Il “furto del millennio”: come la Cina ha rapinato l’Occidente e cosa fare ora

Fabio Scacciavillani: la più gigantesca sottrazione di ricchezza nella storia dell’umanità. Ora cruciali stop definitivo al CAI Ue-Cina, embargo sui chip e difesa di Taiwan

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“Il furto del millennio” è quello della Cina Popolare ai danni dell’Occidente ed è il titolo dell’ultimo libro scritto, insieme a Michele Mengoli, da Fabio Scacciavillani, economista ed asset manager, fondatore e curatore insieme ad Alberto Forchielli del canale YouTube Inglorious Globastards. Nella sua intervista ad Atlantico Quotidiano presenta le tesi del suo libro (edito da Piemme), una lucida e documentata denuncia della minaccia dell’espansionismo cinese.

Guerra ibrida

TOMMASO ALESSANDRO DE FILIPPO: Qual è la tesi di fondo espressa nel suo nuovo libro “Il furto del millennio”?

FABIO SCACCIAVILLANI: Nel testo racconto come larga parte dello sviluppo della Cina avvenuto negli ultimi 20-30 anni sia dovuto ad una gigantesca opera di “guerra ibrida” ai danni dell’Occidente, concretizzatasi attraverso furti di proprietà intellettuale, hackeraggio, spionaggio, inadempienza alle regole del WTO, acquisizione e sfruttamento improprio, violazioni di brevetti occidentali e congiunte all’uso di joint venture create per orientate a sottrarre informazioni tecnologiche e know-how ai partner industriali.

In estrema sintesi, il Ministero per la sicurezza dello Stato cinese ha orchestrato e condotto migliaia di operazioni per danneggiare imprese, istituzioni e centri di ricerca dei Paesi dell’Ocse. Il libro riporta e documenta i casi più clamorosi ma è solo la proverbiale punta dell’iceberg.

Grazie a questo “furto del millennio”, Pechino è riuscita ad ottenere asset immateriali per un valore di centinaia di miliardi l’anno. L’FBI pubblicamente ha dichiarato che tali attività illegali ad opera della Cina hanno arrecato all’America danni per circa 600 miliardi di dollari ogni anno. Si tratta della più gigantesca sottrazione di ricchezza mai perpetrata nella storia dell’umanità.

Le illusioni dell’Occidente

TADF: Quali sono stati gli errori commessi dall’Occidente nei rapporti commerciali e geopolitici con Pechino? C’è stata una sottovalutazione del pericolo?

FS: Sì! Nel libro descriviamo sottovalutazione ed abbaglio da parte dell’Occidente: il secondo è apparso evidente sin da quando nei primi anni ’70 Nixon e Kissinger hanno iniziato il processo di riavvicinamento tra Cina e Occidente, proseguito poi nei successivi decenni con Deng e i suoi successori.

Gli Usa si erano illusi di poter trasformare il Dragone in uno stato in qualche modo simile al Giappone ed alla Corea del Sud, Paesi in passato dominati dall’autoritarismo, ma che entrando nel circuito dell’economia globalizzata si erano evoluti in democrazie compiute.

Washington ambiva a favorire una Cina quale partner affidabile nel sistema di relazioni internazionali, posto nell’orbita delle nazioni occidentali e inserito a pieno diritto nei meccanismi del commercio mondiale.

Spirito di rivalsa

Invece, Pechino attuava sin dal principio una strategia differente, basata sulla volontà di sovvertire l’ordine internazionale e sfruttare a proprio vantaggio il sistema economico di mercato in vigore, al fine di riguadagnare il posto nello scacchiere geopolitico occupato per circa 1800 anni.

Infatti, sin dall’inizio dell’era cristiana la Cina, per dimensioni, era l’economia dominante dell’intero globo (l’altra superpotenza economica era l’India). Pechino si sente defraudata della propria posizione di primazia storica, ritiene un oltraggio l’essere stata asservita all’Occidente (e al Giappone) dopo le Guerre dell’Oppio ed è animata da uno spirito di rivalsa e vendetta nei nostri confronti.

Non a caso, poggiando su una visione millenaristica confuciana, il regime neo-maoista instaurato da Xi Jinping è determinato a ricostruire un Impero di Mezzo, ovvero un sistema in cui la Cina è il al centro del mondo attorno a cui ruotano tutti gli altri Paesi, più piccoli e vassalli.

Accantonare il CAI

TADF: In che modo contrastare l’espansionismo di Pechino? Il fronte autocratico – sia pure caratterizzato da differenze storiche ed ideologiche al proprio interno – punta ad unirsi per combattere il nostro modello?

FS: Il primo passo da compiere per l’Occidente sarebbe quello di rendersi conto del pericolo. Non siamo in presenza di un partner corretto ed affidabile, piuttosto di un rivale che rappresenta un rischio per la nostra sicurezza e nostri valori.

Ad esempio, il trattato per la liberalizzazione degli investimenti tra Cina ed Europa andrebbe immediatamente accantonato una volta per tutte, perché a Pechino non esiste un sistema giudiziario che possa opporsi ai desiderata del governo.

