Lucido, tagliente, scomodo. Souad Sbai, giornalista e politica italiana di origine marocchina, da sempre impegnata nella difesa dei diritti delle donne e nella lotta all’integralismo religioso, non usa giri di parole per raccontare il regime iraniano e il prezzo umano che ha imposto al suo popolo.
“L’Iran dei Mullah” (Armando Curcio Editore, 2024) è un viaggio diretto nel cuore di una teocrazia che schiaccia, reprime e manipola. Sbai scrive con precisione chirurgica, senza mai addolcire la pillola: donne, dissidenti, diritti umani – tutto finisce nel tritacarne di un potere che non tollera opposizioni.
Il libro è una cronaca puntuale, dalla rivoluzione del 1979 alla deriva di oggi. Sbai sviscera ogni passaggio: il malcontento contro lo Scià, il trionfo degli ayatollah, la ragnatela di influenze geopolitiche che fa dell’Iran un punto caldo pericoloso. Particolarmente incisiva è l’analisi delle strategie iraniane in Africa e America Latina.
Sbai evidenzia come Teheran abbia consolidato la propria politica estera non occidentale, puntando sull’Africa e ignorando l’Occidente. In America Latina, l’autrice mette in luce i pericolosi legami tra l’Iran e le organizzazioni di narcotrafficanti, come le Farc colombiane e i cartelli messicani Los Zetas e Sinaloa.
È un saggio che fa pensare, ma soprattutto fa arrabbiare. Sbai punta il dito, con nomi e fatti. Nessuna ideologia, solo i fatti brutali di una realtà che molti preferiscono ignorare. Un libro indispensabile per capire il presente, scritto da una voce che non ha paura di farsi sentire. Asciutto, diretto e necessario. Abbiamo rivolto qualche domanda all’autrice.
Le testimonianze dei dissidenti
COSTANTINO PISTILLI: Ha ricevuto testimonianze dirette da dissidenti iraniani durante la stesura del libro?
SOUAD SBAI: Sì, e queste testimonianze sono state fondamentali. Molti dissidenti vivono sotto minaccia costante, anche in esilio, e denunciano come il regime abbia distrutto intere famiglie. Queste testimonianze mi hanno aiutata a raccontare una realtà spesso ignorata dai media internazionali. Anche io ho vissuto anni sotto scorta per il mio impegno, ma continuo a credere che sia un dovere dare voce a chi non può parlare.
CP: Crede che ci siano segnali di cambiamento o il regime è destinato a rimanere stabile?
SS: Quando ho terminato il libro, lo scorso maggio, la situazione era diversa. Da allora, molti eventi hanno scosso il regime, come le eliminazioni mirate di figure chiave di Hezbollah e Hamas. Il malcontento cresce tra gli iraniani, mentre l’economia crolla. Tuttavia, il regime ha radici profonde. I prossimi sviluppi dipenderanno anche da chi guiderà la Casa Bianca, poiché le politiche internazionali potrebbero influenzare notevolmente l’equilibrio in Iran.
Donne lasciate sole
CP: Le proteste delle donne iraniane hanno attirato l’attenzione mondiale negli ultimi anni. Come affronta questo tema nel suo libro?
SS: Questo tema è centrale nel libro. La morte di Jina Mahsa Amini ha scatenato proteste globali, ma purtroppo l’attenzione è sfumata troppo in fretta. Oggi le donne iraniane sono lasciate sole a combattere contro nuove forme di repressione, come il “Piano Noor”, che mira a controllare anche il loro comportamento digitale.
Mentre le proteste continuano, il regime inasprisce le pene, cercando di soffocare ogni forma di dissenso. Dal decennio degli anni ’90, proteste e movimenti hanno mostrato che la popolazione cerca alternative alla rigidità del regime. Purtroppo, molti dissidenti finiscono in carcere, nei cimiteri o in esilio, mentre all’interno del Paese povertà e restrizioni aumentano.
Ruolo destabilizzante
CP: Nel suo libro, analizza il ruolo dell’Iran nelle dinamiche geopolitiche del Medio Oriente. Qual è, secondo lei, l’impatto dell’Iran nella regione?
SS: L’Iran è un fattore destabilizzante. Con i suoi alleati in Libano, Palestina, Iraq, Siria e Yemen, agisce come un elemento corrosivo, sabotando qualsiasi tentativo di costruire stabilità. Questa influenza negativa mina ogni possibilità di pace nella regione. La mancanza di una risposta forte da parte dell’Occidente è stata cruciale.
Mentre il regime opprime il proprio popolo, molti Paesi occidentali continuano a fare affari con i mullah e i Pasdaran, che controllano l’economia iraniana. Inoltre, il supporto militare ed economico da parte di Russia, Siria, Cina e Corea del Nord ha fornito al regime un’ulteriore copertura, anche nelle sedi internazionali come l’Onu, garantendone la sopravvivenza.
Ambiguità dell’Occidente
CP: Quanto ritiene che la comunità internazionale abbia inciso nella questione iraniana? Sanzioni e diplomazia hanno avuto effetti concreti?
SS: La comunità internazionale ha mostrato ambiguità. Da un lato, alcune nazioni europee, come la Germania, mantengono forti rapporti commerciali con l’Iran, che alimentano indirettamente il regime. Dall’altro, ci sono sforzi isolati per limitare la portata di Hezbollah e altre organizzazioni legate a Teheran.
Tuttavia, questi tentativi sono insufficienti a provocare un cambiamento significativo. Spero che “L’Iran dei Mullah” aiuti le persone a comprendere che il regime iraniano non è un problema isolato, ma una minaccia globale. Dall’Asia all’Europa, i tentacoli del regime arrivano ovunque. Mi auguro che i lettori, soprattutto i giovani, prendano coscienza del pericolo e si impegnino a non ignorarlo.
CP: Qual è il messaggio principale che vuole trasmettere con questo libro?
SS: Non voltate lo sguardo. L’indifferenza alimenta la forza dei mullah. Solo prendendo consapevolezza del problema possiamo sperare in un futuro più giusto, non solo per l’Iran ma per il mondo intero.