Esteri

Il Sultano resta in sella, ora la Nato deve preoccuparsi

La “neutralità filo-russa” di Ankara e l’erosione delle istituzioni democratiche turche. Ricostruzione post-sisma e crisi economica le prime sfide per Erdogan

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Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha rivinto le elezioni presidenziali, sconfiggendo il leader dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu nel ballottaggio di domenica ed estendendo così il suo periodo di governo ad un ulteriore terzo decennio. Dovremo quindi convivere nel Mediterraneo e alle porte dell’Europa con “l’autarchia del nuovo Sultano” ancora per molti anni.

Con la totalità dei voti contati, i risultati ufficiali preliminari annunciati domenica dal Consiglio elettorale supremo della Turchia (YSK) indicano che Erdogan ha vinto con oltre il 52 per cento dei consensi. Kilicdaroglu ha ricevuto qualcosa meno del 48 per cento. La sintesi: un Paese diviso in due quasi perfettamente.

Le parole di Erdogan e Kilicdaroglu

Parlando a migliaia di suoi sostenitori fuori dal complesso presidenziale di Ankara, Erdogan ha affermato che ora è il momento di “mettere da parte tutti i dibattiti e i conflitti riguardanti il periodo elettorale e unirsi attorno ai nostri obiettivi e sogni nazionali”. “Non siamo gli unici vincitori, il vincitore è la Turchia. Il vincitore sono tutte le parti della nostra società, la nostra democrazia è il vincitore”, ha aggiunto Erdogan.

Il neo-rieletto ha affermato che tra le principali priorità del governo ci sarà la lotta all’inflazione e la guarigione delle ferite causate dal catastrofico terremoto del 6 febbraio, che ha causato più di 50.000 vittime in Turchia e nei Paesi confinanti in quella specifica area.

Sull’altra sponda, parlando al quartier generale del suo partito, nella capitale Ankara, Kilicdaroglu ha affermato che continuerà a combattere fino a quando non ci sarà una “vera democrazia” in Turchia, aggiungendo che “questo è stato il periodo elettorale più ingiusto della nostra storia… Non ci siamo inchinati al clima di paura” e che “in queste elezioni, la volontà del popolo di cambiare un governo autoritario è diventata chiara nonostante tutte le pressioni”. Kilicdaroglu ha detto, inoltre, che ciò che “mi rende veramente triste sono i giorni difficili che ci aspettano per il nostro Paese”.

Le congratulazioni dei leader

Leader stranieri tra cui quelli di Russia, Qatar, Libia, Algeria, Iran e Autorità palestinese sono stati tra i primi a congratularsi con Erdogan. La sola lista di chi si è “affrettato” a compiacere il Sultano turco lascia preoccupati in alcuni casi, se non impauriti in altri.

Nelle osservazioni pubblicate sul sito web del Cremlino, il presidente russo Vladimir Putin ha affermato che le elezioni hanno fornito “una chiara prova del sostegno del popolo turco” agli sforzi di Erdogan “per rafforzare la sovranità statale e perseguire una politica estera indipendente“. Putin si rallegra, al lettore…trarre le conseguenze.

Anche il presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è ,comunque, congratulato con Erdogan, facendo sapere che non vede l’ora di lavorare insieme “come alleati della Nato” su “questioni bilaterali e sfide globali condivise”. Il fatto che la Turchia sia un membro Nato, con il secondo esercito più numeroso, deve far riflettere, anche considerando che i sostenitori di Erdogan si sono riuniti nella piazza Taksim di Istanbul, cantando il suo nome e “Dio è grande”.

Vittoria di Pirro?

C’è chi sostiene che tutti i musulmani dovrebbero rallegrarsi e che il mondo intero conoscerà di più i musulmani dopo questa vittoria. Mehmet Karli, consigliere di Kilicdaroglu, ha definito la vittoria elettorale di Erdogan una “vittoria di Pirro”, accusando il presidente di aver alimentato le tensioni durante le elezioni.

In effetti, stiamo ancora una volta guardando un Paese diviso e va sottolineato che i sei gruppi di opposizione avevano formato un blocco unito, senza precedenti, a favore di Kilicdaroglu, per cercare di strappare il potere a Erdogan e tornare alla normalità democratica.

L’opposizione aveva descritto le elezioni come un’ultima resistenza per la democrazia turca, accusando giustamente Erdogan di aver svuotato le istituzioni democratiche del Paese durante i suoi 20 anni di governo, erodendo il potere della magistratura e reprimendo il dissenso soprattutto quando sostenuto dai giornalisti.

Terremoto e crisi economica

Erdogan deve ora anche affrontare i venti contrari di un’economia in difficoltà e una risposta iniziale caotica al terremoto di febbraio. Il governo ha riconosciuto i suoi “errori” nella sua operazione di salvataggio e si è scusato con il pubblico. E pare sia stato convincente, anche perché chi criticava Erdogan aveva anche messo in luce gli standard di costruzione “allentati” autorizzati dal partito al potere AK, che ha accelerato un boom edilizio dall’inizio degli anni 2000 ma ha fatto aumentare esponenzialmente il bilancio delle vittime dovuto ai crolli di interi stabili.

Anche la crisi finanziaria del Paese, che ha visto la valuta crollare e i prezzi salire, va attribuita alle politiche di Erdogan, perché ha manovrato negativamente sui tassi di interesse lasciando l’inflazione libera.

Lo stop alla Svezia

Il Sultano ha poi giudicato il suo rapporto con il presidente russo Putin come “speciale” e ha detto che avrebbe continuato a bloccare l’ingresso della Svezia nella Nato, nonostante le critiche occidentali secondo cui stava ostacolando un fronte unificato contro l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca. Ogni commento a tale politica per un Paese membro della Nato è quantomeno di condanna assoluta.

Erdogan che, come scritto, dispone del secondo più grande esercito della Nato, ha accusato la Svezia di ospitare gruppi terroristici curdi e ha condizionato l’adesione di Stoccolma all’estradizione di individui ricercati. La Svezia ha respinto le ripetute richieste della Turchia di estradare i curdi che Ankara descrive come terroristi, sostenendo che la questione può essere decisa solo dai tribunali svedesi.

Neutralità filo-russa

Da quando la Russia ha lanciato la sua invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022, l’uomo forte turco si è voluto presentare come un mediatore di potere chiave, adottando un fondamentale atto di equilibrio tra le due parti, ampiamente noto come “neutralità filo-ucraina”, ma in realtà si è evidenziata come “filo-russa”.

A scopo nazionalista, si è dato da fare per mediare l’accordo noto come corridoio del grano del Mar Nero, che ha sbloccato milioni di tonnellate di grano coinvolte nell’invasione russa dell’Ucraina, scongiurando una crisi alimentare globale. L’accordo è stato prorogato per altri due mesi mercoledì scorso, un giorno prima della scadenza.

Rimane il dubbio che sia stata un’iniziativa spinta soprattutto dal fatto che la maggioranza delle navi fossero turche o di armatori turchi anche con altra bandiera.

Comunque sia, va sottolineato che la presidenza ucraina si è congratulata con Erdogan per la sua vittoria anche se Ankara non applica e non ha mai applicato sanzioni alla Russia e ha acquistato sistemi d’arma russi nel recente passato.

In tale chiave, con propositiva speranza, va letta la dichiarazione di Kiev che recita: “Contiamo sull’ulteriore rafforzamento del partenariato strategico a beneficio dei nostri Paesi, nonché sul rafforzamento della cooperazione per la sicurezza e la stabilità dell’Europa”. Così è se vi pare…