Esteri

Macron, l’orgia del potere: pronto a tutto pur di restare altri due anni

Lo spettacolo di un capo di Stato elettoralmente sconfitto, tattico esasperato e privo ormai di qualsivoglia strategia. Come il mondo finisca con lui

Senna Macron (2) © DenisKuvaev tramite Canva.com

Avevamo lasciato Emmanuel Macron lo scorso 14 giugno, alla vigilia delle elezioni per il rinnovo della Assemblea Nazionale, descrivendolo già certo di perdere male le elezioni, ma speranzoso che né destra, né sinistra avrebbero conquistato la maggioranza assoluta. Concludevamo: “in tal caso, Macrone punta a manovrare in Parlamento, alleandosi con una delle due parti – non necessariamente quella che avrà quasi-vinto”. Sfortunatamente, la sua speranza si è inverata e la manovra parlamentare è già iniziata. Oggi, tocca vaticinarne la realizzabilità.

Lo stallo politico

Tre sono i raggruppamenti, dentro l’Assemblea Nazionale: la sinistra che ha quasi-vinto (NFP-Nuovo Fronte Popolare), il centro neo-macronico (ENS+LR), la destra di Marine Le Pen (RN).

La sinistra che ha quasi-vinto, chiede l’incarico a formare il nuovo governo per tale Lucie Castets (un tecnico d’area, mai candidata al Parlamento). Ma Macrone pretende di incaricare un governo con una maggioranza (“la domanda è: quale maggioranza può emergere nell’Assemblea affinché un governo francese possa approvare riforme, approvare un bilancio e far avanzare il Paese?”).

Il che significa che egli rifiuta di offrire alla sinistra l’astensione dei propri deputati (“sarebbe sbagliato dire che il NFP abbia la maggioranza, qualunque essa sia”), in caso di mozione di sfiducia (detta mozione di censura, in Francia, dove non esiste la mozione di fiducia).

Tale rifiuto escluderebbe pure che l’incarico a formare il nuovo governo venga affidato ad un centrista macronico, a meno che a quest’ultimo non sia preliminarmente garantita la benevola astensione della sinistra o della destra. Per garantirsi l’una o l’altra, nei giorni scorsi Macrone ha lanciato tre segnali.

Dioniso sulla Senna

Il primo verso sinistra, con la cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi. Uno spettacolo apertamente blasfemo contro Gesù Cristo e contro la fede dei cristiani – e particolarmente dei cattolici, come chi scrive -, non solo in quanto certamente irrisione della Ultima Cena (confermano Libération, Mélenchon, il Comitato Organizzatore, il tipo con la barba bianca e le tette, l’obesa in blu al centro). Peggio, il puffo blu ha fornito una lettura vera (“in mezzo ai 12 apostoli, interpretati dalle drag queen, Philippe Katerine, dipinto di blu, rappresentava il cibo di quest’ultimo pasto – corpo di Cristo – prima della crocifissione”), che sconfina nell’orfismo: miglia e miglia oltre la semplice blasfemia.

Per Macrone, certamente un modo di dire alla sinistra dei cd nuovi diritti civili: “io sono uno di voi”. Non a caso, respinto dal capo della sinistra dei diritti sociali, Mélenchon: “mi chiedo: perché rischiare di ferire i credenti? Anche quando siamo anticlericali!”. Domanda retorica.

Amore col Marocco

Il secondo segnale Macrone lo ha lanciato verso destra, con il quasi-riconoscimento della sovranità del Marocco sul Sahara Occidentale e la conseguente crisi diplomatica con l’Algeria. Una decisione certamente molto male accolta a sinistra (Verdi, Comunisti, Socialisti e, pur con prudenza, LFI) e molto ben accolta a destra (Le Pen, Ciotti, Marianini).

Il fatto è che la sinistra francese è legata all’Algeria, per ragioni di tradizione politica (risalenti alla guerra d’indipendenza) ed elettorali (in ragione del forse milione e ottocentomila franco-algerini di seconda o terza generazione, mentre i franco-marocchini sono meno di numero e meno compatti a sinistra).

Al contrario, la destra francese è legata al Marocco, per ragioni di tradizione politica (le stesse della sinistra, ma speculari), elettorali (l’ostilità aperta degli algerini in controllo delle grandi moschee francesi) e, soprattutto, di politica immigratoria: mirando, anzitutto, alla abolizione degli accordi franco-algerini del 1968, che molto facilitarono l’immigrazione da quel Paese (anche se oggi molto meno). Nel contempo, affettando una coloniale indifferenza verso la inevitabile reazione.

Per Macrone, certamente un modo di ribadire alla destra: “sull’immigrazione, io sono uno di voi”. Non a caso, avviato al G7 di Bari – come ha rivelato ieri il ministro degli esteri algerino -, cioè all’indomani della grande vittoria del RN alle elezioni europee.

Fuori dalla Costituzione

Il terzo segnale Macrone lo ha lanciato verso entrambe, sinistra e destra, producendo il detto quasi-riconoscimento con autocratico imperio, dopo aver dimissionato il governo ormai in carica per la sola ordinaria amministrazione. Dalla quale, una simile mossa diplomatica esula certamente.

Per Macrone, certamente un modo di dire alla sinistra ed alla destra: “pure senza il vostro appoggio, comando io”. Sullo sfondo lasciando intravvedere il fantasma dello stato di emergenza – potere del quale il presidente della Repubblica francese è ampiamente dotato -, ma intravvedere soltanto, per ora.

Conclusioni

Vedremo, se e come tali tre segnali consentiranno a Macrone di conquistare l’astensione dei deputati della sinistra, o della destra. Pur augurandoci che no.

Nel frattempo, osserviamo costernati lo spettacolo di un capo di Stato elettoralmente sconfitto, tattico esasperato privo ormai di qualsivoglia strategia, che è disposto a tutto: a promuovere rituali orfici e sputare in faccia al Buon Dio, a gettare l’Algeria nelle braccia dell’Italia, a sputare in faccia alla propria Costituzione. A tutto, pur di restare altri due anni al potere, come il mondo finisca con lui.