Esteri

L'intervista

Liberiamoci da “Via della Seta” e Patto di Stabilità Ue. Parla Giulio Sapelli

Una follia l’accordo con Xi. L’Ue non ha leggi né costituzione, solo trattati ad hoc per favorire il rapporto di potenza franco-tedesco. Cambiamenti dal voto in Turchia

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Le pulsioni neo-golliste di Emmanuel Macron, i limiti e le possibilità di riuscita della mediazione vaticana nel conflitto in Ucraina e la necessità per il governo italiano di non rinnovare il controverso Memorandum sulla “Via della Seta” con la Cina, in scadenza alla fine del 2023, e di spingere per una riforma dell’assetto giuridico Ue. Questi i temi principali della nostra conversazione con l’economista e storico Giulio Sapelli.

L’instabilità francese

TOMMASO ALESSANDRO DE FILIPPO: Prof. Sapelli, che ne pensa delle recenti e reiterate esternazioni “geopolitiche” del presidente francese Macron? Come si inseriscono nel contesto attuale?

GIULIO SAPELLI: La posizione di Emmanuel Macron è da inserire nell’attuale disordine delle relazioni internazionali: il nostro tempo è caratterizzato da leadership deboli, con la mancanza di un equilibrio di forza stabile.

La Russia si è consolidata quale potenza revisionista dell’ordine mondiale, di matrice imperialista. Inoltre, c’è l’ascesa della Cina, potenza demografica ancor prima che economica e profondamente integrata nel mercato capitalistico tedesco sul piano industriale, oltre che in quello finanziario nord-americano nell’ambito della circolazione monetaria e del sistema bancario.

Nella complessità di questo panorama si inserisce la postura della Francia che si ritiene ancora un impero, nonostante abbia perso i mezzi che possano permetterle di essere tale. Parigi vive l’attualizzazione costante del gollismo: la debolezza storica riscontrata dai partiti francesi è dovuta alla mediazione tra il centro e la società periferica – operata dallo Stato e dai prefetti – piuttosto che dai segretari delle fazioni politiche, come accade in altre democrazie.

Tale scenario ha determinato un regime parlamentare incerto, frastagliato e condannato all’instabilità.

La guerra economica di Macron

Macron ha sfruttato questa caratteristica nazionale e tratto consenso dalle ceneri del partito gollista per antonomasia, andato ormai distrutto.

Pertanto, forte di un servizio segreto nazionale molto aggressivo e ben strutturato, cerca di condurre una guerra economica a livello internazionale attraverso una politica di mediazione tra la Russia e la Cina, mal sopportando il duopolio con la Germania, che vorrebbe ridimensionare ambendo ad un controllo monopolistico del continente europeo.

L’Unione europea è semplicemente un velo avvolgente il confronto tra Parigi e Berlino, che se ne contendono il primato. Tuttavia, con l’avvento della nuova aggressività russa per Macron perseguire la propria strategia è diventato alquanto complesso: Putin ha sconvolto l’idea del presidente francese di fungere da ponte tra il capitalismo anglosassone e quello sovietico degli oligarchi.

Il voto in Turchia

TADF: Il risultato delle elezioni in Turchia potrebbe determinare un cambiamento nella scelta delle alleanze e delle modalità con cui Ankara persegue la propria strategia imperiale?

GS: Con le elezioni sicuramente la Turchia vedrà un cambiamento della propria politica interna. Ad esempio, con l’eventuale nuova presidenza assisteremmo ad una veloce autorizzazione dell’entrata della Svezia nella Nato. Il nuovo presidente potrebbe contrattare con le potenze europee e quella americana il rafforzamento del fronte nord dell’Alleanza Atlantica attraverso delle modalità che non compromettano la stabilità di quello del sud.

Saranno anche da osservare eventuali cambiamenti nella strategia di politica mediorientale, ma è presto per parlarne con certezza. L’unico aspetto che mi sento di ritenere sicuro è che le pulsioni imperialiste di Ankara non cesseranno, anche se potrebbero subire un rimodellamento attraverso un netto miglioramento dei propri rapporti geopolitici con gli Stati Uniti ed un peggioramento di quelli con la Russia.

Via dalla “Via della Seta”

TADF: Crede che l’Italia non rinnoverà l’accordo con Pechino sulla “Via della Seta” per non compromettere i rapporti con gli Usa? Il tempismo della nomina del nuovo ambasciatore americano a Roma è da leggere anche in questo senso?

GS: La nomina del nuovo ambasciatore americano a Roma in questo momento è emblematica. Il prescelto è un uomo di stretta fiducia di Joe Biden, eletto nel Delaware e quindi molto legato al capitalismo internazionale, rappresentante degli Usa nell’Ocse.

La mancata nomina dell’ambasciatore fino ad oggi è stata determinata dal prosieguo del Memorandum sulla Via della Seta con Pechino. Trovo molto grave che non ci sia stato un ritiro già nel corso della presidenza di Mario Draghi.

Siamo stati l’unico Paese dell’Ue e del G7 ad aver firmato un memorandum così impegnativo con la Cina, una follia che ha compromesso il nostro prestigio internazionale. Pertanto, ritengo che l’arrivo del nuovo ambasciatore sia dovuto alle rassicurazioni ricevute da Washington sul non rinnovo di questo accordo da parte di Roma.

L’ircocervo Ue

TADF: La riforma del Patto di Stabilità a cui l’Ue sta lavorando rischia di non modificare nella sostanza uno strumento molto dannoso per la nostra economia?

GS: L’Unione europea non ha leggi né Costituzione, ma soltanto trattati creati ad hoc per favorire il rapporto di potenza franco-tedesco nei confronti degli altri Paesi. Fino a quando resteranno in vigore strumenti come il Patto di Stabilità o la trappola per topi chiamata Mes resteremo diretti e governati da ircocervi e mostri giuridici, da cui non potremo liberarci.

L’Italia dovrebbe mettersi alla testa di una riforma dell’assetto giuridico dell’Unione europea ed abbatterne la burocrazia che condiziona le nostre vite.

La mediazione vaticana in Ucraina

TADF: Ritiene realistica una mediazione vaticana nel conflitto in Ucraina, o l’esito della guerra sarà deciso esclusivamente dall’equilibrio militare sul campo di battaglia?

GS: Credo che la mediazione sia cominciata già da tempo, dato che le radici lasciate dal cardinale Casaroli e rinnovate dal cardinale Silvestrini non sono andate smarrite.

Quello che indebolisce molto l’azione negoziale della Chiesa di Roma è la presenza dell’infame trattato in vigore con Pechino sulla nomina dei vescovi: per il prestigio diplomatico internazionale della Chiesa esso rappresenta una macchia che ne danneggia l’immagine.

Tuttavia, credo che nel lungo periodo l’azione della Chiesa potrà favorire dei risultati efficaci anche nel conflitto in Ucraina, ma sarà la storia a determinare quali.