A pochi giorni dalle elezioni presidenziali del 28 luglio, il Venezuela è travolto da tensioni politiche e censure mediatiche. Il presidente Nicolás Maduro ha minacciato un “bagno di sangue” se non verrà rieletto durante un evento elettorale a Caracas. “Il destino del Venezuela dipende dalla nostra vittoria il 28 luglio. Se non volete che il Venezuela cada in una guerra civile fratricida, garantiamo il più grande successo nella storia elettorale del nostro popolo,” ha dichiarato.
Censura
Nel frattempo, le autorità venezuelane hanno oscurato cinque portali di media indipendenti: El Estimulo, Runrunes, Medianalisis, Tal Cual e Analitica. Da lunedì, questi siti non sono più accessibili attraverso i principali fornitori di internet del Paese, un atto che rappresenta un grave attacco alla libertà di informazione. Anche il sito della ong VE sin Filtro, che denuncia la censura nel Paese da dieci anni, è stato oscurato. Gli operatori della ong affermano inoltre di aver documentato altri quattro casi di blocco di siti web di media e di un’altra ong dall’inizio della campagna elettorale, il 4 luglio, in vista delle presidenziali di domenica.
Diritto di voto negato
Maduro, in corsa per un terzo mandato, appare 13 volte sulla scheda elettorale, rappresentando altrettanti partiti politici. Questa predominanza visiva complica ulteriormente la sfida per l’opposizione, già svantaggiata dalla chiusura dei media indipendenti e dalla mancanza di accesso ai media ufficiali.
Inoltre, la campagna elettorale è caratterizzata da episodi di violenza e intimidazioni. Maria Corina Machado, leader dell’opposizione, ha denunciato un attacco contro il suo team a Barquisimeto, con atti di vandalismo e sabotaggio dei freni delle auto che accompagnavano un suo corteo. Machado ha avvertito che, in caso di sconfitta, Maduro potrebbe insistere nel rimanere al potere, aggravando la crisi migratoria che ha già costretto milioni di venezuelani a fuggire dal Paese.
Degli otto milioni di venezuelani che vivono fuori dal loro Paese, circa cinque milioni sono maggiorenni e dovrebbero poter votare alle elezioni, ma solo 69mila sono autorizzati a farlo, ha spiegato all’EFE Estefania Parra Anselmi, coordinatrice internazionale di Voluntad, agenzia popolare e membro del comando che riunisce gli oppositori residenti in Spagna.
La Piattaforma di coordinamento interagenzia per rifugiati e migranti del Venezuela dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (IOM) afferma che ci sono 2,9 milioni di rifugiati e migranti venezuelani in Colombia, il che colloca questo Paese come l’epicentro regionale dell’esodo venezuelano.
Buona parte di questa popolazione spera che le elezioni del 28 luglio portino un cambiamento nel proprio Paese, anche se molti non potranno votare a causa delle difficoltà di registrazione e degli alti costi per ottenere documenti come un passaporto valido, che permette di votare all’estero. La Spagna è il Paese europeo che accoglie il maggior numero di migranti venezuelani, compresi molti leader dell’opposizione che hanno lasciato il Venezuela negli ultimi anni.
Situazione disastrosa
La presidenza di Maduro, iniziata nel 2013, ha coinciso con un grave peggioramento della situazione socioeconomica del Venezuela. La corruzione dilagante, le politiche economiche fallimentari e la diminuzione del prezzo del petrolio hanno portato a un aumento della criminalità, dell’inflazione, della povertà e della penuria di generi alimentari.
Le proteste di piazza sono diventate sommosse quotidiane dal 2016. Oggi, il futuro del Venezuela è in bilico tra la possibilità di un cambiamento politico e il rischio di una crisi ancora più profonda se Maduro dovesse insistere nel mantenere il potere.