Esteri

Israele si aspetta una guerra regionale, anche con l’Iran

L’analista Lion Udler: Teheran responsabile. Svolta a Washington: gli Usa avvertono i nemici di Israele di non intromettersi e sono pronti a intervenire al suo fianco

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L’impreparazione dei servizi di intelligence e dell’esercito israeliani dinanzi all’attacco di sabato da parte di Hamas, il ruolo dell’Iran e le prospettive di un allargamento del conflitto fino ad una guerra regionale, avvalorate dalle parole di Netanyahu ieri sera e dall’enorme mobilitazione in Israele. Ne abbiamo parlato con Lion Udler, analista di intelligence israeliano ed esperto di antiterrorismo.

Fallimento di intelligence

TOMMASO ALESSANDRO DE FILIPPO: Cosa non ha funzionato nell’intelligence e nell’esercito israeliani, al punto da sottovalutare la minaccia di un attacco di così vasta portata da parte di Hamas?

LION UDLER: Essendo sabato il giorno dello Shabat (ovvero del riposo) in Israele, la presenza dei soldati israeliani sui fronti di potenziale conflitto con i palestinesi era ridotta al minimo. Hamas ha scelto di lanciare migliaia di razzi, sovraccaricando così il sistema di difesa aerea, e attuare un’invasione in più zone del territorio israeliano, così da confondere l’IDF in prima battuta.

La reazione israeliana è stata tardiva a causa della poca presenza di forze in campo e dei mancati avvisi da parte dell’Intelligence, che colpevolmente non si attendeva un attacco su larga scala. A guerra conclusa, chi aveva responsabilità e non ha adeguatamente svolto il proprio dovere ne pagherà le conseguenze politiche.

Conflitto regionale

TADF: Israele teme un attacco anche da parte iraniana e potrebbe decidere di anticiparlo, colpendo in modo preventivo il regime iraniano?

LU: Gerusalemme ritiene l’Iran responsabile dell’attacco, a causa del suo supporto alle organizzazioni terroristiche palestinesi attuato tramite finanziamenti, aiuto nella logistica, nella pianificazione d’intelligence e nella fornitura di mezzi militari. Sicuramente sono i funzionari iraniani ad aver pianificato una simile azione, non Hamas che si è esclusivamente addestrata e preparata ad eseguirla.

Israele ha ordinato il reclutamento di circa 300 mila e più riservisti – anche dall’estero – in vista della guerra. Questo certifica che si aspetta una guerra regionale molto cruenta, anche con l’Iran. Per rendere l’idea delle proporzioni numeriche: per l’assedio di Gaza che sarà attuato saranno necessari massimo 30 mila soldati. Il numero dei reclutati è dieci volte maggiore e destinato ad aumentare nelle prossime settimane. Si prevede una escalation tale da portare ad un allargamento del conflitto.

La svolta Usa

C’è un nuovo dato importante da inserire nell’analisi: il cambio di passo degli Stati Uniti. Washington ha deciso di sostenere in toto l’idea del governo israeliano di entrare a Gaza ed è pronta a intervenire in suo sostegno nell’area.

Biden ha messo in guardia chiunque dall’intervenire contro Israele, pena la possibilità di dover fronteggiare anche gli americani sul campo, ed ha inviato la portaerei Gerald Ford nelle vicinanze di Israele. A suo dire, per ragioni di solidarietà, ma nella realtà per preparare un intervento a supporto dell’alleato. Nessuno invia una portaerei immensa con flotta al seguito, sottomarini, aerei ed armamenti se non ritiene imminente un suo intervento militare in una zona di guerra.

TADF: Crede quindi che l’amministrazione Biden abbia compreso gli errori dell’appeasement attuato verso l’Iran e sia pronta a fare la propria parte in sostegno di Gerusalemme?

LU: Penso che non sia pronta ad intervenire solo l’America in caso di allargamento, quanto l’intero Occidente. Lo scorso sabato ha rappresentato l’11 Settembre di Israele ed ha mostrato al mondo il vero volto dei terroristi palestinesi e l’intenzione di compiere massacri sulla base dell’odio profondo. Quegli orrori testimoniano una strategia attuata da Iran e alleati per cancellare Israele dalle mappe geografiche. L’Occidente l’ha compreso ed è pronto a fare la propria parte per evitare che l’esistenza di Gerusalemme venga minacciata.

Il ruolo della Turchia

TADF: Ritiene che anche la Turchia possa aver svolto un ruolo in questa crisi?

LU: Non penso ci sia stata una mano turca in questo attacco, ma si può ritenere Ankara colpevole sul piano politico e morale, perché non definisce l’organizzazione terroristica di Hamas come tale. Chi fa parte di quell’organizzazione non può entrare in larga parte dei Paesi occidentali ma può varcare il confine turco liberamente.

Inoltre, esiste un programma approvato dallo stesso Erdogan che permette ai palestinesi di ottenere la cittadinanza turca, a patto che non restino nel Paese. Tuttavia, con la cittadinanza turca i terroristi possono poi viaggiare liberamente negli altri Stati arabi e occidentali. Questa è la grave colpa di Erdogan che dovrebbe modificare il proprio atteggiamento in merito a questo tema.