Esteri

Gli studenti pro-Hamas che imbarazzano Harvard e altre università Usa

Una lettera di 34 associazioni nella culla delle élites Usa e occidentali incolpano Israele del massacro. Dicono di battersi per i diritti e poi spalleggiano i tagliagole

Harvard Hamas Palestina Manifestazione per la Palestina ad Harvard

Ancora una volta, pure di fronte all’orrendo attacco sferrato da Hamas, il mondo occidentale non è riuscito a tenere una posizione aderente ai valori su cui si fonda. Troppe le titubanze, le incertezze, gli imbarazzi, le reticenze, gli ammiccamenti verso l’organizzazione terroristica che ha incendiato il Medio Oriente con le sue barbare imprese.

Studenti pro-Hamas

Non fa eccezione neppure il mondo accademico che dovrebbe essere saldo baluardo dei principi di libertà e democrazia e che certamente è la culla delle leadership di domani. Infatti, alcuni studenti della prestigiosa università di Harvard hanno accusato Israele di essere “un regime interamente responsabile di tutte le violenze in corso”, di “aver costretto negli ultimi vent’anni i palestinesi a vivere in una prigione a cielo aperto” parlando esplicitamente di “apartheid” imposta dallo Stato ebraico.

Per carità, chi crede fermamente nel libero pensiero, non immagina certo di censurare la lettera scritta dall’organizzazione studentesca Harvard Palestine Solidarity Committee e condivisa da altri 33 gruppi universitari. Ma Bill Ackman, ceo di Pershing Square, ha riferito su X che alcuni amministratori delegati vorrebbero che fossero pubblicati i nomi dei membri di quelle associazioni per non rischiare di assumerli in futuro.

Il problema serio è che, in questo declino inarrestabile, l’Occidente ha perso il vigore per contrastare con la forza degli argomenti e il coraggio delle idee queste prese di posizione inaccettabili. Non una parola è stata spesa dagli studenti del Massachussetts per condannare l’inaudita violenza delle terribili azioni terroristiche che hanno provocato la strage di civili israeliani. Così come è pure accaduto in altre università degli States dove non si coltiva neppure il dubbio ma si distribuiscono con disinvoltura torti e ragioni.

Basti menzionare il documento di “sostegno incondizionato” ad Hamas firmato da alcuni studenti californiani della Berkeley University o “la storica controffensiva” celebrata dalle matricole della Columbia University. O, con un maggior tasso di provincialismo, la stessa impostazione è stata seguita anche alle nostre latitudini con cortei di universitari e con l’esposizione di vessilli palestinesi in alcune importanti università italiane.

I vertici accademici

Tuttavia, ancor più preoccupante delle strampalate esternazioni studentesche, è la debole reazione dei vertici accademici. Per esempio, le dichiarazioni di Claudine Gay, presidente di Harvard, con le quali ha condannato “le atrocità di Hamas” e preso le distanze dalle posizioni degli studenti “che non rispecchiano quelle dell’ateneo” non sono sembrate né tempestive né efficaci. In generale, le voci contrarie all’incredibile approccio filo Hamas appaiono flebili e timorose.

Sconcertati dalla tardiva e tiepida risposta della presidente, il miliardario israeliano Idan Ofer e sua moglie si sono dimessi dal board della Kennedy School di Harvard.

Come se questo non bastasse, anche l’organizzazione Black Lives Matters si è schierata dalla parte palestinese assimilando il crudele massacro di Hamas a un atto di resistenza. Insomma, siamo in un pieno cortocircuito nel quale il politicamente corretto che si vuol imporre alla libera circolazione del pensiero mostra tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni. Ora, abbiamo associazioni che si battono per i diritti ma poi non disdegnano di spalleggiare dei tagliagole.

Universo capovolto

È difficile individuare il momento preciso in cui l’Occidente abbia iniziato questa sua involuzione, probabilmente già prima dell’emergenza sanitaria che ha sovvertito i nostri sistemi politici infliggendo alle popolazioni norme contrarie alla tradizione democratica e liberale. Da anni sta dilagando un’ideologia falsamente progressista che pretende di piegare tutti al credo politicamente corretto e che si alimenta di fondamentalismo ambientalista, di cancel culture o di disturbi lessicali con l’uso di asterischi o dello schwa.

Tutta questa ostinazione ha avuto come conseguenza l’omologazione culturale che non ammette l’uscita dal perimetro delle regole dettate dai benpensanti. Ecco il motivo per cui non vi era stata analoga risposta indignata dei movimenti studenteschi alle assurde norme sanitarie. Il Covid e la sua gestione dogmatica si è inserita alla perfezione nell’universo politically correct mostrando quanto il malessere delle società occidentali (rappresentato plasticamente nel nostro caso dalle fasce più giovani della popolazione e – in teoria – più istruite) sia profondo.

Per cui, alla fine tutte queste oscillazioni provocano smottamenti nella tenuta democratica e pure nella qualità del dibattito pubblico. Allora, nel dominante schema manicheo, si ribaltano i ruoli e ogni cosa può essere messa in discussione arrivando perfino a solidarizzare con i nemici dell’Occidente. E paradossalmente, in quest’universo capovolto, si possono confondere per paladini delle libertà degli spregevoli torturatori di civili inermi.

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