Israele ha finalmente tirato fuori il meglio delle sue capacità. Come nel raid di Entebbe del 1976, ha sfidato l’impossibile per liberare ostaggi ancora vivi nelle mani di Hamas e ci è riuscito. Con un’operazione congiunta di esercito, servizi segreti e la Yamam (Unità Speciale Centrale della polizia), sabato 8 giugno ha liberato Almog Meir (21 anni), Andrey Kozlov (27), Shlomi Ziv (40) e Noa Argamani (25).
Quest’ultima era diventata una dei più tragici simboli del pogrom del 7 Ottobre, filmata mentre veniva rapita, schiacciata fra due terroristi su una motocicletta in corsa, urlava, piangeva e si sbracciava nel vano tentativo di chiedere aiuto, supplicando di non essere uccisa. Ora può finalmente riabbracciare il padre, che compiva gli anni proprio nel giorno della sua liberazione. E anche la madre, in ospedale, malata terminale di cancro che aveva chiesto come ultimo desiderio proprio quello di rivedere la figlia.
Un’operazione di successo
Insomma una storia di successo, finalmente a lieto fine, che ha riunificato Israele, facendo dimenticare, almeno per un giorno, le polemiche contro il governo Netanyahu. Si è trattato di un’operazione delicata e rischiosa che è stata a un soffio dal fallimento, condotta da Idf (esercito), Shin Bet (servizi segreti) e Yamam (unità speciale di polizia anti-terrorismo).
I corpi speciali israeliani si sarebbero introdotti nel mezzo del campo profughi di Nuseirat, una delle principali roccaforti di Hamas nel centro della Striscia di Gaza. Hanno passato i controlli mimetizzandosi in un veicolo civile, probabilmente di quelli destinati al trasporto di aiuti umanitari. Le squadre si sono dovute dividere, perché i tre ostaggi maschi erano in due differenti appartamenti di uno stesso condominio, mentre Noa Argamani era in un altro edifico a circa 200 metri di distanza. La difficoltà stava proprio nell’agire simultaneamente, per liberare tutti gli ostaggi assieme e non lasciare il tempo a Hamas di ucciderli. E la sorpresa è riuscita perfettamente, così come il sincronismo dell’azione.
Il problema è arrivato nel trasporto degli ostaggi verso casa, perché si doveva attraversare una zona (tanto per cambiare) affollatissima e con i terroristi di Hamas già in allarme. Quindi, per aprirsi la via del mare, gli israeliani hanno dovuto combattere. Solo dopo un violento scontro a fuoco, hanno raggiunto la spiaggia, dove i rapiti e i loro liberatori sono tornati in Israele in elicottero. Tutti tranne uno, Arnon Zamora, il comandante dell’unità Yamam, ucciso durante l’operazione. Lascia una moglie e due figli piccoli.
La notizia sui media
Bene, fatto il riassunto di quel che è avvenuto, sulla base di quel che si sa finora, come è stata data la notizia dai grandi media internazionali? E come è stata commentata dalla politica? Questo è il titolo della BBC, notizia di primo piano, il giorno dopo la liberazione degli ostaggi: “Il ministero della Sanità di Gaza afferma che il salvataggio degli ostaggi israeliani ha ucciso 274 palestinesi”.
Vogliamo vedere come è stata data la notizia in Italia? L’agenzia più importante, l’Ansa, inizia così il suo lancio sulla liberazione degli ostaggi israeliani:
Forze speciali dell’Idf hanno recuperato 4 ostaggi israeliani vivi a Gaza: si tratta di Noa Argamani, Shlomi Ziv, Almog Meir Jan e Andrey Kozlov. Nell’operazione militare sarebbero stati uccisi almeno 210 palestinesi, secondo quanto afferma Hamas, che parla anche di 400 feriti nella zona del campo profughi di Nuseirat. La Cnn in precedenza ha parlato di almeno 107 palestinesi rimasti uccisi, mentre fonti ospedaliere palestinesi parlano di almeno 94 morti.
Quindi, prima ancora di dire i nomi degli ostaggi, prima di nominare il caduto israeliano, si danno i numeri diffusi da Hamas, considerato fonte attendibile. E poi altre cifre sulla base sempre di fonti palestinesi (perché anche la Cnn non ha fatto altro che diffondere stime di autorità sanitarie palestinesi) che comunque dimostrano l’esistenza di un amplissimo margine di incertezza (da 94 morti a 274 c’è una bella differenza).
