Il bipolarismo impotente di Putin: minacce alla Nato non credibili (per ora)

Prima l’avvertimento sugli F-16, poi la marcia indietro: Mosca non è pronta a sfidare la Nato ora, ma se vince in Ucraina può diventarlo rapidamente

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putin guerra

C’è del bipolarismo nelle ultime dichiarazioni minacciose di Vladimir Putin rivolte all’Europa. Rispondendo all’arrivo nel prossimo futuro dei vecchi F-16 nei cieli dell’Ucraina, prima ha dichiarato: “Se gli F-16 verranno usati contro di noi da basi di Paesi terzi, diverranno nostro obiettivo legittimo, non importa dove essi possano essere”. Questo vuol dire, implicitamente: colpire i Paesi Nato, violando lo spazio aereo dei suoi Paesi membri.

La minaccia convenzionale

Escludendo che gli F-16 possano entrare in azione in Ucraina decollando dalla Corea del Sud o da Israele, non poteva che riferirsi, infatti, a Paesi europei membri della Nato. Però questa minaccia (neanche troppo) velata è stata seguita dal più classico dei “contrordine compagni”: “Nel 2022, gli Stati Uniti hanno investito in spese militari 811 miliardi di dollari, e la Russia 72 miliardi. Combatteremo con la Nato a fronte di questo rapporto? Sciocchezze”.

Questa minaccia/smentita è difficile da interpretare. Se noi ci lamentiamo di Macron, che ventila l’invio di truppe in Ucraina e si fa smentire da tutti gli alleati, cosa dovrebbe dire un russo di un presidente che prima minaccia e poi rassicura? Un russo, ovviamente, non può dir nulla, altrimenti potrebbe fare una brutta fine. E un putiniano, anche non russo, è abituato ormai a giustificare ogni tipo di contraddizione arrivi dalla bocca di Putin.

Resta a noi il compito di interpretarlo. E l’unica possibile spiegazione è un “vorrei ma non posso”. Certamente Putin vorrebbe minacciare concretamente la Nato, ma non ha alcuna possibilità di mettere in pratica le sue minacce, almeno per ora.

La Russia non può permettersi di sfidare apertamente la Nato, almeno finché gran parte delle sue forze è schierata in Ucraina, impegnata in una guerra ad alta intensità. Considerando che i russi stanno impiegando mezzi vecchi, persino T-34 rispolverati dalla Seconda Guerra Mondiale, vuol dire che ormai ha consumato gran parte degli armamenti di prima schiera. La sua aviazione non è ancora in grado di conquistare il controllo dell’aria e i suoi aerei continuano ad essere abbattuti, come è capitato giovedì a un Su-27 che sorvolava Sebastopoli (dunque in un territorio controllato dai russi). Altro che minacciare di dare la caccia agli F-16 anche nei cieli europei!

La minaccia nucleare

Se non è credibile il deterrente convenzionale russo, non dobbiamo dimenticare che la Russia è la prima potenza nucleare del mondo, con 1.500 testate nucleari strategiche e da 2.000 a 5.000 tattiche (a seconda delle stime). Ma la minaccia nucleare è credibile? No, a giudicare dalle circostanze. Persino la dottrina russa recentemente trapelata sul Financial Times, benché aggiornata al 2014, rivela ben altre condizioni per l’impiego dell’atomica: un’invasione della Russia, uno strike contro le forze nucleari strategiche russe di terra o in mare, l’uso da parte del nemico di armi di distruzione di massa, o altre minacce ritenute esistenziali da Mosca.

Finché la Russia sarà impegnata, fiaccata, logorata dalla resistenza ucraina, nessuna minaccia di Putin alla Nato sarà credibile. D’altra parte, in due anni e un mese di guerra, abbiamo sentito tante ammonizioni dal Cremlino. Nessuna era credibile e nessuna è stata messa in pratica.

Vorrei ma non posso

Non bisogna però mai dimenticare la seconda parte del discorso: Putin vorrebbe poter minacciare la Nato. E lo farà, non appena sarà nelle condizioni giuste. La prima di queste condizioni è che concluda la guerra in Ucraina in una posizione da vincitore, sufficiente a soddisfare gli appetiti russi.

Se dovesse chiudere il conflitto con l’annessione delle quattro regioni che ritiene già “russe” o costringendo l’Ucraina a promettere la sua neutralità, un parziale disarmo e la rinuncia definitiva a rivendicare i territori perduti, allora Putin potrebbe passare agli obiettivi successivi. Non importa che voglia o possa attaccare direttamente la Nato, o si limiti, dopo una guerra vittoriosa, ad attaccare nazioni ex sovietiche fuori dall’Alleanza (come la Moldavia). Tornerebbe comunque a minacciarci.

E in quel caso, la sua minaccia diventerebbe credibile. Perché l’industria russa è stata convertita a scopi bellici, Mosca sta continuando a mobilitare uomini (300 mila solo questo mese) e a creare unità nuove, per combattere un conflitto su larga scala. Dopo la conclusione della guerra in Ucraina, ai russi occorrono dai quattro ai cinque anni (un ciclo produttivo) per ricostruire i mezzi e il materiale perduto, probabilmente anche meno considerando che tutta l’industria è ormai parte del complesso militar-industriale.

E occorre ancora meno per formare nuovo personale: la Russia, con l’Ucraina, sarebbe l’unica ad avere ufficiali e soldati con esperienza di una guerra moderna ad alta intensità, oltre ad aver dimostrato di non farsi scrupoli a sacrificare decine, centinaia di migliaia di uomini (e senza subire contraccolpi nell’opinione pubblica).

La Nato, dunque, non può permettersi che l’Ucraina perda la guerra. E sarebbe per noi un suicidio non prepararci a un confronto militare, anche nel lungo periodo, con la Russia di Putin. D’altra parte è stata proprio la nostra debolezza, percepita da Mosca, ad aver incoraggiato, due anni fa, l’invasione dell’Ucraina.

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