Esteri

La rivincita della IV Repubblica e il rischio “francesizzazione” del sistema italiano

Indebolito Macron, l’Assemblea Nazionale recupera centralità. Occhio a emulare fronte popolare e secondo turno. Intervista all’ambasciatore Gabriele Checchia

La lezione che arriva dalle elezioni francesi al panorama politico italiano appare chiara. Cercare un sentiero di “diabolizzazione” e ambiguità non solo non riesce a portare ad un reale risultato politico, ma crea soltanto alibi per avallare un isolamento che favorisce scontate e retoriche drammatizzazioni del voto.

Una strumentalizzazione che nasconde dietro allarmismi vetusti, alleanze strampalate e controverse mosse da logiche puramente elettorali. Il quadro transalpino appare quindi come un caso di studio non solo per comprendere le evoluzioni del sistema politico francese, ma anche per correggere e indirizzare lo scenario italiano.

Per meglio comprendere queste dinamiche abbiamo intervistato l’ambasciatore Gabriele Checchia, presidente del Comitato strategico del Comitato Atlantico Italiano e direttore per le relazioni internazionali della Fondazione Farefuturo, e già ambasciatore italiano in Libano, presso la Nato e presso l’Ocse/Esa/Aie a Parigi.

Anatomia del voto francese

FRANCESCO SUBIACO: Ambasciatore come spiega i risultati delle elezioni legislative francesi?

GABRIELE CHECCHIA: Io credo che nei risultati delle elezioni legislative abbia molto giocato un aumento dell’affluenza dovuto ad una mobilitazione imprevista dell’elettorato di sinistra al secondo turno. Anche perché con un tasso di partecipazione come quello del primo turno probabilmente il Rassemblement National avrebbe vinto con le percentuali che gli si attribuivano.

Questo forte aumento del numero dei votanti ha prodotto, invece, risultati ben diversi – anche per il fronte macronista. Portando ad una Assemblea nazionale divisa sostanzialmente in tre blocchi (profondamente diversi seppur a livello di seggi praticamente equivalenti), che appare vittima di un serio problema di governabilità. In questo scenario starà al capo dello Stato vedere in che modo trovare una formula di governo capace di raccogliere se non una maggioranza assoluta almeno una maggioranza ad essa prossima. 

FS: Che opzioni prevede?

GC: In primo luogo il presidente Macron potrebbe varare un governo di progetto, che di volta in volta trovi la fiducia in Parlamento senza però avere una maggioranza precostituita. L’altra opzione è, invece, che si vada ad una maggioranza precostituita con un primo ministro che riesca ad allargare una compagine di governo centrista, a destra verso i gollisti che non si sono alleati con Le Pen (quindi non i LR di Ciotti), e a sinistra verso la componente moderata di centrosinistra come i socialisti moderati (pensiamo a Glucksmann) e ai Verdi; escludendo le estreme – a sinistra LFI e a destra RN. In ogni caso si tratterà di un percorso non facile…

Il ritorno dei gollisti 

FS: Come valuta il ruolo dei Les Republicains dopo la lunga marginalità in cui li aveva condotti il macronismo?

GC: I Repubblicani svolgono in questo momento un ruolo fondamentale anche perché si presentano come un partito “cerniera” tra i due schieramenti. Infatti, mentre la linea di Eric Ciotti, che si è alleato con i lepenisti, non ha raccolto i frutti sperati, la componente tradizionale, rimasta fedele alla pregiudiziale repubblicana, ha invece ottenuto un buon risultato e si è posta come credibile forza di compromesso tra sinistra moderata e i macroniani.

Mi sembra che adesso i Repubblicani ortodossi escano, infatti, con una posizione certamente più forte e cruciale rispetto agli equilibri preelettorali. Tanto è vero che si parla dell’ex primo ministro Edouard Philippe, proveniente dai Repubblicani di Sarkozy, come figura di equilibrio in grado di guidare un governo dello “spirito repubblicano” di centro-centrodestra aperto però alla sinistra moderata. Philippe, già portavoce di Juppé, è una personalità equilibrata e rispettata, che sarebbe in grado di amalgamare una maggioranza centrista aperta alle forze moderate oltre che frenare i consensi del RN. In questo scenario il peso dei gollisti sarà cruciale.

La rivincita della IV Repubblica sulla V?

FS: Che considerazioni conclusive trae quindi da questa tornata elettorale?

GC: Il dato di fondo è che si va verso una relativa parlamentarizzazione del sistema politico francese in cui nonostante una forte connotazione presidenzialistica il ruolo del Parlamento torna ad essere cruciale, facendo ora della Assemblea nazionale un luogo centrale della governance politica francese, rispetto all’indebolimento della figura del presidente Macron. Una tendenza che potrebbe attenuare il carattere presidenzialistico del sistema francese.

Tanto che molti osservatori hanno colto tali aspetti come il segno della rivincita della IV Repubblica sulla V. Mi sembra in questo senso interessante la valutazione dell’ex ministro delle forze armate Sylvie Goulard, che ha affermato che se la V Repubblica inaugurata da De Gaulle aveva avviato un primato sostanziale del ruolo del capo dello Stato, con queste elezioni legislative il sistema politico francese ha riscoperto il ruolo dei checks and balances.

