I quattro focolai principali, due dei quali enormi e non controllati se non in piccola parte, sono più che mai attivi e le previsioni meteo stimano ancora forti venti e totale assenza di pioggia ancora per molti giorni. La situazione si aggrava e gli incendi a Eaton e Pacific Palisades, i più estesi tra i 98 finora identificati, preoccupano ancora e non sembrano essere destinati all’estinzione in poche ore.
Oltre 10 mila gli edifici rasi al suolo dalle fiamme e circa 200.000 gli evacuati finora. Peggio non potrebbe andare, perché lo stato di massima pericolosità è ancora legato alla siccità da record che affligge la California e per i venti fortissimi (anche oltre i 100 km/h) che alimentano ed ancora alimenteranno i focolai nei prossimi giorni, sempre che non ve ne siano dei nuovi.
Il tutto alle porte di Los Angeles. Basti dire che già oggi la qualità dell’aria nella downtown si sta facendo decisamente insalubre, a causa della densa coltre di fumo che ha raggiunto la metropoli.
La ex terra promessa
Con questa tragedia, sottostimata dai media europei, si rivela, in tutta la sua drammatica attualità, uno dei punti deboli della società occidentale, come fosse un grosso pallone pieno di gas che venga punzecchiato da molti spilli. Nella società del benessere, di cui la California è certamente un simbolo, almeno per gli osservatori più frettolosi, qualcosa emette dei cigolii sinistri che sembrano precedere possibili crolli.
L’America delle pagine patinate e rilucenti che un po’ tutti immaginiamo, con le sue Hollywood, Santa Monica e Malibu. Da almeno un secolo considerati i luoghi del lusso sfrenato e un po’ pacchiano dello star system , è anche la terra promessa di intere generazioni di poveri che vi hanno cercato una vita migliore e che, tuttora, vivono dignitosamente del lavoro che i ricchi non possono e non vogliono fare
Accade così, e da sempre, attorno ad ogni insediamento ove il benessere giunga velocemente. Accadde anche a Buenos Aires, la ricca capitale argentina della prima metà del Novecento, in cui vi erano o ricchissimi oppure poveracci immigrati che, sebbene al costo di non poche umiliazioni, sbarcavano comunque il lunario lavorando per le ricche imprese europee stabilitesi a Baires. Ma tanto per l’Argentina di allora che per l’America di oggi, le possibilità di “fare carriera” e di migliorare sensibilmente le proprie condizioni sociali erano tante e nessuno è mai tornato povero da quelle nazioni.
Una dimessa umanità di persone perbene che abitano ai margini del lusso, sia pure con l’inevitabile aliquota di spacciatori e delinquenti che il benessere se lo prendono, rappresenta la metafora del nostro tempo, in un’America che cerca di ritrovare se stessa.
Le grandi e piccole tv della West Coast indugiano volentieri nelle interviste a quelli che, con quella confortevole casetta in legno, posta alle spalle di un giardino che da noi sarebbe men che condominiale, hanno perso proprio tutto.
Di tornare ai paesi del Centro e Sudamerica non se ne parla nemmeno: sarebbero male accolti, come i pochi cubani che abbiano provato a tornare alla loro isola caribica dopo avere saltato a piè pari le ristrettezze dei loro compaesani scappando negli Usa e perciò guardati come traditori di un castrismo nel quale nessuno crede più nemmeno a Cuba, ma certamente tollerato perché preferiscono vivere in un scampolo di mondo in cui le grandi dispute internazionali rimangono lontane e le auto scassate e variopinte percorrono quartieri ancora pieni di solidarietà popolare e di bellissima musica.
Rassegnazione e sconfitta, in quelle poche frasi degli ispanici intervistati dai cronisti delle tv a tre lettere maiuscole ricorre una frase: “Non abbiamo altro posto dove andare”. Nell’Italia della seconda casa al mare o in campagna pare strano, ma… no, non hanno altro posto dove andare, e dell’unica che avevano resta in piedi soltanto la struttura in muratura del caminetto. anche se abitano a Malibu.
E, comunque, anche chi si chiami Josè o Asuncìon si sente americano e l’amore per la bandiera a stelle strisce esposta nei loro giardini di città che si chiamano Santa Ana, Los Angeles o Marina del Rey è il pagamento di un debito con la nazione meno razzista al mondo, e lo dimostrano le facce e i nomi di chi conta in America.
La sindaca e il governatore
Vera nota dolente di questa tragedia nient’affatto conclusa, è la totale inadeguatezza di alcuni (mancati) protagonisti della gestione dei soccorsi. Come affermato senza mezzi termini da Donald Trump e da Elon Musk, tanto la sindaca di Los Angeles – Karen Ruth Bass – che il Governatore della California, Gavin Newsom, avrebbero avuto un ruolo determinante in circostanze assurde e dannose, come la mancanza d’acqua in molti idranti nelle zone maggiormente interessate dagli incendi.
Pare che alcuni importanti bacini di rifornimento idrico siano stati già da tempo svuotati per disposizione delle autorità, ributtando in Oceano quell’acqua necessarissima oggi. A carico della obamiana sindaca di L.A., nota esponente del movimento LGBTQ+ e, a detta dei suoi detrattori, esperta unicamente in materia di politiche d’inclusione sociale – di certo ha fondato la c.d. Venceremos Brigade per organizzare viaggi solidaristici a Cuba – parrebbe non avere la competenza ammnistrativa a governare una delle più importanti città degli Usa, men che mai in stato di emergenza.
