Erdogan bussa ai Brics, il blocco si espande e Mosca gongola ma…

Ankara cerca di giocare su due tavoli, Est-Ovest, e diversificare le alleanze pur essendo membro Nato. L’economia turca frena e i negoziati con l’Ue sono bloccati

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Oramai la notizia è stata confermata: la Turchia ha presentato la domanda per aderire al blocco BRICS. Ankara vorrebbe far parte del gruppo delle economie in via di sviluppo, anche se il Paese è membro della Nato. Interrogato su questo passo, Omer Celik, portavoce del partito al potere del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ha spiegato che lo stesso Erdogan ha affermato “più volte” che la Turchia aspira a diventarne membro. “La nostra richiesta su questo tema è chiara. Questo processo è in corso. Ma non c’è alcuno sviluppo concreto al riguardo”, ha detto Celik ai giornalisti. “Il nostro presidente ha affermato chiaramente che la Turchia vuole prendere parte a tutte le piattaforme importanti, compresi i BRICS”.

L’espansione dei BRICS

L’alleanza BRICS, che è stata fondata nel 2006 da Brasile, Russia, India e Cina Popolare, cui si è unito il Sud Africa nel 2010, ha recentemente subito una forte espansione e ora comprende Iran, Egitto, Etiopia ed Emirati Arabi Uniti. L’Arabia Saudita ha fatto sapere che sta valutando l’adesione e l’Azerbaigian ha presentato formalmente domanda. Da rilevare, che l’Azerbaigian da anni agisce in simbiosi con il suo alleato strategico turco soprattutto dopo l’aiuto militare e diplomatico ricevuto per la riconquista del Nagorno Karabakh, esattamente un anno fa ai danni dell’Armenia e degli armeni.

I BRICS hanno l’obiettivo dichiarato di amplificare la voce del Sud del mondo. I suoi membri fondatori hanno chiesto un ordine mondiale, a loro parere, più giusto e la riforma delle istituzioni internazionali come le Nazioni Unite, il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale.

La strategia di Erdogan

Le prime informazioni sull’ingresso turco nei BRICS arrivano negli stessi giorni in cui l’istituto di statistica nazionale turco (il Tuik) ha segnalato una frenata dell’economia del Paese. Nel secondo trimestre del 2024, l’economia turca sarebbe cresciuta del 2,5 per cento su base annua, in calo rispetto alla crescita registrata nel primo trimestre (5,7 per cento) e deludendo le aspettative degli esperti che avevano previsto un aumento del 3,2 per cento.

Erdogan (che ricordiamo che fu definito un dittatore dall’ex presidente del Consiglio italiano Mario Draghi), al potere da più di due decenni, ha cercato di delineare una politica estera più indipendente per la Turchia e di rafforzare la sua influenza globale. Il Paese è frustrato anche dalla mancanza di progressi nei negoziati per l’adesione all’Unione europea dovuta alla precaria forma di democrazia con cui è amministrato il Paese dallo stesso Erdogan e dal suo partito.

La settimana scorsa Erdogan ha affermato che la Turchia dovrebbe “simultaneamente” sviluppare relazioni sia con l’Est che con l’Ovest. “Non dobbiamo scegliere tra l’Unione europea e l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai”, riferendosi all’organizzazione di cooperazione regionale composta anche da Cina Popolare, Iran e Russia. “Al contrario, dobbiamo sviluppare le nostre relazioni con queste e altre organizzazioni su una base vantaggiosa per tutti”.

Si prevede che i BRICS discuteranno dell’ammissione di nuovi membri nell’incontro in Russia il mese prossimo. La Turchia, che occupa geograficamente la regione cavallo di Europa e Asia, ha aderito all’alleanza militare Nato nel 1952 (nello stesso giorno della Grecia). Ankara ha iniziato i colloqui per aderire all’Unione europea nel 2005, ma i negoziati si sono arenati a causa delle preoccupazioni sulla citata regressione democratica sotto l’amministrazione Erdogan e delle controversie con Cipro (membro dell’Ue) dopo l’occupazione turca, con la forza, di parte del territorio dell’isola.