Si delinea quindi un sistema in cui i rapporti di forza vedono un accrescimento del ruolo del Parlamento di fronte alla necessità di un governo che non si riassume solo nella coalizione presidenziale e che probabilmente ora dovrà trovare una più ampia maggioranza, dal centrodestra alla sinistra moderata, proprio a livello parlamentare. Mi sembra in questo senso significativo il fatto che il presidente Macron prima di partire per il vertice Nato abbia voluto incontrare il presidente del senato Lascher, una delle figure più autorevoli e rispettate dei Les Republicains

I dubbi su Le Pen 

FS: Pensa che le ipoteche del petainismo pesino ancora per l’elettorato francese?

GC: In parte sì perché le desistenze mostrano quanto gravi una pregiudiziale verso un partito che ancora è percepito come erede di una destra collaborazionista. Una pregiudiziale che è pesata soprattutto per buona parte della destra gollista e dell’elettorato centrista…

La lezione per il governo Meloni

FS: In un suo articolo del 9 luglio, Augusto Minzolini ha sottolineato “la lezione che arriva dalle urne francesi” rispetto alle incognite del ritorno di un sistema bipolare. Che cosa può imparare il governo italiano dagli esiti delle legislative francesi?

GC: Mi ha molto colpito questa analisi di Minzolini sul Giornale, sia sul piano generale che per quanto riguarda i corollari che ne derivano rispetto alle valutazioni sulla legge elettorale e la riforma dell’elezione diretta del premier. Infatti, se si va verso un sistema bipolare di scontro a blocchi inevitabilmente il blocco che rischia di più di perdere è quello incapace di ampliare le sue alleanze e non in grado di calamitare l’elettorato centrista. Soprattutto in vista di un eventuale doppio turno…

Ciò è quello che è accaduto e potrebbe accadere di nuovo al movimento di Marine Le Pen. Il Rassemblement National nonostante si sia aperto di più al mondo e abbia sbiadito molto le sue posizioni, almeno rispetto al tracciato di Jean-Marie Le Pen, oggi viene ancora percepito come un movimento di destra radicale. Con candidati anche poco presentabili, con passati imbarazzanti e percorsi politici controversi.

Un fattore che ha giocato a favore di una coalizione di sinistra ampiamente impresentabile, che nonostante figure come Melenchon, è riuscita a ottenere consensi per creare uno sbarramento ad una destra considerata ancora non matura all’esercizio del potere. Ora l’onda di fondo della Le Pen che ha più che triplicato i suoi risultati, continuerà a crescere e ciò dovrà portare a delle riflessioni.

Più la politica francese persevera nell’ingovernabilità e nell’incertezza più la consistenza elettorale del RN crescerà. Questa è, quindi, l’ultima occasione per le forze parlamentari moderate di dotarsi di una maggioranza stabile capace di affrontare le sfide economiche, sociali, culturali e politiche del proprio tempo, ma anche di frenare l’evoluzione della destra lepenista. Che seppure ha fatto tanto per dediabolizzarsi ha evidentemente ancora tanta strada da fare…

I rischi di un nuovo bipolarismo imperfetto

FS: Quindi crede che un eventuale bipolarismo sarà in questo quadro sempre un bipolarismo imperfetto?

GC: Certamente. Al momento non credo che in un’ottica bipolare ci siano le condizioni per una vittoria di Marine Le Pen… Le sconfitte del RN sono state tante e questa partita elettorale sembrava propizia per una costituzionalizzazione del RN ma credo che ancora molto servirà per fare assumere ad esso un volto rassicurante e adeguato per ottenere il sostegno dell’elettorato francese.

Ed anzi, il suo progetto di istituzionalizzazione è ancora certamente incompiuto. Io credo che per realizzare una svolta politica, al fine di ristabilire una dialettica Destra-Sinistra, un ruolo cruciale avrà l’area di congiunzione tra il centro classico, Horizons, e la destra gollista dei Les Republicains. Che mi sembra l’unica area da cui può provenire un reale cambiamento. 

I rischi della francesizzazione del sistema italiano 

FS: Una lezione quindi decisiva per il governo italiano a non disperdere le proprie energie in inopportuni scavalcamenti a destra…

GC: Sulla scia di Minzolini credo sia molto importante prestare attenzione alla lezioni delle legislative francesi soprattutto di fronte alla nascita di tentativi di emulazione del Nuovo Fronte Popolare, con la creazione di un “campo largo”. Non solo per quanto riguarda i rischi dell’introduzione di un secondo turno, ma anche rispetto ad aperture a destra sulla scia dei lepenisti.

Credo sia interesse del governo che la presidente Meloni continui a rappresentare quel ruolo costruttivo e moderato in Europa e a livello internazionale, che ha svolto in questi mesi, continuando a guardare all’elettorato centrista, che non digerisce certamente posizioni eccessivamente ambigue e sovraniste. Una lezione per l’Italia da cui la presidente Meloni saprà trarre tutte le riflessioni necessarie.

Bisognerà, quindi, guardare alle istanze del centro, dei liberali e del centro cattolico, per rafforzare una politica conservatrice orientata al mondo moderato, che però non tradisca le sue radici. In questo mandato sarà necessario saldare e rafforzare a livello nazionale il dialogo con Forza Italia, e a livello europeo quello con i Popolari. Soprattutto di fronte alla necessità di costruire una alleanza tra conservatori e popolari, che ritengo necessaria e auspicabile. Una alleanza per cui il raccordo con il vicepresidente Tajani sarà centrale.