshenko.

La democrazia in Ucraina

Travaglio si è lamentato che “siamo costretti a dire che l’Ucraina è democratica anche se ha messo fuorilegge tutti e 11 i partiti d’opposizione”. In realtà non è esattamente così: Zelensky ha messo fuori legge 11 partiti filorussi nel marzo 2022, all’inizio del conflitto.

Di questi, solo due erano rappresentati in Parlamento: l’OPZZ, dell’oligarca Medvechuk, e il Nashi di Yevhen Murayev. Il primo è considerato un amico personale di Putin, e attualmente vive in Russia, mentre il secondo è stato identificato già prima della guerra dai servizi segreti britannici come colui che avrebbe sostituito Zelensky, qualora il Cremlino fosse riuscito ad insediare un governo fantoccio filorusso. Tutti gli altri partiti messi al bando rientravano nell’estrema sinistra filorussa.

Neonazisti

Un punto su cui in molti hanno attaccato gli ucraini sin dal 2014, è di avere nei ranghi del loro esercito una milizia neonazista come il Battaglione Azov. Tanto che Travaglio ha chiesto all’intervistatore se “conosci un altro Paese che ha una milizia dichiaratamente neonazista che fa parte dell’esercito nazionale?”.

In questo, dimentica il ruolo che per molto tempo ha avuto per i russi il Gruppo Wagner, compagnia militare privata di cui però diversi membri sono entrati nell’esercito regolare russo dopo la morte di Prigozhin. Un altro fondatore del Wagner era Dmitrij Utkin, di simpatie neonaziste, così come hanno simpatie di estrema destra i membri dei battaglioni filorussi in Donbass “Somalia” e “Sparta”. Mentre Pavel Gubarev, primo capo di Stato della Repubblica Popolare di Donetsk, prima del 2014 ha fatto parte di Unità Nazionale Russa, partito neonazista e antisemita.

Elezione di Yanukovich

È stato rivendicato il fatto che Viktor Yanukovich, il presidente ucraino filorusso deposto nel 2014, sia stato eletto regolarmente nel 2010. Tuttavia, nel suo trascorso politico si riscontrano diverse frodi: nel 2012, durante le elezioni parlamentari, venne denunciato l’utilizzo delle forze speciali Berkut per intimorire elettori e oppositori.

Il 3 novembre 2012, in particolare, emerse che nella città di Mykolaiv un commando fece irruzione in un seggio per sequestrare il capo della commissione distrettuale, in modo da favorire il candidato locale del partito di Yanukovich.

Governo neonazista

Per finire, non è vero che nella Verchovna Rada, il Parlamento ucraino, “ci sono almeno tre partiti neonazisti che fiancheggiano il governo di Zelensky”. In realtà, nell’attuale legislatura, su 450 seggi ospita circa 10 partiti, oltre a 28 deputati indipendenti, e non vi è alcun partito neonazista. I principali partiti nazionalisti in Ucraina, Svoboda e Pravy Sektor, hanno preso rispettivamente il 2,15 per cento e lo 0,04 per cento alle elezioni del 2019. Il primo occupa un solo seggio, il secondo nemmeno uno.

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