Il filmato con la Bass che fa scena muta e strabuzza gli occhi all’incalzante domanda dei giornalisti se non si senta in colpa per la sua gestione approssimativa delle emergenze, ha fatto il giro del mondo.
La capa dei pompieri
Altra carica istituzionale a suscitare numerose polemiche è quella di Kristin Crowley, comandante del Los Angeles Fire Department, che, come sostengono alcuni, le sarebbe stata conferita principalmente per la sua appartenenza alla comunità LGBTQ+, nonostante, dico io, la Crowley abbia una consistente carriera nella Fire Brigade alle spalle. Che aleggi il sospetto di un clima generalmente e acriticamente favorevole all’ideologia DEI (Diversity Equity Inclusion) è fatto certo, soprattutto in America, e quanto ciò sia salutare per la società non potremo che verificarlo in futuro e con le future generazioni.
Le conferenze stampa
Altro punto di rilievo sono le immancabili conferenze stampa delle medagliatissime autorità deputate al soccorso, che, due volte al giorno, le reti tv americane diffondono. Vi riassumo l’ultima, quella delle ore 8 di oggi in California, piuttosto interessante:
- come ieri, troppi oratori che ripetono cose già risapute o dette – malino direi…
- gravemente insufficienti le risposte ai giornalisti sull’errato invio di sms di evacuazione immediata inviati nel cuore della notte a oltre un milione di abitanti, mentre riguardavano alcune migiaia di essi. Hanno dato colpa “alla piattaforma”, “al cloud”, “alle celle telefoniche”. Tutto tranne che ammettere di avere combinato un grosso casino. In particolare, pessima performance della sindaca Bass, che ancora balbettava, visibilmente a disagio.
- L’invito a cercare notizie certe e ufficiali (ammettendo quindi che ve sono delle fasulle) unicamente su internet, non tiene conto del fattore umano e locale. Chi si sia visto crollare la casa tra le fiamme, a tutto pensa tranne che a cercare di collegarsi a internet. Conoscenza della psicologia in condizioni di stress diffuso, sottozero.
- Ottimo, invece, il funzionario Ricardo Lara, il quale, senza tante manfrine, dice che chi non è stato in grado di pagare le assicurazioni sulla casa – che sappiamo molto costose negli Stati Uniti – e se la sia vista sospendere, non dovrà preoccuparsi, perché è già in vigore una sanatoria straordinaria che, col contributo federale, proroga la validità della polizza, a titolo gratuito, per un anno. Vale anche per chi non ha riportato danni. Per un anno l’assicurazione sarà gratis per tutti gli interessati dal disastro. Quelli, sono fatti. Alla faccia della burocrazia nostrana e dei tempi per avere il risarcimento, magari dopo un terremoto.
- Altrettanto buono l’intervento del funzionario del fisco, che annuncia l’immediata sospensione degli obblighi e del pagamento delle tasse da subito. Se ho ascoltato bene, si parla di un anno per le persone che hanno avuto danni, e ciò con una formula interessante, ossia la detrazione totale del valore del danno riportato dall’ammontare delle tasse, eventualmente anche future.
- È stato ricordato che il presidente Joe Biden in persona ha assicurato, stamani, che tutti i danni subiti saranno risarciti dallo Stato. Vi è più d’un motivo per ritenere che così sarà… In queste cose, gli americani sono assai pragmatici. Quasi come in Italia…
- I comandanti delle forze di polizia hanno ricordato, devo dire con durezza quasi rabbiosa, che i responsabili di atti di sciacallaggio, insubordinazione, e persino presenza non autorizzata nelle zone colpite verranno immediatamente arrestati e processati. Applicazione severa della flagranza di reato, altra cosa che Italia abbiamo perso di vista.
- Un piromane, con tanto di lanciafiamme improvvisato, è stato arrestato immediatamente nei pressi del focolaio di Kenneth. Quelli non mancano mai anche in America.
- Qualcuno, con un piccolo drone, è riuscito a danneggiare gravemente un Canadair antincendio che stava operando nella zona di Palisades, procurandogli un buco nell’ala e, oltre ad averlo messo a rischio di precipitare, costringe adesso quell’indispensabile mezzo aereo a restare a terra per riparazioni. Più d’un funzionario della Police californana ha ricordato che qualunque drone venga visto sorvolare le zone delle operazioni antincendio, verrà abbattuto (sempre che vi riescano, aggiungo io). Vedasi il mio recente articolo in materia di droni, su questo quotidiano.
- Abbondante, per non dire eccessivo, sciorinamento di dati statistici, di tabelle e grafici. Agli americani piacciono anche più che da noi, se è possibile. Ma troppi dati sinottici, soprattutto se non coerentemente aggregati, possono confondere pericolosamente le idee, con sottostime o sovrastime del rischio dalle conseguenze pratiche anche molto gravi.
Concludo questo aggiornamento con la certezza che, essendo il fronte di fuoco più vicino a L.A. tutt’altro che domato, potremmo ancora non aver visto il peggio. God Bless California.