Gli Usa sanzionano Hannoun: esposta l’inaffidabilità dell’Italia

Da tempo noto per la sua rete di finanziamento di Hamas, ha potuto agire indisturbato nel nostro Paese. L’eredità del Lodo Moro con i terroristi è insostenibile

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Le recenti sanzioni imposte dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti contro Mohammed Hannoun, un noto militante del gruppo terroristico Hamas, hanno messo in luce non solo la progressiva estensione del vettore ibrido del conflitto israelo-palestinese, ma anche le fragilità della politica estera italiana. Le sanzioni Usa, che mirano a colpire coloro che sostengono attività terroristiche, pongono interrogativi sulla posizione dell’Italia in un contesto internazionale sempre più teso.

Hannoun indisturbato

Hannoun opera da anni in Italia attraverso l’Associazione di solidarietà con il popolo palestinese, che in realtà maschera una rete di finanziamento delle attività terroristiche di Hamas. Nonostante sia da tempo conosciuto dalle autorità italiane, Hannoun ha continuato ad agire indisturbato, sfruttando le ambiguità del sistema legale e la debolezza del controllo governativo. Le sue operazioni, ufficialmente presentate come umanitarie, hanno facilitato il trasferimento di fondi destinati alle fazioni più radicali del jihadismo. Questa mancata azione delle autorità italiane solleva interrogativi sulla trasparenza e l’efficacia del loro contrasto al terrorismo.

Hannoun rappresenta un simbolo dell’inaffidabilità dell’Italia. La dottrina del doppiopesismo diplomatico italiano prevede che Roma debba cimentarsi nel tentativo di allinearsi con le alleanze occidentali e, allo stesso tempo, mantenere relazioni diplomatiche con il mondo arabo. In un momento in cui le sanzioni Usa cercano di isolare i gruppi terroristici, l’Italia si trova in una posizione scomoda, oscillando tra la necessità di cooperare con le alleanze strategiche e la tradizionale ambivalenza nei confronti delle questioni mediorientali.

Il Lodo Moro

Questa ambivalenza trova radici nel Lodo Moro, un accordo del 1974 che cercava di gestire le complesse dinamiche tra l’Italia e i gruppi politici islamici radicali, oscillando tra un pragmatismo opaco e un’inclinazione verso il dialogo conciliante. Tale approccio ha lasciato un’eredità di incertezza e ambiguità, influenzando le politiche italiane fino ai giorni nostri. Oggi, di fronte alle sanzioni contro Hannoun, l’Italia sembra ripetere gli errori del passato, incapace di adottare una posizione ferma e chiara.

Credibilità a rischio

Roma, non avendo agito in modo preventivo, ora si trova ad affrontare l’imbarazzo di vedere l’alleato americano intervenire per risolvere un problema che fermentava sul proprio territorio. Le sanzioni potrebbero innescare una più ampia rivalutazione dell’impegno italiano nella lotta al terrorismo, con potenziali ripercussioni diplomatiche se il Paese sarà percepito come non pienamente collaborativo negli sforzi internazionali di contrasto al terrorismo.

La riluttanza ad agire non solo mina la credibilità dell’Italia sulla scena internazionale, ma alimenta anche la percezione che non sia pronta ad affrontare le sfide globali con la determinazione necessaria. In un contesto in cui la comunità internazionale richiede coerenza e fermezza nella lotta contro il terrorismo, l’Italia deve riconsiderare il proprio approccio. La tradizionale ambivalenza, alimentata dal Lodo Moro, non può più giustificare una politica estera che vacilla tra l’azione e l’inazione.

Le sanzioni Usa contro Hannoun rappresentano un colpo significativo per Hamas, ma sono anche una chiara accusa all’insufficienza della risposta italiana di fronte a un problema in crescita sul suolo europeo. L’Italia, ancora una volta recitando ogni parte in commedia, ha consolidato la sua reputazione di anello debole in qualsiasi alleanza internazionale – apre la bocca, ma chiude un occhio su quel che passa sotto il suo naso.

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