Esteri

La “democrazia” secondo Lula: censura e rieducazione

Pochi giorni al voto in Brasile, Lula minaccia la rieducazione per chi si schiera con Bolsonaro. Il ruolo delle toghe rosse e il rischio “terzo turno” in tribunale

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Pirotecniche prove di dittatura delle toghe rosse brasiliane, che assieme al 99 per cento dei media appoggiano smaccatamente Lula in ogni modo possibile. Censure e minacce di chiusura indirizzate, sotto dettatura del Partido dos Trabalhadores, all’unica tv libera, la Jovem Pan, che festeggia in questi giorni il primo anno di vita fra polemiche infinite.

Gli esponenti lulisti la boicottano costantemente rifiutando gli inviti che pure vengono loro rivolti nell’ambito di una concezione di democrazia e pluralismo dell’informazione che è del tutto sconosciuta al PT e ai suoi cespugli, per i quali se non sei di sinistra radicale e comunista stalinista come loro, sei fascista e antidemocratico.

Siamo certi che in Italia non avvenga più o meno la stessa cosa? I rosicamenti e le reazioni violente di molti giornali e di molti politici al governo Meloni sembrerebbero dimostrarlo (vero, Repubblica? Vero Conchita? Vero, Tobagi?).

Censura e doppio standard

In genere, in una campagna elettorale le scelte vengono fatte sulla base della valutazione della storia politica dei candidati, di ciò che essi hanno dimostrato di saper fare o di non saper fare prima di candidarsi, o di ricandidarsi, come oggi in Brasile.

Ebbene, mentre a Lula è consentito, dai giudici del Tribunale Supremo Elettorale (TSE), di affibbiare al suo avversario Bolsonaro ogni genere di insulti e di accuse, come quella di essere addirittura un “genocida” – per aver avuto il Brasile lo stesso numero di morti Covid dell’Italia, degli Stati Uniti e di molti altri Paesi – quando non addirittura un “pedofilo”, a Bolsonaro e alla Jovem Pan non è invece consentito dire ciò che tutti sanno e che la cronaca e la storia hanno ormai acclarato, e cioè che Lula è stato processato e condannato come ladro ed è un ex detenuto.

Né si può dire che è amico e collega politico del macellaio Noriega, amico e collega del regime cubano, di Chavez e Maduro, ammiratore della dittatura cinese, ex fraterno partner in affari e in politica di Ahmedinejad, amico e finanziatore coi soldi dei brasiliani di centinaia di opere pubbliche in tutti i Paesi in cui esistono regimi di sinistra totalitari e sanguinari, non solo latinoamericani ma anche africani.

Vi pare una campagna elettorale equa e bilanciata?

L’idea di “democrazia” di Lula

E attenzione, questo è solo l’anticipo di ciò che avverrebbe dopo il voto e dopo una eventuale vittoria del PT. Lula, nella sua rozzezza culturale, lo ha detto ripetutamente riferendosi a soggetti o imprese che si sono schierate dalla parte di Bolsonaro: chi non è con noi non verrà punito, ma rieducato.

Non avendo a disposizione la Siberia ma l’Amazzonia, potrà forse mandare i dissidenti a piantare alberi in Amazzonia, almeno in quelle migliaia di chilometri quadrati che sotto i suoi governi, molto più che sotto Bolsonaro, sono stati oggetto del famoso “desmatamento”, che oggi viene addebitato fraudolentemente al solo Bolsonaro.

Ecco il senso della politica per la sinistra brasiliana: la rieducazione democratica dei cittadini, o, in altre parole, la democrazia intesa come rieducazione dei dissidenti, proprio come nell’Urss di Stalin o nella Cina di Mao (e Xi Jinping).

La posta in gioco

Questa è la posta in gioco domenica in Brasile: un futuro di progresso economico e di libertà – politica, economica e civile – con tutti i limiti che riconosciamo alla figura dell’attuale presidente, oppure un futuro assai buio, con un governo di cui Lula non ha rivelato nulla, né in termini di programmi né di uomini, ma che tutti sanno sarà il solito governo comunista, iperstatalista, che porterà al collasso l’economia e le casse dello Stato, per incompetenza e gestione criminale delle finanze e delle aziende pubbliche.

Un governo che in poco tempo avvicinerà il Brasile all’amico Venezuela, a Cuba, a Noriega e agli altri regimi di sinistra più o meno totalitari dell’America latina. Una sciagura che può essere scongiurata solo da un voto a Jair Bolsonaro la prossima domenica.

Il terzo turno

Ma potrebbe non bastare. Questa volta le elezioni potrebbero non finire al secondo turno. La sinistra infatti sta preparando il “terzo turno”, accumulando “prove” su prove nel corso di queste settimane di campagna e riservandosi di scatenarsi, dopo un’eventuale sconfitta di Lula, con ricorsi alla giustizia elettorale e costituzionale per chiedere ai giudici amici l’annullamento del voto, nello stesso identico percorso di giuridicizzazione della lotta politica che ha portato alla scarcerazione e alla ricandidatura di Lula.