Esteri

La corazzata Putinkim: l’azzardo di Mosca e Pyongyang in Ucraina

Il dispiegamento di soldati nordcoreani sul fronte ucraino per forzare la mano agli stanchi alleati di Kiev, ma non è privo di inconvenienti sia per Putin che per Kim

Putin Kim (CNA)

Ormai da giorni le agenzie di informazione riportano della presenza di migliaia di soldati nordcoreani in Russia, pronti ad essere schierati nell’oblast’ russo di Kursk. Il loro impiego in battaglia – riferiscono i bene informati – sarebbe questione di giorni. La portavoce della Nato Farah Dakhlallah, riportava l’Ansa, ha affermato:

Gli alleati hanno confermato le prove di uno schieramento di truppe della Repubblica Popolare Democratica di Corea in Russia. Se queste truppe fossero destinate a combattere in Ucraina, ciò segnerebbe una significativa escalation nel sostegno della Corea del Nord alla guerra illegale della Russia e un ulteriore segno delle significative perdite della Russia in prima linea. Ci stiamo consultando attivamente all’interno dell’Alleanza su questo tema, e il Consiglio Nord Atlantico riceverà un briefing dalla Repubblica di Corea e discuterà ulteriormente la questione presto.

La portavoce del Ministero degli esteri russo, Maria Zakharova – di tutta risposta – ha respinto come fake news generate da Kyiv le affermazioni sull’invio di truppe nordcoreane in Russia che potrebbero essere impiegate in Ucraina, ribadendo che “la cooperazione della Russia con la Corea del Nord nella sfera militare e in altre sfere non viola le leggi internazionali e non provoca alcun danno alla Corea del Sud”. Ecco che queste fantomatiche truppe nordcoreane sono come l’araba fenice di Da Ponte: “Che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa!”.

Collaborazione da anni

Eppure la collaborazione militare tra Mosca e Pyongyang è attiva da anni. Il report Putin’s Partner, pubblicato dalla fondazione tedesca Friedrich-Naumann, sostiene che dalla Corea del Nord, dal 2023, siano arrivate armi alla Russia per un volume economico di 5,5 miliardi di dollari. A questa conclusione è giunta Olena Guseinova della Hankuk University of Foreign Studies di Seul che, per questo report ha studiato i rapporti di intelligence, i documenti trapelati ed i prezzi delle munizioni di precedenti affari di armi nordcoreani.

Va da sé che il valore dello scambio economico è meramente teorico, visto che la Corea del Nord non pubblica dati ufficiali sulle sue esportazioni di armi, rendendo praticamente impossibile ottenere stime più accurate e che la quantificazione viene determinata – fin dai tempi della Guerra Fredda – su quanto costerebbe costruire quelle armi e munizioni, in termini di qualità e quantità, in Occidente. Secondo l’Intelligence sudcoreana, che basa i suoi rapporti principalmente su foto satellitari che monitorano le spedizioni tra la Corea del Nord e la Russia, Pyongyang supporta l’esercito russo principalmente con proiettili di artiglieria e missili a corto raggio: secondo informazioni di intelligence, sarebbero stati inviati 8 milioni di pezzi.

Eppure qualcosa sta accadendo. Come ricorda Antonella Scott su Sole 24Ore il ministro degli esteri di Pyongyang, signora Choe Son-hui – pur non facendo alcun riferimento alla presenza di truppe nordcoreane al fronte – il primo novembre ha incontrato a Mosca il collega Serghej Lavrov, annunciando che “fin dall’inizio dell’operazione militare speciale il compagno presidente Kim Jong-un ha fatto capire che non si sarebbe voltato dall’altra parte, e ha fornito aiuto all’esercito e al popolo russo in questa santa guerra. Assicuriamo che saremo fermamente al fianco dei nostri compagni russi fino al giorno della vittoria”. Accanto a lei, Lavrov ha espresso “profonda riconoscenza”.

Le reazioni dell’Alleanza

La sola ipotesi che Pyongyang dispieghi forze armate a fianco dell’esercito russo, però, non può creare allarme. Sarebbe la prima volta che uno stato terzo alla contesa partecipa direttamente al conflitto tra la Russia e l’Ucraina. Per Mark Rutte, segretario generale della Nato, il possibile schieramento di truppe nordcoreane si configura come “un’escalation significativa” che aumenta le minacce alla sicurezza globale.

“Se queste truppe dovessero impegnarsi in operazioni di  combattimento o di supporto al combattimento contro l’Ucraina,  diventerebbero legittimi obiettivi militari”, ha ammonito il segretario di Stato Usa Anthony Blinken in una conferenza stampa dopo i colloqui tra Stati Uniti e Corea del Sud.

La preoccupazione di Seul

Chiara la preoccupazione di Seul, che potrebbe rispondere alle nuove circostanze inviando forniture di armamenti all’Ucraina, si chiede quali aiuti – armamenti, tecnologie, in particolare assistenza nel programma nucleare – siano stati promessi da Mosca a Pyongyang per ripagare il favore, ora che i due Paesi sono vincolati alla difesa reciproca da un accordo di partnership.

“L’impatto dell’impiego di truppe nordcoreane nel teatro delle operazioni si allunga ben oltre il campo di battaglia in Ucraina – spiega l’istituto americano Studi di Guerra – Probabilmente Pyongyang spera che i suoi militari facciano esperienza in una guerra contemporanea. L’allineamento tra Corea del Nord e Russia minaccia concretamente la stabilità della penisola coreana e dell’intera regione Asia-Pacifico”.