Il carceriere di al Jazeera
E poi, di che “civili” parliamo? In due tweet sul suo account personale X, un testimone dell’incursione ha nominato Abdallah Aljamal, un giornalista di 36 anni, e sua moglie Fatima, come alcune delle “vittime civili” uccise dalle forze speciali israeliane durante l’incursione nel covo di Hamas. Da ulteriori ricerche effettuate da media israeliani è emerso che Aljamal lavorava per il Palestine Chronicle, un’emittente pro-Hamas guidata da un ex dirigente di Al-Jazeera, Ramzi Baroud, che opera sotto l’egida del People Media Project, un’organizzazione registrata a Olympia, nello Stato di Washington. Allo stesso modo, si è scoperto che Aljamal ha collaborato per Al Jazeera ed è stato portavoce del Ministero del lavoro di Hamas. Quindi c’è il fondato sospetto che un collaboratore di Al Jazeera fosse un carceriere degli ostaggi di Hamas.
La televisione con sede in Qatar smentisce nel modo più categorico questo sospetto. Ma resta comunque l’impressione che fra giornalisti e terroristi, nella Striscia di Gaza, non ci siano poi così tante differenze, considerando anche tutti i giornalisti che hanno partecipato al pogrom del 7 Ottobre, con un “posto in prima fila”. Resta anche il fatto che tutti gli ostaggi appena liberati fossero internati in appartamenti privati, in condomini civili, con la tacita o attiva collaborazione di chi ci abitava. Dove passa il confine fra “civile innocente” e collaboratore dei rapitori?
Ma poi, che modo è questo di dare una notizia? Proviamo ad applicare lo stesso metodo ad altri eventi storici. Per descrivere il raid di Entebbe, oggi la BBC, la Cnn e l’Ansa, probabilmente titolerebbero: “Il ministero della Sanità dell’Uganda afferma che il salvataggio degli ostaggi israeliani ha ucciso 45 cittadini ugandesi e 7 stranieri”, cioè i sette terroristi rossi della Rote Armee Fraktion e i militari del sanguinario dittatore Idi Amin che collaboravano a tenere gli ostaggi nell’aeroporto ugandese.
Le reazioni Usa e Ue
Fossero solo i media, tuttavia, ce ne faremmo anche una ragione. Il problema vero è nelle dichiarazioni dei politici, quelli che hanno voce in capitolo nella questione mediorientale. Così Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale dell’amministrazione Biden: “Civili innocenti sono stati tragicamente uccisi in questa operazione. Il numero esatto non lo sappiamo, ma sono state uccise persone innocenti, è straziante”.
Dall’Unione europea, nel pieno delle elezioni per il rinnovo del Parlamento, si leva la voce dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell: “Le notizie provenienti da Gaza di un altro massacro di civili sono terribili. Lo condanniamo con la massima fermezza. Il bagno di sangue deve finire immediatamente”. E propone anche una soluzione: accettare il piano di Biden, cioè lasciare Hamas al potere a Gaza in cambio della liberazione degli ostaggi ancora in vita (forse, in futuro).
Francesca Albanese
Ma il massimo arriva da Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, nel suo lungo tweet a commento dell’operazione israeliana. Merita di riportarlo in versione integrale:
Mi rincuora il fatto che quattro ostaggi siano stati liberati. Non sarebbe dovuto avvenire a spese di almeno 200 palestinesi, compresi i bambini, uccisi e oltre 400 feriti da Israele e da presunti soldati stranieri, mentre si nascondevano perfidamente (sic!) in un camion di aiuti. Questo è ‘camuffamento umanitario’ portato ad un livello superiore. Israele ha usato gli ostaggi per legittimare l’uccisione, il ferimento, la mutilazione, la fame e il trauma dei palestinesi di Gaza (sic!). E mentre intensificava la violenza contro i palestinesi nel resto dei territori occupati e in Israele. Israele avrebbe potuto liberare tutti gli ostaggi, vivi e intatti, 8 mesi fa, quando è stato proposto il primo cessate il fuoco e lo scambio di ostaggi. Eppure, Israele ha rifiutato per continuare a distruggere Gaza e i palestinesi come popolo. Questo è un intento genocida trasformato in azione. Cristallino (sic!).
Sono frasi che non necessitano ulteriori commenti. Ma sappiate che questa è la voce dell’Onu.