HTS, il gruppo jihadista che sfida Assad una minaccia anche per l’Europa

Chi sono i “ribelli siriani” che stanno mettendo in difficoltà siriani e russi. Il ruolo di Ankara e ramificazioni consolidate anche in Europa, in Paesi come Belgio, Olanda, Francia e Kosovo

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In questi giorni sentiamo di nuovo parlare della Siria e dei “ribelli siriani”, ma dietro questo termine generico c’è un nome che torna a emergere: Hayat Tahrir al-Sham (HTS). Un gruppo jihadista che potrebbe sembrare un altro attore in una guerra senza fine, ma che in realtà è molto di più. È un’organizzazione capace di destabilizzare non solo il Medio Oriente, ma anche l’Europa, e che ha legami diretti in Italia.

Nuova offensiva

HTS è oggi il gruppo jihadista più potente e organizzato in Siria. Hanno preso il controllo della provincia di Idlib, trasformandola in una loro roccaforte, e di recente hanno lanciato una grande offensiva contro il regime di Assad, avanzando su Aleppo e altri territori strategici. Approfittando dell’indebolimento di Hezbollah. Stanno mettendo in difficoltà un regime che, non dimentichiamolo, è sostenuto da Iran e Russia.

Il ruolo di Ankara

Poi c’è la Turchia, un attore cruciale in questa storia. Con il secondo esercito più grande della Nato, Ankara ha mantenuto per anni una presenza militare nella Siria settentrionale, ufficialmente per contrastare i curdi, ma anche per proteggere i suoi interessi strategici. La provincia di Idlib, dove HTS è radicato, è sotto l’influenza turca, e questo rende la situazione ancora più delicata.

Rischi per l’Europa

Perché la Siria, e in particolare HTS, non è mai stata un problema confinato al Medio Oriente. Ogni crisi lì si traduce in conseguenze che arrivano fino a noi: flussi di rifugiati, traffici illeciti, radicalizzazione. HTS non è solo un problema per Assad o per la Turchia. È una minaccia che può infiltrarsi nelle reti jihadiste europee e diventare un rischio per la sicurezza interna dell’Europa.

La foreign fighter italiana

E poi c’è il nostro legame diretto: il caso Bombonati. Nel 2017, Lara Bombonati, l’unica foreign fighter italiana mai tornata viva dalla Siria, è stata arrestata dalle autorità turche mentre cercava di attraversare la frontiera siriana. Era in possesso di un passaporto falso e trasportava documenti che testimoniavano la nascita di Hay’at Tahrir al-Sham. Era quello il suo compito.

Quei documenti, che all’epoca sembravano soltanto la prova della formazione di un nuovo gruppo jihadista, oggi appaiono sotto una luce diversa. HTS non solo è cresciuto, ma è diventato uno dei principali attori del conflitto siriano, con un impatto che va oltre Aleppo o Idlib.

Il fatto che l’unica foreign fighter italiana tornata viva fosse coinvolta proprio con HTS ci mostra quanto queste reti siano interconnesse. Non si tratta di un problema astratto o lontano: è una minaccia che può manifestarsi nei modi più inaspettati, persino nel cuore dell’Europa.

Il problema non è solo la loro avanzata militare, ma ciò che rappresentano. HTS è il segnale che lo jihadismo non è affatto in declino, ma si è trasformato. Non sono più un’appendice di al-Qaeda: sono un’organizzazione autonoma, con una strategia che sta mescolando tattiche locali e ambizioni globali.

Grazie al prezioso archivio di Marcello Barbieri, esperto di intelligence, Contractor Support to Operation (CSO), abbiamo avuto accesso alle copie di due atti processuali olografi recuperati dalla polizia turca addosso a Lara Bombonati. Questi documenti sono fondamentali perché mostrano i primi giuramenti di fedeltà dei gruppi jihadisti a HTS.

Barbieri, che è stato consulente nel processo Bombonati, conosce molto bene questa vicenda. Per darvi un’idea della sua esperienza, vi racconto un aneddoto: quando ho incontrato Barbieri per la prima volta, mi ha mostrato la differenza tra una ferita da kalashnikov e una da pistola. Mi è bastato guardare il segno sul suo polpaccio, un ricordo indelebile della Bosnia negli anni Novanta, uno dei tanti teatri di guerra in cui ha operato.

Ben addestrati e organizzati

COSTANTINO PISTILLI: Insieme a Marcello Barbieri abbiamo visto alcune immagini dei miliziani di HTS. Marcello, che tipo di equipaggiamento hanno in dotazione?

MARCELLO BARBIERI: Ampio uso di droni-kamikaze. Poi, vedendo qualche immagine noto che hanno mimetiche tipiche del Medio Oriente, chiaramente ispirate ai Navy Seal americani, ma realizzate in modo approssimativo. Le loro uniformi sono un miscuglio: sono cloni di scarsa qualità reperiti in Paesi come Tunisia ed Egitto.

Anche le armi. Tutti Ak47, ma non sono russi, sono cloni anche questi. Spesso indossano equipaggiamento recuperato sul campo di battaglia. In pratica, utilizzano prede belliche: mimetiche americane e altri capi presi da vari contesti.

CP: Eppure sono riusciti a mettere in difficoltà l’esercito siriano e persino un avamposto iraniano. Come ci sono riusciti?

MB: Sono molto ben addestrati. Negli anni, HTS si è organizzato molto bene. Hanno avuto tempo e risorse economiche per addestrare nuove reclute, spesso attraverso la coercizione. Questo ha permesso loro di ingrossare le fila e migliorare la loro struttura operativa.

Il loro leader attuale, Abu Jaber Hashim al-Shaykh [ucciso domenica da un raid russo, ndr], insieme al suo vice, Abu Muhammad al-Julani, è riuscito a unificare diversi sottogruppi ribelli siriani come Ahrar al-Sham, Liwa Ashidaa e Ghuraba di Liwa al-Tawid, tra gli altri. Questi gruppi, uniti da una causa comune ma spesso divisi sulla leadership, hanno portato esperienza e combattenti veterani sotto il comando di HTS.

Ramificazioni in Europa

Inoltre, l’organizzazione ha ramificazioni consolidate in Europa, specialmente in Paesi come Belgio, Olanda, Francia e Kosovo, che fungono da bacini per il reclutamento e il supporto logistico. La loro flessibilità strategica e la capacità di adattarsi a diversi contesti li rende una minaccia persistente, non solo sul campo di battaglia ma anche in termini di intelligence e sicurezza globale.

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