All’inizio di quest’anno, il ministro degli esteri turco Hakan Fidan ha affermato che la Turchia “sta esplorando nuove opportunità di cooperazione con diversi partner in diverse piattaforme, come i BRICS” e anche Dmitry Peskov, portavoce del presidente russo Vladimir Putin, ha confermato che la Turchia ha espresso il proprio interesse ad aderire ai BRICS.

La decisione del governo turco ha poi, come se ce ne fosse ancora bisogno, rinvigorito l’attività russa tesa a creare una contrapposizione con l’Occidente democratico, l’Ue e la Nato (di cui, ricordiamo, la Turchia è membro e dispone numericamente del secondo esercito dell’Alleanza stessa).

L’Unione europea, d’altro canto, oggi appare comunque ed evidentemente più interessata a importare ulteriore gas azero (attraverso il gasdotto TAP-Trans Adriatic Pipeline che dall’Azerbaijan raggiunge la Puglia via Turchia), per compensare la diminuzione di quello russo dopo l’aggressione di Mosca a Kiev, piuttosto che creare rischi di contrasto con Ankara che potrebbe bloccare il flusso del gas così prezioso per la sua economia.

Putin in Mongolia

In aggiunta, con il suo arrivo in Mongolia di lunedì scorso il presidente russo Vladimir Putin ha visitato per la prima volta uno Stato membro della Corte Penale Internazionale (CPI) da quando, nel marzo 2023, l’organismo ha emesso nei suoi confronti un mandato di arresto per la presunta deportazione di bambini ucraini in Russia.

Nel corso della visita, il presidente Putin (accolto con il massimo egli onori) ha invitato il suo omologo mongolo a partecipare al vertice BRICS in Russia il mese prossimo: “Vorrei concludere le mie osservazioni di apertura invitandovi in ​​Russia, a Kazan, dove quest’anno ospiteremo il vertice dei BRICS”, ha detto Putin al presidente mongolo Ukhnaagiin Khurelsukh durante la sua visita nella capitale della Mongolia.

Questa è la logica conseguenza della riluttanza (non è stata neppure presa in considerazione) della Mongolia ad arrestare Putin e una “grave battuta d’arresto” per il diritto internazionale. Certo che la decisione turca fortifica chi deve schierarsi da parte russa, dopo che il gruppo di Paesi BRICS si è ampliato all’inizio di quest’anno per accogliere i già citati cinque nuovi membri. Putin ha confermato, in Mongolia, che la Russia ospiterà un vertice dopo l’allargamento del gruppo, che avrà luogo dal 22 al 24 ottobre nel formato “BRICS Plus”.

Le relazioni tra Iran e Turchia

Infine, sarà interessante vedere come si comporteranno i turchi una volta seduti intorno allo stesso tavolo con gli iraniani, dato che il segretario generale uscente della Nato Jens Stoltenberg in conferenza stampa al termine del 75esimo anniversario dell’Alleanza a Washington, lo scorso luglio, ha dichiarato: “Non dimentichiamo che l’Iran, la Corea del Nord e la Russia sono i maggiori fautori della guerra in Ucraina”. Consapevoli di non condividere un’armonia sia Teheran sia Ankara sono state in grado di legarsi periodicamente in base alle necessità contingenti dell’ultimo decennio.  

Per gli esperti dell’area le relazioni tra Ankara e Teheran sono frutto di un equilibrio basato su cooperazione, amichevoli contrasti e fiera rivalità, dipendente sia da fattori esterni, sia dalle realtà politiche dei due Paesi e dalla situazione geopolitica del momento. Giacché potenze regionali, i punti di maggior frizione si riconoscono nel sovrapporsi delle reciproche sfere d’influenza. BRICS-plus le farà avvicinare? Hanno un nemico comune a differente livello d’intensità: Israele.

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