I rischi di un attacco israeliano al petrolio iraniano

Secondo gli analisti ridurrebbe quasi del 5% la disponibilità di greggio sul mercato e farebbe schizzare il prezzo del barile a 100 dollari

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L’attacco a Israele da parte dell’Iran ha messo a rischio il settore del petrolio e del gas. La risposta di Tel Aviv all’atto di guerra dell’Iran potrebbe causare la distruzione delle infrastrutture petrolifere iraniane e creare problemi al regime dei mullah ma anche ai mercati, che temono una vera crisi senza ritorno.

Gli analisti sono certi di una risposta israeliana, ma non s’ipotizza con certezza cosa sarà distrutto in Iran e, precisamente, se saranno colpiti obiettivi militari, civili o petroliferi. Certamente, se si tratterà delle zone di estrazione iraniane il costo del petrolio avrà un’immediata impennata e metterà tutti i Paesi produttori davanti ad una decisione difficile da prendere.

La risposta israeliana

Poi c’è chi ipotizza sia un attacco alle infrastrutture di sviluppo del nucleare iraniano sia, in alternativa, il tentativo di eliminare i vertici del regime che stanno supportando i gruppi di terroristi in Libano, Gaza e Yemen. In sintesi: non ci sono certezze e i meeting per decidere cosa fare si moltiplicano così come gli appelli internazionali a una riflessione in direzione di una de-escalation.

Certamente il sostegno ai gruppi terroristici e la stabilità interna dell’Iran dipendono dagli introiti petroliferi e anche se i 181 missili iraniani hanno avuto un effetto irrisorio in Israele, la risposta di Tel Aviv potrebbe essere imminente.

Da rilevare che la combinazione delle difese Iron Dome israeliane e il supporto americano ha neutralizzato i moltissimi e decantatati missili iraniani, ma la citata risposta non dovrebbe farsi attendere, perché sia i siti petroliferi sia le infrastrutture militari iraniane sono nel raggio di azione delle forze aeree e missilistiche israeliane, come già dimostrato dalla risposta israeliana all’attacco iraniano dello scorso aprile (distruzione di una batteria antiaerea nei pressi di un sito nucleare).

In questi giorni ci sarebbero fitti contatti/prese di posizione tra Tel Aviv e Washington, ma appare chiaro che, anche se si dichiara di cercare la via di una tregua, il presidente Joe Biden sosterrà qualsiasi azione di ritorsione israeliana su larga scala.

L’attacco alle strutture petrolifere

Come indicato, tra gli esperti, ci si aspetta con maggiore probabilità un attacco alle aree petrolifere che, s’ipotizza, metterebbe nel breve tempo, se non subito, in seria difficoltà il regime di Teheran. Quest’attacco farebbe sparire dal mercato petrolifero una grossa quantità di prodotto e spingerebbe i prezzi verso l’alto, cosa che non è successa per tutto l’anno che ha seguito l’attacco terroristico di Hamas in Israele. Basterebbe distruggere i terminali iraniani dell’isola dove insiste l’area Kharg Oil per ridurre del 90 per cento le potenzialità di esportazione di Teheran.

Quanto precede, va messo in relazione con l’evidenza che le forze armate israeliane sono in grado di distruggere non soltanto le capacità di esportazione ma anche le raffinerie e siti di produzione, i siti protetti (vedasi i bunker dei capi terroristi a Beirut) e tutto questo con tempi di ricostruzione e messa nuovamente in uso lunghissimi.

S’ipotizza che l’attacco al petrolio iraniano ridurrebbe quasi del 5 per cento la disponibilità di greggio sul mercato e farebbe schizzare il prezzo del barile a 100 dollari. C’è la possibilità che l’Arabia Saudita aumenti la produzione, ma si tratta di un’ipotesi. Certe le perdite dell’Iran, che lo scorso anno aveva introitato circa 35 miliardi di dollari dalle esportazioni petrolifere.

A questo punto, forse l’Iran tenterà di coinvolgere anche gli altri Paesi arabi confinanti nel conflitto oppure colpire lui stesso, per non far sostituire la sua mancata produzione, con i suoi missili le installazioni petrolifere in Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Siamo sul piano delle ipotesi… ma dai mullah sciiti ci si può aspettare di tutto soprattutto contro gli storici avversari dell’area sunnita.

In conclusione, va evidenziato che un attacco alle potenzialità iraniane vedrebbe coinvolti sia la Russia che riceve supporto al suo strumento bellico (principalmente droni) da Teheran sia la Cina Popolare che del petrolio iraniano ha vitale bisogno per la propria industria.

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