Esteri

La Corte Suprema umilia chi voleva escludere Trump dalle presidenziali

L’ex presidente eleggibile (e non squalificabile dopo il voto). Sentenza in parte all’unanimità (9 a 0) ma in parte a maggioranza (5 a 4). Boomerang politico

Donald Trump (MSNBC)

Sconfitto 9 a 0 chi voleva escludere l’ex presidente Donald Trump dalla corsa per le presidenziali del prossimo novembre, ma solo 5 a 4 chi avrebbe voluto squalificarlo dopo il voto.

La Corte Suprema ha infatti ribaltato la sentenza dell’Alta Corte del Colorado che aveva escluso Trump dalle elezioni, accogliendo il ricorso dell’ex presidente. Una decisione presa all’unanimità, quindi inclusi i giudici liberal Sotomayor, Kagan e Brown Jackson, e arrivata il giorno prima del “Super Tuesday”, quando sono in programma le primarie repubblicane in 15 Stati, tra i quali proprio il Colorado.

Una sentenza ampiamente attesa, alla luce dell’udienza di circa un mese fa nella quale le parti avevano presentato ai nove giudici supremi le loro argomentazioni, e che ovviamente avrà un impatto anche sulle decisioni prese nel frattempo da Illinois e Maine, gli altri due stati che hanno squalificato Trump.

I giudici di orientamento conservatore infatti avevano già asfaltato la tesi dell’esclusione di Trump durante il confronto tra le parti. Tesi che aveva ricevuto un’accoglienza piuttosto fredda persino dai giudici progressisti, in teoria più ostili a Trump, i quali avevano posto alcune delle domande più difficili e scettiche, tanto da far supporre come probabile una sonora bocciatura, anche all’unanimità, come poi avvenuto.

Le motivazioni della bocciatura

La Corte Suprema del Colorado aveva deciso di escludere Trump ritenendolo ineleggibile ai sensi della Sezione 3 del XIV emendamento, una clausola post-Guerra Civile che vieta ai funzionari che “hanno preso parte ad un’insurrezione” di ricoprire cariche federali.

Ma la Costituzione, spiegano i giudici, dice che è il Congresso, non i singoli Stati, “responsabile dell’applicazione della Sezione 3 nei confronti dei funzionari e dei candidati federali”. Gli Stati possono squalificare le persone che detengono o tentano di ricoprire cariche statali, ma non hanno alcun potere ai sensi della Costituzione per applicare la Sezione 3 rispetto agli uffici federali, in particolare alla presidenza degli Stati Uniti.

“I convenuti – si legge inoltre nella sentenza – non hanno individuato alcun precedente di applicazione della Sezione 3 da parte di uno Stato nei confronti di funzionari o candidati federali negli anni successivi alla ratifica del XIV Emendamento. Tale mancanza di precedenti storici è generalmente un’indicazione significativa di un serio problema costituzionale”.

I giudici hanno inoltre osservato come un simile potere dei singoli Stati potrebbe produrre “risultati contrastanti” nei confronti di uno stesso candidato, non solo per opinioni divergenti nel merito ma anche per differenze nella normativa statale che regola il procedimento. Per esempio, per alcuni la squalifica potrebbe arrivare solo a seguito di una condanna penale, mentre per altri al termine di un processo civile.

In alcuni Stati, a differenza del Colorado, le procedure per escludere un candidato ritenuto non eleggibile potrebbero non esistere affatto. Il risultato sarebbe quello di un candidato ammesso in alcuni Stati ma non in altri, sulla base della stessa condotta (e forse anche degli stessi fatti).

Decisione all’unanimità

La decisione della Corte Suprema assume particolare significato perché presa all’unanimità. La nazione sarà anche divisa, e la polarizzazione politica a livelli di guardia, ma esiste ancora una Costituzione condivisa, hanno voluto ricordare i giudici. Anche tre dei sette giudici della Corte Suprema del Colorado, d’altronde, di nomina Dem, si erano opposti alla squalifica di Trump.

Escono con le ossa rotte, invece, i molti esperti e media che avevano presentato come “inattaccabile” la teoria giuridica secondo cui i singoli Stati possono squalificare unilateralmente i candidati – incurante del rischio di vedere Stati “blu”, governati dai Democratici, squalificare il candidato repubblicano e, viceversa, Stati “rossi” squalificare il candidato democratico. Teoria tanto solida da non riuscire a raccogliere un solo voto tra i nove giudici della Corte Suprema, nemmeno tra i giudici liberal.

Decisione a maggioranza

L’unanimità della Corte è però parziale, perché riguarda solo la parte della decisione relativa al potere dei singoli Stati. Una maggioranza di 5 contro 4, 5 su 6 giudici conservatori (il presidente John Roberts e i giudici Clarence Thomas, Samuel Alito, Neil Gorsuch e Brett Kavanaugh), è andata oltre la questione del potere dei singoli Stati, stabilendo che la Sezione 3 può essere applicata solo attraverso una legge del Congresso ai sensi della Sezione 5 del XIV Emendamento, e che l’unica esistente in questo senso è la legge penale contro l’insurrezione, la Sezione 2383 del Codice federale.

L’implicazione, non trascurabile, come ha osservato Andrew McCarthy, è che se Donald Trump dovesse vincere le elezioni presidenziali, i Democratici non potrebbero rifiutarsi di ratificare la sua vittoria nella prossima sessione congiunta del Congresso del 6 gennaio.

Dunque, il potere di attivare la Sezione 3 del XIV Emendamento è sì del Congresso, e non dei singoli Stati, ma secondo la legge federale. Prerequisito per l’applicazione della squalifica prevista dalla Sezione 3, ha stabilito la Corte a maggioranza, è che una persona sia stata condannata per insurrezione al termine di un processo penale.

I tre giudici liberal non hanno condiviso ovviamente questa parte della decisione, mentre il sesto giudice conservatore, Amy Coney Barrett, si è fermata sulla soglia ritenendo divisivo in questo momento il passo ulteriore mosso dai suoi colleghi conservatori: nel suo parere, ha osservato che “allo scopo attuale, le nostre differenze sono molto meno importanti della nostra unanimità: tutti e nove i giudici concordano sull’esito di questo caso”, ritenendo non necessario anticipare un possibile caso post-voto.

I Democratici infatti vorrebbero riservarsi l’opzione di squalificare Trump ai sensi della Sezione 3 dopo il voto e prima dell’insediamento. Ma ciò metterebbe la Corte in una posizione delicatissima e rischiosa, perché in quel caso i Democratici e i media di sinistra sarebbero pronti a gridare che sono i giudici conservatori, non gli elettori, a eleggere Trump. Uno scenario che una maggioranza della Corte e il suo presidente hanno voluto scongiurare.

Boomerang

La decisione del Colorado e degli altri Stati di escludere Trump si è comunque trasformata in un clamoroso boomerang, avendo prima avvalorato l’accusa di caccia alle streghe giudiziaria contro l’ex presidente, per poi regalargli un netto successo e una umiliazione per i suoi avversari.

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