Il presidente sudcoreano, Yoon Suk Yeol, denuncia una “minaccia per la sicurezza” e bolla come “illegale” la cooperazione militare tra Pyongyang e Mosca. Con lui ha parlato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Per entrambi si è di fronte ad un conflitto che “sta diventando internazionale”, che si sta “estendendo” oltre Russia e Ucraina.  A sottolineare la sfida regionale, il viaggio di Choe Son-hui a Mosca è stato preceduto (giovedì 31/10) dal test di un missile balistico intercontinentale.

Il ruolo della Cina

Sviluppi che la stessa Cina guarderebbe con crescente irritazione, secondo diversi osservatori: il riavvicinamento di Pyongyang a Mosca intacca il ruolo di Pechino come punto di riferimento centrale da cui dipende il regime di Kim Jong-un. Ufficialmente, però, lo stato d’animo delle autorità cinesi non traspare: il portavoce del Ministero degli esteri Lin Jian ha detto ieri di “non essere a conoscenza” dell’invio di truppe nordcoreane sul fronte ucraino.

La Corea del Nord e la Russia, ha aggiunto, “sono due Stati sovrani indipendenti, e il modo in cui sviluppano le relazioni bilaterali riguarda solo loro”. Pechino non è avvezza ad usare toni forti, ma il fastidio è palpabile; anche e soprattutto se si considera il desiderio cinese di allargare la sua sfera d’influenza nell’estremo est russo, come ricorda la “guerra” delle carte geografiche.

Le perdite russe

Perché mai Mosca ha intrapreso la pericolosa strade dell’escalation indiretta? Difficile dirlo. Una spiegazione può essere fornita dal Kiyv Post – testata vicina al governo ucraino – che riporta quotidianamente le perdite russe sul campo. Ad oggi vengono riportate perdite per 699mila unità (morti e feriti non riutilizzabili a breve). Pur accettando che i dati riportati dalla testata siano esagerati è certo che questa “operazione militare speciale” stia costando molto alla Russia, che – fino ad adesso – attinge al potenziale umano dei “reietti” (carcerati disoccupati ecc.) o dall’immensa provincia multi etnica.

Ora il prossimo passaggio sarebbe quello di arruolare massicciamente la parte più prospera della popolazione (fatto salvo che oltre un milione di maschi giovani ha già lasciato il Paese dal 2022). Insostenibile! Meglio chiedere aiuto alla Corea del Nord che offre soldati da poco, per pochi soldi. Certo Rocket man  Kim Jong-un non si può permettere di mandare le truppe migliori (utili a mantenere il potere della famiglia dominante), ma la carne da cannone è sempre apprezzata, anche se è noto lo storico razzismo dei “russi bianchi” verso gli asiatici, forse per antichi ricordi del giogo mongolo.

L’azzardo di Putin e Kim

Rutte, forse non a torto, parla della “crescente disperazione” di Putin. Quest’ultimo aspetto è stato sottolineato su Telegram anche dal politologo russo Abbas Gallyamov:

Invano il Cremlino ha cercato di far pensare che gli stessi nordcoreani avevano chiesto di partecipare alla guerra “per fare esperienza”. Le autorità della Corea del Nord hanno detto chiaramente che si sta parlando di “aiuti alla Russia” E quindi la grande Russia non è stata in grado di cavarsela senza chiedere aiuto. Nessuno aveva umiliato la Russia fino a questo punto.

L’azzardo dell’astuto e resiliente autocrate russo è quello di forzare la mano agli stanchi alleati di Kiyv – timorosi di un maggior coinvolgimento – il cui presidente Zelensky ha accusato i sostenitori della Nato per il “silenzio assoluto” sui militari nordcoreani per testare la loro risposta. Se si limiterà a proteste, tanto vibranti, quanto impotenti, avrà vinto la partita, attingendo all’inesauribile esercito di Pyogyang.

Certamente il dispiegamento di questi uomini non è privo di inconvenienti: nonostante la Corea del Nord possa contare su un esercito di 1,2 milioni uomini, essi non sono ben equipaggiati e – non essendo mai usciti dalla loro “prigione a cielo aperto”, non hanno alcuna contezza del contorno sociale che li può circondare. Solo la questione linguistica costituisce un ostacolo: una parola su tutte: “Fuoco”, alla base di ogni dizionario militare, se pronunciata in russo (огонь) è sconosciuta agli alleati asiatici.

Pare, infatti, che la Russia stia insegnando alle truppe di Kim Jong-un un centinaio di parole del linguaggio militare. Nonostante ciò, secondo analisti di Seul, agli ufficiali nordcoreani coinvolti nel “coordinamento” con la Russia è vietato l’utilizzo di telefoni, mentre ai parenti viene raccontato che sono impegnati in “esercitazioni militari”.

Ma, raccontano gli stessi analisti, nonostante queste misure, le voci sul dispiegamento in Russia si sarebbero rincorse in Corea del Nord con “disordini” in varie zone del Paese tra chi teme di essere “spedito” in Russia e chi si interroga sul senso della mobilitazione. L’azzardo di Putin e Kim è forte! Ora il gioco passa per la mano dell’Occidente. Saprà vedere il bluff asiatico?