Abbiamo visto la promozione della analisi di sostenibilità del debito a strumento del nuovo Patto di Stabilità e Crescita (SGP) e, contemporaneamente, a strumento del Nuovo Trattato Mes (NTM). Ed i problemi che essa comporta, per l’Italia. Oggi vedremo il dibattito italiano.
Tria e le metodologie “non pubbliche”
La prima voce italiana che ascolteremo è quella di colui che condusse la trattativa del NTM, il ministro Giovanni Tria. In generale, a lui non piace la analisi sulla sostenibilità, poiché produrrebbe “una graduatoria di rischiosità del debito. E questo, per l’Italia, è sempre stata una linea rossa. C’è un rischio evidente”.
Ma, poi distingue. Lo SGP non gli piace, in quanto la analisi sulla sostenibilità “diviene pubblica. E questo finirà per avere un impatto sui mercati finanziari e sulla reputazione del singolo Paese”.
Mentre, al contrario, il NTM gli piace (“dal mio punto di vista … si sarebbe potuto ratificare subito”) in quanto, secondo lui, di pubblico ci sarebbe poco: “ho strenuamente difeso questo principio durante le fasi più accese della negoziazione della riforma del Mes, da me condotte in quanto ministro. Riuscimmo ad evitare che fosse definita e pubblicata una metodologia di analisi della sostenibilità da parte del Mes che sarebbe poi stata messa a disposizione di tutti gli operatori finanziari. Questo avrebbe inevitabilmente finito per creare un’instabilità indotta nei mercati finanziari”.
Cioè, la analisi sulla sostenibilità è male (anzi, è una linea rossa) solo se viene condotta secondo una metodologia trasparente, mentre è bene se vengono pubblicati solo i risultati e, sul come ci sia arrivati, tutti debbono tirare ad indovinare.
Laddove, non ci capacitiamo di come il ministro possa ignorare che, nel NTM, non sta scritto che la metodologia della analisi di sostenibilità, svolta per prepararsi internamente, debba poi restare segreta. Infatti, quando il Trattato, a proposito di altro argomento, vuol scrivere “su base … riservata” (c12-NTM), lo scrive … ma qui non lo scrive.
Anzi, in relazione alla analisi di sostenibilità successiva ad una richiesta di credito, sta scritto: “sostenibilità del debito e capacità di rimborso saranno valutate all’insegna della trasparenza e della prevedibilità, al contempo consentendo una sufficiente discrezionalità” (c12A). Ma, perché l’analisi sia prevedibile, la metodologia di analisi deve essere già conosciuta. E, discrezionalità non significa essere discreti, bensì avere margine analitico di manovra.
Manifestamente una scempiaggine, sicché non stupisce essa sia accompagnata da una chiamata in correo: “ho chiamato Conte alla fine del negoziato. E da giurista non ha potuto che accettare le mie rassicurazioni da economista”.
In altri termini, Tria è formalmente coerente, ma sostanzialmente incoerente. Per essere anche formalmente coerente egli, che ha negoziato il NTM, dovrebbe ammettere di aver combinato un disastro. È umanamente comprensibile egli esiti a farlo. Ma, politicamente, la incoerenza di chi ci ha governati nel passato, è conclamata.
Bini Smaghi e le metodologie pubbliche
La seconda voce italiana che ascolteremo è quella di Lorenzo Bini-Smaghi. Egli si lamenta dello SGP: non gli piace, poiché la analisi di sostenibilità sarebbe troppo poco e non troppo trasparente, “non c’è trasparenza sui criteri che verranno usati dalla Commissione per indicare le traiettorie. Si sa che verrà effettuata un’analisi di sostenibilità per decretare la plausibilità della riduzione [del debito, ndr]. Ma questo strumento è molto complesso e poco trasparente: richiama al caso della Grecia del 2010-2012”.
Eppure, in altra sede, lo stesso Bini-Smaghi è capace di sostenere l’esatto contrario a proposito del NTM: “l’Italia aveva ottenuto quello che aveva chiesto. Cioè, che venissero tolti dalle proposte iniziali alcuni aspetti che potrebbero essere un po’ pericolosi, dal punto di vista della reazione dei mercati finanziari. Cioè, il ministro Tria aveva negoziato bene”. Come si vede, formalmente il fiorentino sta dicendo che i criteri per la analisi di sostenibilità debbono essere trasparenti (contro l’opinione di Tria) nel caso dello SGP e segreti (in coerenza con Tria) nel caso del NTM.
Ma sarebbe una contraddizione formale flagrante. Talmente flagrante che preferiamo interpretare: è come se Bini-Smaghi condividesse la nostra obiezione a Tria, cioè non è vero che l’analisi di sostenibilità del NTM sia segreta. Bini-Smaghi sbugiarda Tria.
