Esteri

Il caso contro Trump in Georgia perde pezzi: archiviate sei accuse

Secondo il giudice “non sufficientemente dettagliate”. In settimana attesa la decisione sulla procuratrice Willis che avrebbe assunto il suo amante per il caso su Trump

Trump Iowa (Fox News)

Ricordate l’accusa di uno dei tanti processi mossi nell’ultimo anno contro Donald Trump, quella di aver tentato di ribaltare l’esito delle elezioni presidenziali del 2020 in Georgia, che come ricorderete fu contestatissimo, in particolare intimando al segretario di Stato di “trovargli i voti mancanti”?

Ebbene, il caso di interferenza elettorale montato dalla procuratrice della Contea di Fulton, la militante democratica Fani Willis, che poco prima dell’incriminazione incontrava la vicepresidente Kamala Harris alla Casa Bianca, si sta sfaldando. Il giudice Scott McAfee ha infatti deciso di archiviare ben sei dei 41 capi d’imputazione contro l’ex presidente Trump e 18 suoi collaboratori, accusati addirittura di organizzazione criminale – un’accusa assurda, sulla base della versione georgiana del RICO (Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act), di cui ci siamo già occupati su Atlantico Quotidiano.

Accuse troppo vaghe

Le sei accuse archiviate riguardavano presunti tentativi di Trump e di alcuni dei coimputati, tra cui l’ex sindaco di New York Rudy Giuliani e il capo dello staff della Casa Bianca Mark Meadows, di indurre i funzionari della Georgia a violare il loro giuramento. In concreto, li avrebbero spinti a nominare illegalmente grandi elettori (accuse 2, 5, 6 e 23); a influenzare illegalmente i risultati elettorali certificati (accusa 28); e a decertificare illegalmente l’elezione (accusa 38).

Il giudice ha spiegato però che queste accuse erano formulate in modo non sufficientemente dettagliato affinché gli imputati potessero organizzare le loro difese. Non venivano specificati quali termini del giuramento i funzionari statali in questione avrebbero dovuto violare, a quali responsabilità avrebbero dovuto venir meno. Per cui, gli imputati avrebbero potuto violare la legge in “dozzine, se non centinaia, di modi distinti”.

Insomma, accuse troppo vaghe. “La mancanza di dettagli su un elemento giuridico essenziale è, a parere del sottoscritto, fatale”, scrive il giudice. Che tuttavia ha concesso una proroga di sei mesi per ripresentare le accuse al Gran Giurì, anche se il termine di prescrizione scade.

La telefonata

Accuse peraltro traballanti, dal momento che ai cittadini è riconosciuto il diritto costituzionale di presentare richieste al governo, a patto che non lo facciano attraverso la corruzione, l’estorsione o la minaccia. Andrew McCarthy cita un esempio: molti hanno chiesto al presidente Biden di cancellare i prestiti studenteschi, ma lo scorso giugno la Corte Suprema ha stabilito che il presidente non avesse il potere per farlo. La legge non prevede che le persone che incoraggiano un pubblico ufficiale a intraprendere azioni controverse o addirittura illegali siano sottoposte a procedimento penale, a meno che non lo facciano illegalmente, commettendo un reato.

La prova regina delle accuse archiviate, e su cui si regge tutto il caso, è la ampiamente citata telefonata, che emerse già nei primi giorni di gennaio 2021, in cui Trump chiedeva al segretario di Stato, Brad Raffensperger, di “trovare” i voti che gli mancavano per assicurarsi la vittoria in Georgia (“I just want to find 11,780 votes, which is one more than we have because we won the state”).

Come noto, l’ex presidente era convinto di aver vinto e che l’elezione gli fosse stata rubata. Sostanzialmente, durante la telefonata si svolge una discussione tra il team Trump e i funzionari statali: la richiesta del presidente Trump è un riconteggio in tutto lo stato, essendo il margine di differenza tra lui e Biden di nemmeno 12 mila voti.

Quindi tutto dipende da come si interpreta la sua richiesta: trovare voti esistenti ma, a suo avviso, fatti sparire o spariti per errore, o fabbricarne di inesistenti per assicurarsi la vittoria sfuggita? La lettura a nostro avviso più obiettiva è che Trump stesse contestando le affermazioni dei funzionari statali, secondo i quali un riconteggio sarebbe stato inutile, sottolineando che non ci voleva un numero statisticamente così elevato di voti per modificare l’esito in Georgia. E come spiegato da McCarthy, non è un crimine chiedere ai funzionari statali di mettere in discussione i risultati elettorali. Lo è farlo in modo illegale.

In questo come in altri stati chiave, l’ex presidente aveva un cospicuo vantaggio di voti durante la notte elettorale, poi l’interruzione per qualche ora dei conteggi, e alla ripresa la rimonta e il sorpasso di Biden. Voti postali, che continuarono ad arrivare ed essere conteggiati per diversi giorni oltre la chiusura delle urne. In particolare, nella Contea di Fulton, la presunta rottura di una tubatura dell’acqua costrinse a sospendere le operazioni, ma pare non per tutti…

La relazione Willis-Wade

L’archiviazione delle sei accuse non affonda il processo di Atlanta contro Trump e i suoi collaboratori, ma c’è un’altra decisione che incombe sul caso e che potrebbe arrivare entro questa settimana.

Lo stesso giudice McAfee sta valutando se accogliere la richiesta della difesa di rimuovere la procuratrice distrettuale Willis e il procuratore speciale Nathan Wade dal caso, visto che hanno ammesso di avere una relazione sentimentale. La questione riguarda il momento in cui è iniziata la relazione, ovvero se Willis era già impegnata con Wade quando lo ha assunto per indagare su Trump, gli ha pagato uno stipendio straordinariamente alto per gli standard della Contea di Fulton, e poi condiviso i benefici di quello stipendio facendo vacanze di lusso con lui, e se in seguito mentì al riguardo in un procedimento giudiziario.

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