Le persone che chiedono asilo in Gran Bretagna dopo esserci entrate illegalmente non possono essere trasferite in Rwanda. Il progetto al quale il governo britannico lavora da oltre un anno è stato bocciato dalla Corte Suprema il 15 novembre. La sentenza dà ragione alla Corte d’Appello che lo scorso giugno ha giudicato illegale il piano governativo e dà torto all’Alta Corte che invece nel dicembre del 2022 lo aveva approvato.
L’accordo con il Rwanda
La creazione di un centro di accoglienza per richiedenti asilo all’estero è parte di un piano inteso a fermare gli emigranti illegali che ogni anno, a decine di migliaia, partono dalle coste francesi, attraversano il canale della Manica e, una volta sbarcati, si dichiarano rifugiati, in fuga da guerre e persecuzione. La scelta è caduta sul Rwanda.
Gli accordi stipulati con il governo rwandese nell’aprile del 2022 prevedono che gli emigranti siano ospitati in strutture adeguate, liberi di uscirne e rientrarvi. I richiedenti che otterranno asilo riceveranno per cinque anni dal governo britannico aiuti economici e altre forme di sostegno affinché possano integrarsi nella vita economica e sociale del Paese. Quelli le cui richieste saranno respinte potranno presentare domanda di rimanere in Rwanda ad altro titolo, oppure saranno portati nei rispettivi Paesi di origine o in altri Stati in cui sia consentito loro di risiedere.
Le motivazioni della Corte
Due sono le motivazioni addotte dalla Corte Suprema, illustrate dal suo presidente, Lord Reed. Entrambe riflettono un giudizio fortemente negativo sul Paese scelto, il Rwanda. Un Paese, ha spiegato Lord Reed, può qualificarsi come sicuro solo se non respinge i rifugiati, rimandandoli nello Stato dal quale sono fuggiti, dove la loro vita e la loro libertà sarebbero minacciate. È quanto dispone l’articolo 33 della Convenzione di Ginevra sui rifugiati, pienamente recepito – ha sottolineato Lord Reed – dalla legge britannica. “Se ci sono motivi per ritenere che i richiedenti asilo siano a rischio di respingimento – ha aggiunto – allora non possono essere inviati in Rwanda”.
E i motivi ci sono, secondo la Corte Suprema. La prova sarebbe, ad esempio, secondo informazioni fornite dall’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr), un tasso del 100 per cento di rigetto delle richieste di asilo presentate in Rwanda da parte di persone provenienti da paesi in zone di conflitto note, come Siria, Yemen e Afghanistan, sebbene le autorità britanniche ritengano che tali richieste siano generalmente fondate. Si può parlare di un “apparente malinteso” del Rwanda in merito ai suoi obblighi ai sensi della Convezione di Ginevra – ha concluso Lord Reed – e pertanto il Paese non può considerarsi sicuro.
Inoltre, ed è la seconda motivazione della Corte Suprema, la situazione dei diritti umani in Rwanda è pessima. “La polizia britannica – ha detto Lord Reed – ha dovuto informare i richiedenti asilo che, riallocati nello stato africano, rischierebbero di essere uccisi e desta preoccupazione anche la libertà dei media e della politica. Questo solleva dubbi sulla conformità del Paese agli obblighi internazionali”.
Le reazioni
James Cleverly, che dal 13 novembre sostituisce Suella Braverman nella carica di segretario di Stato, ha difeso il progetto ricordando tra l’altro le recenti iniziative di altri Stati europei: “in tutta Europa, l’immigrazione clandestina è in aumento e i governi stanno seguendo il nostro esempio: Italia, Germania e Austria stanno tutti esplorando modelli simili alla nostra partnership con il Rwanda”.
Dura è stata la reazione del vicepresidente del Partito conservatore, Lee Anderson. Il governo, ha detto dovrebbe “ignorare le leggi” e mandare gli emigranti che attraversano la Manica in Rwanda lo stesso giorno in cui arrivano. Ha definito la sentenza della Corte Suprema un “giorno buio per il popolo britannico”. “Penso – ha detto – che il popolo britannico sia stato molto paziente, lo sono stato anch’io, e ora chiede un’azione. È giunto il momento che il governo dimostri una vera leadership”.
Ruolo decisivo dell’Onu
L’Onu ha svolto un ruolo determinante nella decisione dei giudici della Corte d’Appello perché ha espresso serie preoccupazioni sul fatto che il Rwanda fosse una destinazione adatta per un piano di ricollocazione. Ai giudici britannici ha spiegato che la Gran Bretagna non ha adeguatamente considerato i rischi di ciò che poteva accadere alle persone inviate in Rwanda perché si è affidata alle assicurazioni diplomatiche del governo di Kigali invece di considerare adeguatamente le prove. Secondo l’Unhcr è dimostrato che i funzionari incaricati di gestire i rifugiati in Rwanda prendono decisioni arbitrarie e ingiuste.
Si tratta peraltro di affermazioni del tutto inaspettate, insolite, perché contrastano con l’ottimo giudizio che l’Unhcr e l’Alto Commissario Filippo Grandi esprimono sempre sulla generosità ammirevole dei Paesi africani.
Mai e poi mai l’agenzia Onu per i rifugiati e l’Alto Commissario Grandi avevano espresso giudizi negativi sul modo in cui i Paesi africani, Rwanda incluso, trattano richiedenti asilo e rifugiati. Al contrario, Grandi non perde occasione di portarli a esempio di accoglienza, poveri eppure generosi, disposti a spartire il poco che hanno, evidenziando per contro l’egoismo dei Paesi ricchi. Ma evidentemente stavolta servivano altri argomenti.
Sunak non molla
La determinazione del governo britannico è garanzia che il contrasto all’emigrazione illegale continuerà. Il primo ministro Rishi Sunak in un primo comunicato ha ribadito la ferma volontà del suo governo di fermare gli sbarchi e ha aggiunto che la Corte Suprema ha espresso un giudizio sulla riallocazione in Rwanda dei richiedenti asilo, ma ha sostanzialmente confermato che il principio di trasferire gli emigranti illegali in un Paese terzo sicuro è legale e quindi che fin dall’inizio il governo ha avuto una posizione corretta.
“L’immigrazione illegale – ha detto – distrugge vite umane e costa ogni anno milioni di sterline dei contribuenti britannici. Dobbiamo mettere fine a questo e fare tutto il necessario per riuscirci. Quando la gente sa che se arriva qui illegalmente non potrà restare, smetterà di venire e noi fermeremo le imbarcazioni”. “Non permetterò che un tribunale straniero blocchi questi voli”, ha aggiunto riferendosi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Ha poi annunciato che nei prossimi giorni sarà presentato in Parlamento un nuovo testo che fornirà le “necessarie rassicurazioni” e che il governo sta già lavorando ad un nuovo accordo con il Rwanda alla luce della sentenza. Ha anche detto di aver parlato con il presidente rwandese Paul Kagame. “Abbiamo ribadito il nostro fermo impegno a far funzionare la nostra partnership sulla migrazione. Pur delusi dal risultato, prenderemo le misure necessarie per garantire di fermare le barche”.