Torniamo a parlare con Francesco Simoncelli, già intervistato da Atlantico Quotidiano nel giugno 2023, quando i media mainstream si dilettavano a magnificare l’Euro Digitale. Lo spunto questa volta è un suo x-thread riguardante l’inflazione in Italia (e in generale in Europa), ma in questa prima parte dell’intervista parleremo di dazi. In particolare dei dazi annunciati dal presidente Usa Donald Trump contro l’Ue, secondo lui “creata per fregare gli Stati Uniti”.
Premettiamo che Simoncelli è un divulgatore, ha iniziato la sua carriera nel 2010 aprendo il sito web francescosimoncelli.com. Si concentra principalmente su argomenti economici e geopolitici, da una prospettiva austriaca, utilizzando gli strumenti metodologici della Scuola austriaca. Il suo ultimo libro “Il grande Default”, sottotitolo la “logica conclusione di quando l’economia mista collassa nello spettro socialista” (versione eBook). Ma veniamo alla questione dazi.
I dazi di Trump
MARCO HUGO BARSOTTI: Prima di parlare del suo x-thread, doveroso commentare il discorso dazi, visto che Donald Trump ha appena annunciato un innalzamento al 25 per cento dei dazi sui prodotti dell’Unione europea.
FRANCESCO SIMONCELLI: Partiamo dal fatto che i dazi sono una tassa e, in quanto tale, distorcono le informazioni di mercato. Questo, però, a patto che stiamo parlando di un libero mercato e un’economia di pace. Ciò infatti è stato vero fino al 2017, picco della globalizzazione.
Ora è un mondo diverso, in guerra commerciale ed economica, in cui la contrazione degli intermediari finanziari, prima, e quelli commerciali, poi, sono strumenti per “far sanguinare” l’avversario. Nel capitolo 16 del mio ultimo libro, “Il Grande Default”, ho esposto i motivi per cui Europa e Usa sono ai ferri corti.
Gli Stati Uniti hanno la possibilità di sfruttare la loro indipendenza energetica e l’onshoring delle industrie americane precedentemente all’estero. Non sottovalutate nemmeno la retorica positiva alimentata da slogan come “andremo su Marte!”, utile a sostenere una percezione ottimista sul futuro e di conseguenza un abbassamento della preferenza temporale delle persone (con conseguente abbassamento dei tassi reali).
Ciò crea la forte possibilità di ridurre il deficit commerciale della nazione e di contromisure a nuove fiammate dell’inflazione dei prezzi (maggiore produzione e stipendi più alti). In questo contesto i dazi americani fanno più male all’Europa che agli Usa stessi. Immaginate se l’Ue rispondesse tassando le importazioni della Apple: dall’oggi al domani un Iphone costerebbe il triplo – se immaginiamo un’offerta in contrazione oltre ai dazi effettivi – e l’intero continente sprofonderebbe nell’obsolescenza tecnologica.
Tempo una manciata di mesi e la Commissione europea farebbe marcia indietro con la coda tra le gambe. Senza più accesso al mercato dell’eurodollaro, senza più carry trade sullo yen e con la prospettiva di perdere il proprio surplus commerciale, all’Europa non rimane altro che la preghiera.
È un lento strangolamento per condurre al tavolo delle trattative l’avversario, affinché il coltello dalla parte del manico ce l’abbiano gli Usa. Il dollaro, quindi, rimarrà ancora forte a fronte di un euro sempre più debole. Questo permetterà altresì agli Usa di guadagnare tempo sul fronte interno per ricostruire le proprie industrie manifatturiere.
A meno che… i singoli Paesi non stringano accordi bilaterali nazionali con gli Usa staccandosi ufficiosamente, e poi anche ufficialmente, dal cancro europeo.
Come l’Ue ha “fregato” gli Usa
MHB: Allora ha ragione Trump quando dice che l’Unione europea è stata “creata per fregare gli Stati Uniti”?
FS: Quando Trump ha pronunciato quelle parole non sono rimasto affatto sorpreso. Chi come me ha studiato e studia il mercato dell’eurodollaro e il sistema bancario ombra sa qual era nel 2017, e poi nel 2022, lo scopo del governatore della Fed Jerome Powell quando ha iniziato il ciclo di rialzo dei tassi: prosciugare il mercato dei dollari “ombra”, i quali circolano al di fuori delle metriche ufficiali M statunitensi.
Quei player che più hanno sfruttato e sottoposto a leva questo sistema sono la City di Londra e Bruxelles, il tutto a scapito del bacino della ricchezza reale degli Usa. Il raccordo degli eurodollari era il LIBOR, impostato da banche inglesi ed europee. Questo significa che quando emergevano segnali di stress finanziario e crisi nelle giurisdizioni inglesi ed europee, queste costringevano all’azione anche la giurisdizione americana nonostante non ne avesse bisogno e la popolazione americana poteva sopportare un livello di stress finanziario superiore rispetto alle controparti oltreoceano.
Gli Usa venivano scaraventati giocoforza in crisi e la Fed si ritrovava costretta a salvare il resto del mondo da problemi di cui essa stessa non era responsabile. Una gigantesca socializzazione delle perdite a scapito degli americani e del suo bacino della ricchezza reale, che ha avuto fine nel gennaio 2022, quando è entrato in vigore il SOFR e il LIBOR, lo scorso settembre, è stato pensionato.
CONTINUA