Ecco perché il Patriarca Kirill sostiene la guerra di Putin

Il prof. Stefano Caprio ad Atlantico Quotidiano: Papa Francesco condanna la guerra, ma non vuole rovinare il rapporto ritrovato con il Patriarcato di Mosca

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I veri rapporti politici tra il Patriarcato di Mosca e il Cremlino, le radici storiche ed attuali della spaccatura tra chiesa ortodossa ucraina e russa, il martirio dei cristiani nel mondo. Questi i temi di cui abbiamo parlato con Stefano Caprio, docente di storia e cultura russa al Pontificio istituto orientale di Roma, profondo conoscitore del mondo ortodosso e delle sue dinamiche interne.

I contrasti religiosi tra Kiev e Mosca

TOMMASO ALESSANDRO DE FILIPPO: Innanzitutto, può esprimerci una sua considerazione in merito alla frattura interna al mondo ortodosso?

STEFANO CAPRIO: La frattura nel mondo ortodosso ha profonde ragioni storiche: già dal 1500 la chiesa presente nella zona dell’Ucraina era legata al regno di Polonia e non allo Zar russo. Pertanto, c’era già la possibilità di istituire una chiesa indipendente o addirittura un Patriarcato di Kiev, in contrapposizione a quello di Mosca.

Tuttavia, il re polacco con l’aiuto dei gesuiti spinse per attuare l’unione con Roma, divenuta effettiva nel 1596. Da quel momento in poi sono sopravvenute numerose divisioni, fino alla riunificazione sotto al Patriarcato di Mosca, avutasi durante l’epoca di Stalin nel 1946, con uno pseudo sinodo, organizzato dal segretario comunista dell’Ucraina Nikita Seergevic Chruščëv.

Anche in ragione di ciò, Mosca ritiene di dover avere il pieno controllo sulla chiesa d’Ucraina. Tuttavia, finito il comunismo, nel 1992, il metropolita di Kiev decise di staccarsi, autoproclamandosi patriarca, creando di fatto una sostanziale autonomia.

I rapporti tra Vaticano e Patriarcato di Mosca

TADF: Come mai il Vaticano accolse con freddezza l’autocefalia della chiesa ucraina, divenuta effettiva negli anni scorsi?

SC: Il Vaticano cerca di mantenere buoni rapporti con il Patriarcato di Mosca. Pertanto, appoggiare ortodossie non in linea con esso provocherebbe un inasprimento dei rapporti tra le due parti. Non a caso, perfino verso gli stessi cattolici di rito bizantino ucraino non sono molto sostenuti dalla chiesa di Roma. D’altra parte, hanno una propria autonomia rispetto ad essa.

TADF: Quali sono i rapporti attuali tra i vertici del Vaticano ed i vertici della chiesa ortodossa di Mosca?

SC: Nel corso del pontificato di Francesco i rapporti con il Patriarcato di Mosca sono ripresi in modo molto forte, dopo la significativa pausa avvenuta durante i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

Pertanto, attualmente osserviamo l’interesse del Papa di non sprecare il lavoro fatto durante il decennio. Ad ogni modo, è anche vero che Francesco prosegue nella condanna della guerra, aspetto che sicuramente non soddisfa Kirill ed il suo Patriarcato.

TADF: Come valuta il sostegno del patriarca Kirill all’aggressione russa dell’Ucraina? Oltre alla retorica incentrata sulla lotta alla decadenza occidentale, cosa c’è dietro?

SC: C’è sicuramente la retorica religiosa ortodossa da lei citata, la volontà di combattere l’immoralità dell’Occidente e la sua perdita di valori.

Tuttavia, la scelta di cominciare la guerra non è stata incentivata da Kirill e dalla chiesa di Mosca, che però si trova costretta ad appoggiarla fino in fondo e a sostenere le scelte di Vladimir Putin.

Inoltre, anche l’imam Muftì, capo dei musulmani russi, ha sostenuto apertamente la guerra in maniera ancor più netta rispetto a Kirill. È evidente che si assista ad una escalation ideologica del conflitto che coinvolge pienamente le religioni.

Spiragli di pace

TADF: Ritiene che l’eventuale mediazione di Papa Francesco potrebbe effettivamente condurre ad una tregua o contribuire alla risoluzione del conflitto? Se sì, come?

SC: Ad oggi, vedo ben pochi spiragli che possano condurre alla fine del conflitto. C’è una forte escalation militare che non cesserà fino a che non avrà comportato una ridefinizione dei confini territoriali ucraini o il mancato successo dell’offensiva russa.

Ad esempio, se entro settembre dovesse cadere il Donbass si potrebbe immaginare un’azione umanitaria congiunta da parte delle chiese, volta a sostenere la popolazione ed i soldati di entrambe le fazioni. Si tratta però di iniziative improponibili senza dei risultati militari effettivi conseguiti sul campo da una delle due parti.

Cristiani perseguitati

TADF: In che modo è possibile agire per tutelare le migliaia di cristiani che ancora sono vittime di odio ed attentati religiosi in numerose aree del mondo?

SC: Bisognerebbe dare una definizione soddisfacente che attesti l’effettivo coinvolgimento delle chiese nella tutela di fede e libertà di culto. Inoltre, è chiaro che tali problemi vadano risolti sul piano politico mondiale, ritrovando una unione globale pacifica, che non cancelli però l’identità dei popoli.

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