La California brucia, i devastanti incendi scoppiati a Los Angeles

Colpita la località di Pacific Palisades. Origine ancora sconosciuta, ma fiamme alimentate dalla combinazione di fenomeni meteo estremi e costruzioni in legno

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Sto seguendo, ormai da ore, le dirette delle stazioni video californiane a proposito dei vastissimi incendi che stanno interessando, su quattro fronti, i dintorni di Los Angeles. Qualcosa, negli Stati Uniti, ancora ci stupisce.

Lasciamo perdere, in questa sede, le vicende legate alle esternazioni di tono sensazionalistico di Donald Trump a proposito di Groenlandia e Canada: non è di questo che voglio parlare, anche perché lo fanno anche troppi, e non sempre con la dovuta conoscenza dei fatti e dei retroscena di quelle affermazioni, tutte in stile molto americano, sulle quali si stanno versando fiumi interi di inchiostro digitale.

Parlo, invece, proprio dell’immenso incendio, di natura ancora sconosciuta, che sta interessando la ricca e lussureggiante California. Sono, quelle, calamità sempre più ricorrenti, e non solo in America. In quel caso specifico, a differenza di quanto accade da noi, incuria, mancata manutenzione delle aree boschive e interessi criminali sulla possibile ricostruzione non c’entrano un fico secco.

C’entrano i fenomeni meteorologici estremi (è presto per parlare di effetti climatici) e c’entrano, in misura determinante, le costruzioni prevalentemente in legno di larghissima parte della provincia americana. Molti si chiedono come diavolo facciano i californiani a costruire ancora case, anche grandi, in legno.

Case in legno

La risposta è duplice: primo, in quella zona della California, a ridosso delle faglie di San Andreas e di San Bernardino, è atteso uno dei più grandi e distruttivi terremoti degli ultimi secoli e, benché proprio la California sia sede dei più avanzati osservatori sismologici e centri di ricerca sismologica del Nuovo Continente, vale, purtroppo, l’assenza del principio deterministico: si sa che ci sarà un grande terremoto, probabilmente superiore alla magnitudo Richter 8.0, ma non sappiamo di preciso quale sarà la zona epicentrale esatta e, ammesso che la si possa stimare tra San Francisco e Los Angeles, non sappiamo quello che maggiormente conta, ossia quando si verificherà.

Potranno trascorrere mesi o molti decenni. Questo il punto e la spiegazione per cui le case in legno (grattacieli della downtown a parte) offrono una miglior resistenza alle scosse e una minore offensività in caso di grande sisma. Il defunto presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Enzo Boschi, era solito ripetere la frase: “Non sono i terremoti ad uccidere, ma le case”.

Il sogno americano

Superato questo punto acriticamente, perché non è questa la sede per trattare di geofisica sismologia e ingegneria antisismica, rimane il secondo punto: il sogno americano. In America, molto più che da noi, possedere una casa di proprietà è essenziale e fa parte di un progetto di vita ineluttabile quanto insopprimibile.

Già dall’epoca del primo sviluppo civile e della nascita dei primi grandi e piccoli centri, intorno al 1800, possedere una casa propria era la normalità più che un privilegio e costruirla in legno, non di rado con le proprie mani, un fatto comune a quasi tutte le famiglie d’Oltreoceano. Legno da costruzione ve n’era, e ancora oggi se ne trova, a volontà, spazio su cui costruire idem, anche grazie ad una normativa sulle nuove costruzioni decisamente più semplice e permissiva di quanto non sia dalle nostre parti.

Ancora ai nostri giorni, specialmente nella sterminata provincia statunitense, abitare una casa in legno, ereditata da nonni e bisnonni, fa parte di una tradizione che per noi è persino difficile da capire. In Italia, alle case vecchie – e persino a quelle antiche – si dà una bella botta di escavatore e la si ricostruisce – magari malissimo e compiendo veri e propri crimini – nuova fiammante. Della casa dei nonni c’importa zero e quasi nessuno tra noi vi abita.

In America no, la vivono in altro modo e, semmai, approfittano dei tempi ridotti per costruire una struttura in legno – infinitamente inferiori a quelli necessari per un edificio in muratura – permettendo a molti di costruirsi la propria casa con un esborso economico decisamente meno impegnativo del nostro. Persino in Europa, anche fuori delle regioni alpine, sale la richiesta di case in legno, spesso prefabbricate. Ma, si sa, il legno brucia bene e pure in fretta.

La conferenza stampa

In una cosa, comunque, stanno messi molto peggio di noi, e quanto ho potuto vedere coi miei occhi poco fa lo testimonia. Guardate la foto che accompagna questo articolo – tratta dal canale Fox11. Era la conferenza stampa tenutasi alle ore 17 italiane dell’8 gennaio 2025, indetta presso la Contea di Los Angeles per diramare le disposizioni urgenti di protezione civile a fronte dell’enorme incendio, ancora in fase di espansione incontrollata mentre scrivo.

Erano iscritti a parlare in quindici. Hanno parlato tutti, ringraziando il precedente oratore e premurandosi di dichiararsi “onorati di presentare il prossimo oratore”. Per non parlare dei due interpreti della lingua dei segni, che, per le loro espressioni facciali, sembravano più dei comici, cosa tutt’altro che sfuggita a centinaia di commentatori nella chat line che accompagnava la trasmissione in diretta sul web.

Quindici persone hanno, tutte indistintamente, ripetuto quanto comunicato dal primo esponente delle autorità presenti (polizia, vigili del fuoco, funzionari delle municipalità e della FEMA): il numero degli acri interessati, quello degli evacuati, degli edifici distrutti e di quelli in pericolo e delle – per fortuna poche – vittime ad oggi.

Altra cosa tutta americana: una certa smania di protagonismo, “medaglismo” e l’esibizione di un numero enorme di strutture che si occupano tutte pressappoco delle stesse cose.

Probabilmente ai californiani avrà fatto piacere sentirsi supportati da tutte quelle autorità dalle divise immacolate e piene di galloni. Da noi sarebbero stati spernacchiati al terzo intervento. Ma loro sono fatti così. A loro piace gestire le emergenze in quel modo e di mezzi ne hanno una quantità tale da fare impallidire qualsiasi altra struttura di emergency management al mondo. Ma quindici persone, oltre un’ora di conferenza stampa, andiamo!

Oltretutto, ciascuno di loro leggeva il suo intervento, avendo dunque perso un bel po’ di tempo a prepararlo. Ma questa è America. Vale pure per il Congresso, per Trump e Biden, per tutto l’ambaradan della sua struttura federale per noi ostica da comprendere. È America.

Ora è il momento di essere solidali con loro per una tragedia che si sta rivelando più grave d’in ora in ora. In Italia, se una delle autorità di difesa civile avesse chiesto le preghiere di tutti, come hanno fatto quasi tutti gli intervenuti visti su Fox11, sarebbe stata intesa come dichiarazione di manifesta impotenza. Loro la vivono diversamente e una nostra preghiera per chi è in pericolo di vita, almeno per chi crede, a noi costa davvero niente.

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