Esteri

Esplosioni mirate in Libano? Non solo legittime, è ciò che chiedevano i pacifisti

Il terrorismo si combatte con l’Intelligence, non con le bombe? Eccovi serviti. Non ci sono attacchi più precisi, esplosi solo i dispositivi posseduti dai terroristi di Hezbollah

Cercapersone esplosi Beirut

Mentre queste righe vengono scritte, dispositivi elettronici in Libano e in Siria continuano ad esplodere. Dopo la strage provocata dalla detonazione simultanea di migliaia di cercapersone in Libano e nella vicina Siria, tutti di proprietà di membri di Hezbollah, il giorno successivo sono esplose anche radio ricetrasmittenti, sempre possedute dai terroristi sciiti. Il bilancio è ancora lungo, ma include morti nell’ordine delle decine e feriti nell’ordine delle migliaia. L’attacco non è stato finora rivendicato da alcuno, anche se, a causa della sua natura e dell’obiettivo colpito (Hezbollah), sembra proprio che ci sia la firma dei servizi segreti israeliani.

Se così fosse, Israele non finirebbe più di sorprenderci e dimostrerebbe ancora una volta la capacità di colpire i suoi nemici dove e quando meno se l’aspettano. Come la settimana scorsa, quando un team di forze speciali israeliano è sbarcato da elicotteri in pieno territorio siriano, per colpire un centro di ricerca dell’esercito siriano a prova di bomba atomica, uccidendo militari e scienziati e catturando prove dei prossimi programmi militari di Iran e Siria. O come quando, in piena Teheran, è esploso (non si sa ancora come) Ismail Haniyeh, storico leader politico di Hamas. E anni fa, quando lo scienziato nucleare iraniano Mohsen Fakrizadeh è stato crivellato di colpi da una mitragliatrice azionata da remoto.

I precedenti

L’attacco condotto con oggetti di uso comune per la comunicazione non è una novità per i servizi segreti israeliani. Anche Mahmoud Hamshari, dirigente dell’Olp a Parigi, uno degli artefici della strage degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972 era stato ucciso piazzando dell’esplosivo nel suo telefono (allora un apparecchio fisso). Un ventennio dopo, nel 1996, un terrorista di Hamas, Yahya Ayyash, venne ucciso piazzando un’altra carica di esplosivo nel suo telefono, stavolta un cellulare: altra tecnologia, ma stessa tecnica. Per ironia della sorte, i cercapersone erano stati adottati, mesi fa, da Hezbollah, proprio perché ritenuti più sicuri ai cellulari, visto che questi ultimi sono geolocalizzabili. E invece…

Il mistero dell’arma

La firma di Israele non è mai stata scritta, su nessuno di questi attacchi. In questo ultimo caso, l’unico elemento che si conosce dell’arma del delitto è il suo produttore, che si trova a Taiwan, la ditta Gold Apollo. Ma, interpellata dai giornalisti, nega ogni responsabilità e invita a rivolgersi per maggiori informazioni a un’altra ditta, intermediaria, con sede a Budapest, la Bac.

La Bac, secondo la ricostruzione di Guido Olimpio sul Corriere della Sera, “ha sede in una anonima palazzina a due piani nel quartiere di Ujpest della capitale ungherese; dal registro delle imprese risulta fondata nel maggio del 2022 con un capitale sociale di appena 7.800 euro. Unica proprietaria risulta essere una donna di 49 anni, Cristiana Arcidiacono-Barsony”. Intervistata dalla tv americana Nbc, riguardo alla questione dei cercapersone, la Arcidiacono-Barsony ha risposto: “Non sono io a realizzarli. Sono solo l’intermediaria”.

Le reazioni

Nonostante il tutto sia avvenuto nel buio informativo più totale, in una nota le Nazioni Unite definiscono quanto avvenuto negli ultimi due giorni una “escalation estremamente preoccupante”. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani Volker Türk ha assicurato che i responsabili dell’attacco con cercapersone “dovranno risponderne”. Le vittime “siano esse civili o membri di gruppi armati senza sapere chi fosse in possesso dei dispositivi mirati, dove si trovassero e in quale ambiente si trovassero al momento dell’attacco, costituisce una violazione del diritto internazionale dei diritti umani e, nella misura in cui è applicabile, del diritto internazionale umanitario”.

Josep Borrell, alto rappresentante dell’Ue: “Anche se gli attacchi sembrano essere stati mirati, hanno avuto pesanti e indiscriminati danni collaterali tra i civili, compresi i bambini tra le vittime. Non posso che condannare questi attacchi che mettono in pericolo la sicurezza e la stabilità del Libano e aumentano il rischio di escalation”. Se si scrive di escalation, si legge: Israele. E con chi, infatti, ci sarebbe il rischio di guerra?

