Israele decapita anche Hezbollah. Teheran e Washington sotto shock

Eliminato Nasrallah: un’altra operazione straordinaria, l’Onu usata come “diversivo”. La lotta di Israele per la sua sopravvivenza è la lotta per la sopravvivenza dell’Occidente

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Un altro micidiale, spettacolare colpo di Israele. Dopo aver eliminato il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, a Teheran, nel cuore della Repubblica Islamica, dopo l’operazione cercapersone, ieri ha probabilmente eliminato il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, e insieme a lui numerosi capi militari della milizia libanese e alcuni esponenti dei Pasdaran iraniani, rimasti sotto le macerie del quartier generale e bunker di comando dell’organizzazione terroristica a Beirut, completamente raso al suolo.

La valutazione preliminare dell’Intelligence israeliana, citata dal New York Times, è che Nasrallah sia rimasto ucciso nell’attacco ma ci vorranno “settimane”, confida una fonte, per confermare la sua morte. Segnalati festeggiamenti di piazza in Libano, Siria e Iran, dove Nasrallah è sinonimo di oppressione e ingerenza iraniana.

Il “diversivo” all’Onu

L’attacco pochi istanti dopo l’intervento del premier Benjamin Netanyahu all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite: “Non avevo intenzione di venire qui quest’anno. Il mio Paese è in guerra, sta lottando per sopravvivere. Ma dopo aver sentito le bugie e le calunnie rivolte al mio Paese da molte persone su questo podio, ho deciso di venire qui e di mettere le cose in chiaro”.

Netanyahu è intervenuto in assemblea davanti ad una platea semi-vuota, per la solita protesta di decine di delegazioni, ha messo le cose in chiaro, definendo l’Onu una “palude di bile antisemita“, è sceso dal podio con calma e pochi minuti dopo ha regolato i conti anche con Hezbollah. Un gigantesco dito medio a tutti coloro che pretendono che Israele si fermi e scenda a patti con i terroristi più sanguinari. Questa la storica foto che ritrae il premier in hotel a New York mentre ordina l’attacco.

Ma c’è di più. Secondo quanto riferito da alti funzionari israeliani, la presenza stessa di Netanyahu al Palazzo di Vetro “faceva parte di un diversivo” per indurre Nasrallah a credere di essere al sicuro mentre il primo ministro si trovava a New York.

Una dimostrazione di forza, intelligence e precisione devastante. Nessun nemico di Israele è al sicuro. Può essere eliminato ovunque e in qualsiasi momento. Sfida accettata e vinta anche nei confronti di tutti coloro che, piuttosto ipocritamente, sentenziavano che non si dovessero fare guerre, ma colpire i terroristi. Eccovi accontentati, vedremo ora quanto eravate in buona fede.

I raid israeliani sono proseguiti nella notte, a Beirut e nel sud del Libano, contro depositi di missili e altri capi militari di Hezbollah e i cieli sopra l’aeroporto della capitale libanese sono pattugliati per impedire l’arrivo di armi iraniane.

Teheran al bivio

Ora occhi puntati su Teheran, per capire come reagirà il regime iraniano dopo essersi visto decapitare i suoi due principali e storici proxies nella regione, in poche settimane di cocenti umiliazioni. Un rischio, evidentemente calcolato a Gerusalemme, di scatenare una guerra diretta. E forse assunto nella consapevolezza che la Repubblica Islamica è davvero, come sembra, vicinissima all’atomica e dunque sarebbe qui e ora l’ultima occasione per scongiurare la più grande minaccia esistenziale per Israele dalla sua nascita.

Il regime iraniano si trova di fronte ad un bivio: subire, limitandosi ad una reazione poco più che simbolica; o aprire un conflitto diretto, rischiando però l’azzeramento del suo programma nucleare e la sua stessa caduta. In ogni caso, ieri Israele ha riequilibrato a suo favore i rapporti di forza in Medio Oriente, dopo che la sua deterrenza era stata intaccata dal pogrom del 7 ottobre, da quasi un anno di razzi Hezbollah e Houthi, e dal primo attacco missilistico diretto da parte iraniana. “Ho un messaggio per i tiranni dell’Iran”, ha avvertito Netanyahu all’Onu: “se ci attaccate, vi colpiremo. Non c’è un posto in Iran che non possiamo raggiungere. E questo vale per l’intero Medio Oriente”.

Siamo da sempre convinti che l’unico modo di sopravvivere in quella regione per Israele sia ignorare gli ipocriti appelli della “comunità internazionale” (e dei suoi alleati occidentali purtroppo), come ha fatto in questi giorni, e tornare ad essere un tough and rough State, uno stato pericoloso e imprevedibile. E siamo convinti che la guerra iniziata il 7 ottobre scorso possa finire solo a Teheran.

Colpo anche per Biden/Harris

Quello di oggi è anche un colpo devastante per l’amministrazione Biden e per la vicepresidente e candidata Dem Kamala Harris, che fino a ieri avevano perseverato nel provare a legare le mani a Israele con i loro patetici tentativi di cessate-il-fuoco, essenzialmente per motivi di politica interna, ovvero per non perdere il sostegno dell’ala radicale e pro-palestinese del partito, ormai strabordante.

La lotta di Israele per la sua sopravvivenza è la lotta per la sopravvivenza dell’Occidente. Ma sembra che l’Occidente non l’abbia ancora capito.

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