La guerra dei chip: ecco il piano Usa per frenare la tecnologia militare cinese

L’amministrazione Biden vara un aggressivo piano globale per contrastare i progressi cinesi e recuperare il proprio vantaggio competitivo. Ma è già troppo tardi?

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Durante il secondo conflitto mondiale si svolse una guerra intellettuale parallela a quella combattuta dagli eserciti sul terreno: la battaglia per decriptare i messaggi in codice utilizzati dall’asse Roma-Berlino per coordinare le varie azioni militari.

Chiunque abbia visto il film “The Imitation Game” sa come andò a finire: il lavoro di Alan Turing a Bletchley Park permise di mettere a punto una sorta di computer elettromeccanico, detto The Bombe, in grado di decifrare i messaggi criptati da tedeschi e italiani tramite la “Enigma Machine”. Essenziale per conoscere in anteprima le azioni del nemico e in ultima analisi per vincere la guerra.

Tutto questo ci è tornato in mente quando abbiamo letto sul New York Times un articolo intitolato “Con un nuovo giro di vite, Biden lancia una campagna contro la tecnologia cinese”.

Enigma

Enigma assomigliava ad una macchina da scrivere meccanica. Dotata di tastiera e una serie di ruote dentate trasformava i messaggi che venivano inseriti in una serie di lettere senza significato apparente, i messaggi in codice che sarebbero stati poi trasmessi via radio alle truppe sul campo.

La complessità della macchina permetteva circa 151 “bilioni” (150 x 10 alla 12ma potenza) differenti combinazioni, rendendo impossibile anche a chi conosceva l’algoritmo ogni tentativo non automatizzato di decrittaggio.

La macchina di Turing (noto come il padre dell’informatica, avendo definito il modello concettuale di ogni futuro elaboratore elettronico già nel 1936) permise di risolvere ogni giorno il codice grazie alla sua grande velocità: e proprio questo è il punto di congiunzione con l’iniziativa dell’amministrazione Biden.

Il piano Usa

Nell’articolo del NYT si spiega infatti come l’amministrazione americana abbia reso pubblico un “aggressivo piano atto a contrastare i rapidissimi progressi tecnologici militari cinesi, in particolare nell’area dell’Intelligenza Artificiale applicata allo sviluppo di armi segrete e al decrittaggio dei codici segreti statunitensi”.

Perché si parla di “Intelligenza Artificiale”? Un’occhiata all’architettura degli ultimi iPhone di Apple e ai Pixel di Google ci fornisce la risposta. Entrambi sono dotati di hardware in grado di implementare reti neuronali artificiali, con sistemi detti Neural Engine in casa Apple e Tensor presso il gigante della ricerca online.

Le reti neuronali artificiali sono simulazioni in silicio del cervello umano e permettono il riconoscimento in tempo reale di un dialogo, di un volto in una fotografia e… la traduzione da una lingua all’altra. Un’attività non tanto distante dalla traduzione da un messaggio cifrato ad uno in chiaro.

Si tratta di hardware infinitamente complesso e non a caso neppure Intel, fino a pochi anni fa regina incontrastata dei processori, dispone di un sistema paragonabile a quelli dei due giganti della Silicon Valley.

I progressi cinesi

Ma i cinesi stavano arrivandoci rapidamente. Grazie al programma del 2008 detto “Thousand Talents”, il governo comunista aveva reclutato decine di ricercatori di punta provenienti proprio dalla Silicon Valley, in particolare, secondo il Wall Street Journal, 43 individui operanti in 16 differenti aziende cinesi.

Parrebbero pochi, ma occorre tener presente che non è raro che nelle tecnologie di punta il numero di esperti di un determinato dominio si possa contare sulle dita di una (massimo… tre) mani.

Una di queste aziende è la Advanced Micro-Fabrication Equipment Inc (AMEC): realizza macchine atte alla produzione proprio di componenti elettronici (chip). Quelli sui quali vengono implementate le reti neuronali artificiali. Non è ovviamente l’unica, nella lista delle società bersaglio dell’iniziativa Usa figura ad esempio anche l’olandese ASML Holding NV.

L’ultimatum Usa

Biden pone un ultimato direttamente a detti talenti. Scegliere se abbandonare il lavoro presso queste società o continuarlo ma perdere lo status di cittadino statunitense (nel caso di semplici residenti c’è il rischio dell’espulsione).

L’idea è che senza questi ricercatori il ritmo della ricerca cinese verrebbe grandemente rallentato, permettendo agli Stati Uniti di recuperare il vantaggio competitivo che andava accorciandosi.

Intanto in Europa

Cosa fa intanto l’Europa? La nostra ricerca in rete di analoghe iniziative non ha per ora portato ad alcun risultato. Unica eccezione, mentre la Commissione europea era intenta ad occuparsi di cavetti USB, il commissario Valdis Dombrovskis che ha dato quantomeno un segnale: “l’Europa è pronta a riconsiderare i propri investimenti”.

Non sappiamo quanto il monito sia credibile, alla luce dei titoli che hanno accompagnato il suo incontro di luglio con il vice presidente cinese Liu He, definito “pragmatico, candido ed efficiente”.

Troppo tardi?

Sarà efficace l’iniziativa dell’amministrazione Biden? Alcuni sospettano che arrivi tardi e che ormai il Dragone sia abbastanza autosufficiente e sia quindi in grado di sviluppare i temuti componenti con la relativa tecnologia senza alcun aiuto occidentale.

Ci resta una speranza: ai suoi tempi i tedeschi caddero in un banale tranello auto-inflitto che rese attaccabile la sicurissima codifica Enigma: tutti i messaggi contenevano un’informazione sul tempo (wetter) e iniziavano o terminavano con l’immancabile “Heil Hitler”.

Proprio questa certezza – che i messaggi di partenza non fossero al 100 per cento casuali – fu usata come grimaldello dalla macchina di Turing, permettendo la decodifica dei messaggi in tempi ragionevoli.

Se, come pare certo, Xi Jinping resterà alla guida del Partito Comunista e del regime per un terzo (e magari un quarto e poi un quinto) mandato le comunicazioni dei potenziali nemici degli Usa potrebbero avere anch’esse un fatale tallone d’Achille. Speriamo non leggano Atlantico.

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