Difendere la libertà è una garanzia per il futuro e premia nelle urne: sembra essere questo il verdetto delle consultazioni politiche del 5 marzo in Estonia. Questa sfida ha rappresentato un banco di prova per gli equilibri europei. Può sembrare un paradosso, ma le sorti del conflitto russo-ucraino sono passate per la piccola Repubblica baltica, che conta appena 1,3 milioni di abitanti.
L’eventuale successo delle formazioni clementi verso Mosca avrebbe potuto intensificare la spirale bellica, alimentando le mire espansionistiche del Cremlino sugli ex Stati sovietici. Un’escalation scongiurata dalla vittoria liberale, come vedremo più avanti.
Il bipolarismo estone
Netta, anzi, nettissima la polarizzazione delle forze in campo. Da un lato, la coalizione liberaldemocratica al governo dal 15 luglio 2022, guidata dal Partito Riformatore del primo ministro Kaja Kallas. Dall’altro, un rassemblement scettico sulle sanzioni Ue alla Russia e contrario all’ingresso dei profughi ucraini: si segnalano il Partito Popolare Conservatore e il Partito di Centro, storicamente legato alla minoranza russofona.
Sospetti e accuse reciproche sono stati al centro di una campagna elettorale dominata dai toni aspri. La compagine “neutralista” ha incolpato Kallas di essere una guerrafondaia, di non aver salvaguardato l’economia estone dai colpi dell’inflazione galoppante (17,6 per cento a febbraio) e di essersi appiattita sulle posizioni di Zelensky. Viceversa, la leader dei Riformatori ha espresso parole di condanna per l’ambiguità dei suoi avversari in politica estera.
In una conferenza stampa congiunta tra Kaja Kallas, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, la premier ha ribadito con fermezza che non avrebbe “mai negoziato con i terroristi”, riferendosi senza mezzi termini alla cerchia di Putin.
Il successo dei liberali
Nonostante i sondaggi avessero previsto un testa a testa tra liberali e nazionalisti anti-Kiev, i risultati definitivi hanno proiettato Kaja Kallas al terzo mandato con un’ampia maggioranza parlamentare.
Il Partito Riformatore ha ottenuto il 31,2 per cento, la sua migliore performance dal 1995 ad oggi. Il “partito dello scoiattolo”, com’è chiamato dai suoi simpatizzanti per il famoso simbolo, si afferma nelle zone con elevato Pil pro capite e nelle aree urbane. In particolare, trionfa nel distretto limitrofo alla capitale Tallinn, dove supera per la prima volta il 40 per cento delle preferenze.
Al secondo posto, staccato, il Partito Popolare Conservatore (16 per cento), seguito dal Partito di Centro (15,3 per cento). Entrambi conseguono risultati notevoli nelle regioni al confine con la Russia, povere e poco rilevanti dal punto di vista demografico. Nulla da fare per gli indipendentisti filo-Putin della Sinistra Unita Estone che, inchiodati ad un misero 2 per cento, sono fuori dal Parlamento.
Il pragmatismo estone
L’Esecutivo di Kallas ha dimostrato che l’Estonia è in grado di incidere nello scenario euroatlantico. Autorevolezza, rigore, inflessibilità: tre elementi che hanno contribuito a rafforzare l’immagine di un governo in prima linea nel sostegno all’Ucraina.
Tallinn ha intrapreso misure drastiche per contenere l’avanzata russa. Il 44 per cento del budget militare estone è stato investito in aiuti a Kiev; si tratta della percentuale più alta di qualsiasi Paese Nato. Non una decisione miope, ma dettata dal pragmatismo e dalla volontà di proteggere la sicurezza e l’autonomia conquistate dopo la dissoluzione dell’Urss.
Dolore e rinascita
Le elezioni del 5 marzo si caricano anche di un significato morale. La famiglia di Kaja Kallas ha subìto violenze inenarrabili durante la stagione sovietica. Sua nonna e sua madre, che all’epoca aveva solo sei mesi, furono deportate in un gulag siberiano per motivi di “legittimità politica”: Stalin aspirava a sventrare la classe dirigente estone per rimpiazzarla con i funzionari del PCUS, attuando un piano – non troppo velato – di sostituzione etnica.
Questo episodio tragico ha spinto la leader riformatrice a coltivare l’amore per la libertà, nella lungimirante convinzione che l’Estonia dovesse affrancarsi dalle ombre della dittatura. Perché un presente incerto è la premessa delle svolte autoritarie. Non dobbiamo dimenticarlo.