Dice la punditry euroentusiasta e progressista che l’Ue dovrebbe avere una politica estera e di sicurezza comune, per non parlare di una difesa comune. In questi giorni vediamo quanto ciò non sia affatto né alla portata né un esito desiderabile nella contrapposizione tra i due Paesi leader – Francia e Germania – sulla natura del conflitto in Medio Oriente e sulla fornitura di armi a Israele.
La fornitura di armi
Mentre il presidente francese Emmanuel Macron, rivendicando la politica già adottata di non fornire armi allo Stato ebraico, ha emesso qualche giorno fa una vera e propria fatwa, nella forma di un appello per un embargo anche da parte di altri Paesi sulle armi a Israele, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha ribadito ieri, intervenendo al Bundestag, che la politica di Berlino è opposta: “Ci sono consegue di armi a Israele e ce ne saranno in futuro. Su questo Israele può fare affidamento”.
Non poteva motivare più efficacemente la politica del suo governo il ministro degli esteri Annalena Baerbock, anche lei parlando al Bundestag: “L’autodifesa non significa solo attaccare i terroristi, ma distruggerli… Questa è la posizione della Germania e questo è ciò che significa per noi la sicurezza di Israele”.
Non contento, Macron ne ha sparata un’altra delle sue, quando presiedendo il Consiglio dei ministri pare abbia osservato che il premier israeliano Netanyahu “non deve dimenticare che il suo Paese è stato creato da una decisione dell’Onu, e che quindi non è il momento di sottrarsi alle decisioni dell’Onu”. Se non altro, il presidente francese dovrebbe ricordare che la risoluzione del 1947 a cui si riferisce Israele l’ha rispettata, mentre arabi e palestinesi l’hanno rigettata ed è da quel rigetto che è scaturita l’interminabile serie di conflitti arrivata fino ai giorni nostri.
L’esclusione da Euronaval
L’ultimo motivo di frizione tra Parigi e Gerusalemme è la decisione del governo francese di escludere le aziende di armamenti israeliane dal Salone Euronaval, che si apre il 4 novembre nel più importante spazio fieristico parigino. Dal punto di vista formale non proprio un’esclusione. Sì alla “partecipazione delle delegazioni israeliane”, si legge in un comunicato del governo, ma “senza stand né esposizione di materiali”. Pura ipocrisia, dato che partecipare ad una fiera senza uno spazio espositivo risulta alquanto complicato. Dura e meritata la reazione del ministro della difesa israeliano Yoav Gallant:
Le azioni del presidente francese Macron sono una vergogna per la nazione francese e per i valori del mondo libero, che lui stesso afferma di sostenere. La decisione di discriminare per la seconda volta le industrie di difesa israeliane in Francia aiuta i nemici di Israele durante la guerra. Questa si basa sulla decisione di imporre un embargo sulle armi allo Stato ebraico. La Francia ha adottato e sta costantemente implementando una politica ostile nei confronti del popolo ebraico. Continueremo a difendere la nostra nazione dai nemici su 7 fronti diversi e a combattere per il nostro futuro, con o senza la Francia.
Repubblica islamica di Francia
È ben noto lo storico antisemitismo d’Oltralpe, ma certo non può sfuggire che questo rigurgito ai vertici dello Stato francese avvenga in un’epoca in cui la popolazione musulmana è in crescita costante e dopo mesi e settimane di imponenti manifestazioni pro-Hamas nelle strade di Parigi. Evidentemente all’Eliseo c’è chi è preoccupato di compiacere quelle piazze. Il paradosso è che la retorica del presidente Macron nei confronti di Israele somiglia sempre più a quella dell’odiato presidente turco Erdogan.
Desta infine qualche perplessità – e francamente sorpresa – un viaggio della premier Giorgia Meloni in Medio Oriente per incontrare il re di Giordania e il primo ministro libanese ma senza, già che c’è, passare anche da Gerusalemme per sentire le ragioni di Netanyahu. Rischia di essere una passerella con l’unico esito di alimentare sentimenti anti-israeliani… Un vero peccato.