Il partito francese
Come Bini-Smaghi la pensano a Parigi: a loro, va benissimo l’analisi di sostenibilità nel NTM, ma va benissimo pure nello SGP. Una posizione coerente, ancorché ostile agli interessi italiani. Sicché, le obiezioni del governo italiano, viste nello scorso articolo come lamentate da Reichlin, possono essere intese quali obiezioni al governo francese.
La tattica di quest’ultimo è semplice: se Roma si arrenderà sull’analisi di sostenibilità nel NTM, allora non avrà più senso continui a resistere sull’analisi di sostenibilità nello SGP. Dopodiché, Parigi potrà dedicarsi a cercare un difficile compromesso sullo SGP con Berlino. Perciò, obiettivo prioritario francese è che Roma ratifichi il NTM.
Il tutto avviene con la simpatia ed il sostegno del partito francese. Il cui motto dobbiamo a Cottarelli: “se una ristrutturazione [del debito, ndr] è necessaria, almeno sia rapida” (qui) e “come italiani noi, chiaramente, stiamo coi francesi” (qui). Della Reichlin abbiamo detto. Le citazioni di Bini Smaghi, Franco Bruni e del Fubini che seguono, vengono da un loro dibattito moderato da Enrico Cisnetto, se non altrimenti specificato.
Far la figura dei babbei
Il primo argomento del partito francese è negoziale: dobbiamo ratificare quell’orrore del NTM prima perché, così, negozieremo un NTM migliore poi.
L’idea potrebbe essere stata del nuovo dg del Mes, il lussemburghese Pierre Gramegna. Giunto a Chigi in gennaio, ha proposto a Giorgia Meloni “possibili correttivi volti a rendere il Mes uno strumento effettivamente capace di rispondere alle esigenze delle diverse economie”.
Concetto poi tradotto dal Fubini: “potrebbe funzionare non più solo come fondo salva-Stati, ma da strumento di stabilizzazione, che aiuti i governi dell’euro a … garantire il debito pubblico … quando si indebitano per finanziare investimenti”. Al lussemburghese si sono idealmente aggiunti Bordignon, Scinetti e Scutifero, per i quali “sul Mes … si dovrà sicuramente tornare, ma si tratta chiaramente di un tema per il futuro”; nonché Buti e Vitali, i quali propongono di “procedere adesso alla ratifica del Mes e iniziare subito a operare per aprire un negoziato sul suo adeguamento”. Roba che eravamo abituati ad ascoltare quando a Chigi sedevano Conte e Tria, Conte e Gualtieri, Letta e Saccomanni.
Molto recentemente, il lussemburghese ha scoperto le carte: “siamo pronti e disposti a fare questo studio e ad usare il potenziale del nuovo trattato”. Costringendo la Repubblica a precisare: “qualcosa di più sfumato, di fatto una disponibilità ad approfondire i contenuti della riforma per metterne in evidenza alcuni aspetti che, almeno potenzialmente, potrebbero attirare l’attenzione delle forze di maggioranza in Italia”. Tradotto: niente.
Sulla assurdità manifesta di tale proposta già avevamo scritto, commentando certe sfortunate espressioni di Meloni: “le verrà risposto che chi ratifica accetta. Che, se non le andava bene, poteva pensarci prima. Chi, insieme, firma un contratto capestro e ne chiede uno diverso, si incapretta. E fa pure la figura del babbeo”.
Pagare cammello senza vederlo
V’è una variante dello stesso argomento negoziale, un poco più raffinata: dobbiamo ratificare quell’orrore del NTM prima perché, così, negozieremo meglio qualcos’altro poi.
Cosa? Bini-Smaghi è vago: “sicuramente in prospettiva c’è un problema, perché sono in ballo altri negoziati, altre discussioni, altre occasioni in cui l’Italia avrà bisogno di chiedere il sostegno di alcuni altri Paesi. Ovviamente, per esempio, le nomine alla Bce forse in autunno in funzione anche della nomina del successore di Visco in Banca d’Italia e una serie di altre cose”.
Ma poi Franco Bruni afferma di far proprio un concetto che dice appartenere a Bini-Smaghi: “togliamo un ostacolo al tavolo in cui possiamo ancora discutere il Patto di Stabilità … c’è spazio per arrivare a qualche buon risultato … se lo facciamo subito con la dovuta eleganza … se riusciamo in qualche modo a rientrare in gioco con un sì abbastanza dignitoso, a questo punto poi, probabilmente, avremo un vantaggio anche nel proseguo delle discussioni sul Patto”.
