Giorno d’infamia all’Onu. La legge Usa che impone a Biden di tagliarle i fondi

Approvata una risoluzione che garantisce alla “Palestina” status e diritti di uno Stato membro, anche senza riconoscimento. Premio per Hamas

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Finisce così un’altra giornata nera al Palazzo di vetro dell’Onu, con l’Assemblea Generale che approva una risoluzione che garantisce alla “Palestina” quasi tutti i diritti e i privilegi di uno Stato membro, anche senza riconoscimento ufficiale da parte del Consiglio di Sicurezza, al quale si raccomanda di “riconsiderare favorevolmente la questione”; e con l’ambasciatore israeliano Gilad Erdan che dal podio inserisce la Carta delle Nazioni Unite in un mini distruggi-documenti: “State facendo a pezzi la Carta con le vostre mani. Avete aperto le Nazioni Unite ai nazisti moderni”. “Questo giorno rimarrà ricordato nell’infamia”, ha aggiunto, parlando di uno “Stato terrorista palestinese che sarebbe guidato dall’Hitler dei nostri tempi”.

Premiato il terrorismo

In effetti, Hamas è ancora ufficialmente al governo nella Striscia di Gaza, il che significherebbe ammettere un’organizzazione terroristica alle Nazioni Unite con il potere e i benefici di uno Stato membro.

La risoluzione riconosce ad Hamas un premio politico per il pogrom del 7 Ottobre, una vittoria che la leadership del movimento potrà sbandierare e rivendicare di fronte al popolo palestinese e alle piazze islamiche, dimostrando quanto la violenza più brutale paghi.

Il testo ha ottenuto 143 voti a favore, 9 contrari e 25 astensioni. Tra i no, oltre a Stati Uniti e Israele, solo Repubblica Ceca, l’Ungheria di Orban e l’Argentina di Milei, autentici fari di civiltà. Astenuta l’Italia, nel girone degli ignavi insieme a Germania, Regno Unito e alla maggior parte dei Paesi europei. Non tutti, purtroppo. Alcuni, tra cui Francia e Belgio – non a caso, forse, quelli con le più numerose comunità musulmane – hanno voluto premiare Hamas.

Defund UN

Ma la risoluzione che riconosce al cosiddetto Stato palestinese lo status de facto e i diritti di uno Stato membro, concepita evidentemente per aggirare il veto Usa in Consiglio di Sicurezza, non solo è contraria allo spirito e agli intenti della Carta delle Nazioni Unite, ma anche alla legge americana.

Secondo alcuni esperti, infatti, una legge approvata dal Congresso nel 1990 imporrebbe ora alla Casa Bianca di de-finanziare le Nazioni Unite. “Se il progetto di risoluzione così com’è viene adottato, la legge statunitense richiede che gli Stati Uniti trattengano tutti i fondi dalle Nazioni Unite”, ha spiegato a Fox News Anne Bayefsky, direttrice del Touro University Institute on Human Rights and the Holocaust e presidente di Human Rights Voices. “La domanda è: dov’è il Congresso? Deve rendere molto chiaro, pubblicamente, che la legge americana sarà rispettata e adottare misure immediate per farlo”.

Si tratta della legge 101-246 sull’autorizzazione dei fondi al Dipartimento di Stato per gli anni fiscali 1990 e 1991. La sezione 414 stabilisce che “nessun fondo autorizzato ad essere stanziato da questo atto o da qualsiasi altro atto sarà disponibile per le Nazioni Unite o per qualsiasi agenzia specializzata delle stesse che conceda all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina lo stesso status degli Stati membri”.

I passaggi “qualsiasi altra legge” e “per qualsiasi agenzia” sembrano inequivocabili. Nel 2011, ad esempio, l’allora presidente Barack Obama tagliò i fondi all’Unesco dopo che l’organizzazione concesse all’Autorità palestinese la piena adesione. Nel 2017, sotto la presidenza Trump, gli Stati Uniti hanno abbandonato l’Unesco, per rientrarvi con Biden nel luglio 2023. Ma quella uscita ha dato un’idea dell’impatto paralizzante che avrebbe sulle Nazioni Unite uno stop dei fondi Usa, che rappresentano circa il 25 per cento del bilancio.

Biden non lo farà mai, ma se rieletto Donald Trump potrebbe farlo e ciò segnerebbe la fine dell’Onu, cosa auspicabile perché è ormai da decenni il paravento della propaganda delle peggiori dittature del pianeta.

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