Pertanto, qualsiasi accordo stretto con il Dragone è immediatamente rinnegabile e sovvertibile dalle autorità cinesi, solo ed esclusivamente sulla base della propria volontà e senza conseguenze. Nessun tribunale prenderebbe decisioni in favore di individui, industrie o imprese europee che subissero danni o torti in Cina.

Anche in ragione di ciò, rischiamo di consegnarci incaprettati in toto ad uno Stato totalitario – dove regna un sovrano disprezzo dei diritti di proprietà – e finirne ricattati.

Embargo sui microchip

È necessario rivedere immediatamente le relazioni con la Cina su ogni fronte. L’amministrazione Biden in maniera efficace ha cominciato a bloccare l’esportazione di microchip di ultima generazione verso la Cina. Per quale ragione? Perché in tal modo si impedisce al regime comunista di sfruttare il “malloppo” del furto del millennio e di competere nei settori di punta come l’economia spaziale, l’elettronica, la difesa, le auto elettriche e l’Intelligenza Artificiale.

Senza chip di ultima generazione quello del Dragone diventerà è un sistema industriale obsoleto. Pertanto, la mossa della Casa Bianca è stata geniale e devastante. Su questo sentiero Washington non intende mollare la presa e sta proseguendo, dato che a breve imporra imporrà nuovi divieti nel campo delle biotecnologie e in altri settori cruciali.

L’asse delle autocrazie

Quanto alla probabile formazione di un nuovo “Asse del male”, l’Occidente dovrà dimostrarsi molto meno codardo di quanto non sia stato fino ad oggi. Ad esempio, con l’Iran non ha preso misure drastiche, lasciando incancrenire la situazione nel Paese dalla rivoluzione islamica del 1979 in poi. Nonostante Teheran fornisca armi letali alla Russia, si evita di supportare attivamente le ribellioni in corso nel Paese, per vigliaccheria e malinteso senso di quieto vivere.

Pertanto, le autocrazie coglieranno sempre più l’opportunità di fare fronte comune contro l’Occidente e si sosterranno a vicenda. Pechino non ha ancora fornito armi alla Russia soltanto perché i propri sistemi di difesa sono incompatibili con quelli di Mosca. La Cina possiede un sistema militare tendenzialmente difensivo e dunque ha poco da offrire ad un esercito orientato all’azione d’attacco, perché intenzionato a invadere e conquistare un vasto territorio nemico.

Tuttavia, tale scenario potrebbe cambiare con l’inizio della controffensiva ucraina. In ogni caso, la Cina acquista petrolio russo ignorando le sanzioni occidentali e sostiene l’economia russa, oltre a supportarla diplomaticamente. Inoltre, la collaborazione tra autocrazie maggiori si estende a quelle minori, se guardiamo a Paesi come Nicaragua e Venezuela, dove la Russia ha ottenuto il permesso di insediare basi per navi e sommergibili nucleari, a due passi dagli Stati Uniti.

Alla corte di Xi

TADF: L’Occidente rischia invece di sfaldarsi nella sfida contro le autocrazie? Crede che questo confronto possa sfociare in un conflitto militare diretto?

FS: Il fronte occidentale non è graniticamente molto compatto, basta osservare le recenti visite in Cina di Scholz e Macron, che sono apparsi come vassalli sottomessi a Xi Jinping, dopo essersi precipitati alla corte dell’autocrate sovrano cinese, richiamati da fischietti ad ultrasuoni diplomatici.

Per di più, la partecipazione al viaggio del Gotha delle industrie francesi e tedesche ha dato un pessimo spettacolo: abbiamo assistito alla politica del servo picchiato che bacia la mano al padrone. Dal punto di vista dell’immagine, a livello internazionale, i due paesi leader in Europa hanno toccato un punto molto basso.

Difesa di Taiwan

Altro aspetto cruciale fondamentale da osservare è la guerra in difesa di Taiwan: Pechino vuole riconquistare l’isola perché non esistono potenze egemoniche che non esercitino un dominio su un’area importante del pianeta. La Cina per tornare l’Impero di Mezzo che si ripromette deve quantomeno dominare in Asia, ragion per cui la questione taiwanese è strategica per il regime di Xi Jinping.

Riprendendo Taipei con la forza invierebbe un messaggio potente a Paesi come Giappone, Sud Corea, Australia, Filippine, Indonesia, Vietnam e Malesia: gli Usa in Asia non contano più nulla e l’Occidente ha perso il confronto con la Cina.

Pertanto, il rischio di un conflitto militare diretto tra Usa e Cina per Taiwan è molto alto. L’infelice intervista di Macron a Politico.eu proprio su questo punto conferma una sottomissione umiliante per un Paese come la Francia, che pure mantiene interessi propri nel Pacifico. L’idea che si possa considerare la libertà di Taiwan come merce di scambio per la vendita di qualche aereo a credito è assolutamente sorprendente in senso negativo, direi scandalosa.

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