È ancor più netta la condanna da parte della Russia, che molti opinionisti nostrani considerano ancora amica di Netanyahu. Così la portavoce Maria Zakharova: “Condanniamo fermamente l’attacco senza precedenti al Libano amico e ai suoi cittadini, che costituisce una grave violazione della sua sovranità e una seria sfida al diritto internazionale con l’uso di armi non convenzionali. Offriamo le nostre sincere condoglianze alle famiglie delle vittime e auguriamo una pronta guarigione ai feriti”.

Nel suo piccolissimo, anche Michele Boldrin, fondatore del nuovo movimento Drin Drin (che mira ad attrarre un pubblico “liberale”), ha fatto già in tempo a commentare, su X, che “… il terrorismo occidentale fomenta e legittima quello altrui”. E attendiamo nuovi strepitosi commenti di politici italiani ancor meno liberali. Nel mondo delle ong, la HALO Trust, specializzata nella lotta alle mine anti-uomo, per bocca del suo ceo James Cowan, ha messo sullo stesso piano l’attacco al Libano all’uso indiscriminato di mine: “è urgente adottare una legislazione simile a quella che ha vietato le mine terrestri, per mettersi al passo con questa tecnologia”, quindi “la campagna per eliminare la minaccia delle mine terrestri dal mondo è stata e rimane un esempio unico di cooperazione internazionale per il controllo di una classe di armi. Ora il mondo ha urgentemente bisogno di replicare questo esempio con un nuovo trattato per il controllo dei dispositivi esplosivi autonomi”.

Operazioni mirate

Tutti molto buoni e rispettosi dei diritti umani, pronti a condannare un attacco che ha ucciso o avrebbe potuto uccidere anche civili innocenti. Ma altrettanti pronti a dimenticare un “dettaglio”: chiunque sia stato a far esplodere cercapersone e walkie talkie, ha ucciso terroristi. Perché questi sono gli Hezbollah. E se è tragico che nelle esplosioni siano rimasti coinvolti anche innocenti, anche due bambini, è invece quantomeno imbarazzante che sia stato ferito anche l’ambasciatore iraniano a Beirut, Mojtaba Amani: la prova provata che, anche il rappresentante ufficiale della Repubblica Islamica, è inserito nello stesso network dei terroristi di Hezbollah.

Non si è trattato di un attacco condotto a freddo, ma di una risposta a ben 11 mesi di continui bombardamenti contro il nord di Israele, fra cui anche il razzo che ha stroncato la vita a 12 bambini drusi israeliani (e 42 feriti) a Majdal Shams, lo scorso 27 luglio. Già dimenticato? Contrariamente alle operazioni mirate dei suoi nemici, il movimento terrorista Hezbollah ha condotto attacchi indiscriminati, tutti i giorni, tutti i mesi dell’ultimo anno, provocando anche un danno ecologico notevole: riserve naturali, boschi e campi nel Nord di Israele sono andati in cenere. Le cittadine e i kibbutz nella fascia confinaria con il Libano sono tutti evacuati, ben 60mila israeliani vivono ancora come sfollati interni.

Hezbollah ha distrutto l’economia della Galilea e del Golan. Sta continuando a dotarsi di missili sempre più sofisticati, sotto lo sguardo dell’impotente missione Onu Unifil 2 (voluta da D’Alema nel 2006, dopo la Seconda Guerra Libanese) e minaccia la distruzione delle città israeliane tutti i giorni. Agisce in stretto coordinamento con l’Iran e con Hamas: gli attacchi dal Nord sono iniziati immediatamente dopo il pogrom del 7 ottobre, quando 1.200 israeliani vennero indiscriminatamente assassinati dai terroristi di Gaza. Già dimenticato?

Chi uccide un terrorista, nel corso di un prolungato attacco terroristico, è dunque da considerarsi a sua volta un terrorista? A giudicare dai commenti, parrebbe di sì. Ma solo chi non sa distinguere fra aggressore e aggredito può affermarlo.

Allora si ricorre sempre all’argomento di riserva, se quello dell’equivalenza morale non regge: quello della proporzionalità della risposta. Chiunque abbia usato questo secondo argomento, contro l’intervento in Iraq, così come in tutte le guerre recenti di Israele, afferma che i terroristi non si combattono con la guerra, che uccide anche tanti innocenti. Lo si combatte solo con l’Intelligence. Ebbene, chiunque abbia fatto esplodere i cercapersone (probabilmente Israele), ha dimostrato come si combattono i terroristi con l’Intelligence.

E lo ha fatto in modo estremamente accurato, nonostante le inevitabili vittime collaterali (bambini inclusi). Perché non sono esplosi cercapersone ai quattro angoli della terra, ammazzando a destra e a manca tutti i loro proprietari, ma solo quelli posseduti dai terroristi di Hezbollah e da chi, per scelta o per caso, era loro vicino. Più preciso di così c’è solo la distruzione di Sodoma, dove Dio fece evacuare gli innocenti prima di incenerire i colpevoli assieme alla loro città.