L’Africa sta diventando sempre più anti-occidentale, il che significa anti-europea e anti-americana. Si tratta di un vero e proprio disastro diplomatico, addirittura con l’espulsione di numerosi ambasciatori di area Ue.
La cacciata degli ambasciatori
Il Ciad, per esempio, alcuni giorni orsono ha ordinato all’ambasciatore tedesco di lasciare il Paese entro 48 ore. Colpa del rappresentante di Berlino è aver criticato il governo di N’Djamena per i ritardi nell’indizione delle elezioni dopo l’ennesimo colpo di Stato.
Ma ad essere colpita è in primo luogo la Francia, dopo il sostanziale fallimento della sua spedizione militare nel Sahel (in funzione anti-jihadista). All’ambasciatore di Parigi nel Mali sono state concesse 72 ore di tempo per lasciare il Paese. Anche in questo caso sono state alcune frasi del governo transalpino a scatenare la crisi. Aveva infatti definito “fuori controllo” i militari che attualmente governano il Mali.
Identica situazione nel Burkina Faso. Anche qui il governo militare golpista ha intimato all’ambasciatore francese di andarsene perché non è più considerato un interlocutore affidabile. Il diplomatico aveva infatti scritto che nel Paese è in atto una guerra civile.
Inutile rammentare che la Francia era la potenza coloniale in loco, mantenendo una forte influenza anche dopo che varie nazioni avevano raggiunto l’indipendenza. I governi locali, tuttavia, non accettano più lezioni di democrazia da parte degli ex colonizzatori.
E non è finita qui. Sempre nel Burkina Faso la diplomatica italiana Barbara Manzi, rappresentante dell’Onu nella capitale Ouagadougou, ha dovuta andarsene perché dichiarata “persona non gradita” dal governo locale.
Nel Niger, dove i francesi stanno tentando di mantenere una presenza militare, si susseguono violente manifestazioni contro tale presenza. Un discorso a parte merita poi il Sudan. A Khartoum un convoglio diplomatico ha subito un attacco, mentre l’ambasciatore Ue è stato aggredito nella sua residenza.
L’influenza di Cina e Russia
Il caos è dunque diffuso, ma occorre rammentare che vi sono già altri Paesi pronti a rimpiazzare gli occidentali. La Cina di Xi Jinping sta estendendo la sua influenza in Africa da molto tempo. Lo stesso dicasi per la Russia che impegna nel continente i celebri mercenari della Wagner. Molto attivi anche gli Emirati Arabi e la Turchia di Erdogan, che sfruttano la loro appartenenza islamica. Piuttosto assenti, invece, gli Usa.
Nella crisi sudanese, dove è in atto un sanguinoso conflitto tra l’esercito regolare e i paramilitari delle “Forze per il Supporto rapido” (a quanto pare appoggiate dai russi dell’onnipresente “Gruppo Wagner”), americani ed europei non sembrano avere voce in capitolo. Efficace, invece, la visita del ministro degli esteri della Federazione Russa, Sergej Lavrov, che ha firmato un accordo di installazione di una base logistica per la flotta russa a Porto Sudan.
Nel frattempo, si è appreso che persino l’Egitto di Al-Sisi, nonostante i 13 miliardi di dollari annui di sostegno militare che riceve da Washington, strizza l’occhio a Putin. I “Pentagon Leaks” hanno infatti rivelato che gli egiziani si stavano preparando a fornire ai russi decine di migliaia di razzi a dispetto dell’embargo Usa.
Assenza di strategia
È evidente, a questo punto, che tanto gli Stati Uniti quanto l’Unione europea pagano l’assenza di una precisa strategia nei confronti dell’Africa e dello stesso Medio Oriente. Il protagonismo dei francesi, che sono ex colonizzatori, ha causato più danni che vantaggi.
Mentre appare sempre più evidente la debolezza dell’amministrazione Biden che, dopo il disastroso ritiro dall’Afghanistan, parla molto di diritti umani ma fa poco – tranne che in Ucraina – per contrastare la crescente influenza delle potenze totalitarie.