Tradotto, propongono di pagare cammello senza vedere cammello. Nel più tradizionale stile dei negoziatori del partito francese: testimone la unione bancaria, quando cedemmo a Bce la supervisione delle nostre banche, senza avere in cambio l’assicurazione unica sui depositi. E fa ridere leggere Marattin che, in separata sede, dopo aver definita impossibile ogni trattativa, suggerisce a Meloni di concedere non solo il NTM ma pure “regole fiscali più cogenti” … in cambio di quella stessa assicurazione unica sui depositi che il partito francese già ci ha fatto pagare con la supervisione delle nostre banche.
Il problema di tutti loro è che Meloni pare abbia mangiato la foglia.
Il partito francese va ai matti
Ciò manda ai matti il partito francese, abituato com’è ad avere a che fare con economisti come Tria e giuristi come Conte. Di qui, una serie di argomenti scomposti.
Primo esempio, secondo Cisnetto: “l’Europa sul Mes potrebbe procedere senza l’Italia”. Invero manco per niente, giacché: “Il presente accordo modificativo è soggetto a ratifica, approvazione o accettazione da parte dei firmatari” (4-NTM emendativo) e “Il presente accordo modificativo entra in vigore alla data di deposito degli strumenti di ratifica, approvazione o accettazione da parte di tutti i firmatari” (5-NTM emendativo).
Secondo esempio, per Bini-Smaghi: “i patti sono i patti … l’Italia deve dimostrare di essere un Paese maturo, ratificando in Parlamento quello che si era impegnata a fare, anche se era con un governo precedente”. Invero, i patti non sono patti, finché non vengono ratificati dal Parlamento (80-Cost).
All’uopo, uno studiolo del Parlamento Leuropeo cita la Convenzione di Vienna: “il consenso di uno Stato ad essere obbligato da un trattato si esprime attraverso la ratifica: quando il trattato prevede che tale consenso si esprima attraverso la ratifica” (11 e 14-CV). E, purtroppissimo, il NTM proprio quella prevede, come abbiamo appena visto.
Nel gergo di quella nobile famiglia fiorentina, l’annichilimento del Parlamento lo chiamano credibilità. Così la di lui moglie: “per far sentire la propria voce è necessario essere affidabili … dimostrando di essere un Paese credibile, che rispetta gli impegni presi, come nel caso del Mes”. Ma persino Bruni: “diciamo subito sì al Mes, senza storie … Perché noi dobbiamo conquistarci ancora parecchia fiducia in Europa”.
Lasciare le cose come stanno
Terzo esempio, quello del Fubini: Meloni “vuole aspettare le europee per risolvere tre partite che pesano sull’Italia: uno è il Patto di Stabilità, l’altra è la questione del Mes, e la terza e più importante di tutti forse è quella del Pnrr. Cioè, vorrebbe cambiare la maggioranza che sostiene la Commissione europea, contare molto di più sulla prossima Commissione … Che vuole dire più anni per applicare il Pnrr, un Patto di Stabilità più tollerante e meno pressione, oppure i cambiamenti del Mes prima di approvarlo. Questo è quello che vuole”.
Tuttavia, secondo lui, l’idea di Meloni non sarebbe realistica, in quanto “se ci sarà bisogno di un allargamento sarà … non a vantaggio dei conservatori e a esclusione di tutti gli altri”. Argomento deboluccio, visto che Meloni passerebbe dal non esserci all’esserci.
Soccorre Bini-Smaghi: “questo tipo di maggioranza che cercherebbe la Meloni … sarebbe una maggioranza molto più rigorosa, con molti più vincoli per ridurre il debito”. Secondo argomento deboluccio, visto che una Bruxelles più rigorosa sarebbe una ragione in più per lasciare SGP e Mes come stanno oggi.
Aggiunge il Fubini: “è troppo lontana nel tempo. Il Patto di Stabilità si negozia prima, il Pnrr va in stallo prima, e la ratifica del Mes va fatta prima”. Terzo argomento deboluccio, buono solo per quelli che pensano bene del Pnrr, sbagliandosi di grosso.
Infatti, Giulio Tremonti si mostra sereno: “il passaggio si faccia dopo le elezioni europee”. Facendo fremere un Cottarelli disposto a tutto pure di salvare l’analisi di sostenibilità: “non credo proprio che i Paesi del Nord possano accettarlo”. Ma che lasciare le cose come stanno sia idea tutt’altro che peregrina, lo spiega Lucrezia Reichlin: l’Italia preferisce “restare ancorata ad un sistema che era stato così rigido in linea di principio, da rivelarsi flessibile nella realtà”.
Favole da altri pianeti
Per estendere il concetto dallo SGP al NTM, basterebbe quel poco di onestà intellettuale che sembra far difetto al partito francese. Ad esempio, a Romano Prodi, per il quale la mancata ratifica non avrebbe fondamento: “è una cosa surreale, perché è una scommessa a perdita zero: se non lo vogliamo usare, non lo usiamo”. Come se egli ignorasse il testo del NTM. Come vivesse su un altro pianeta.
E che dire del Cisnetto che cicaleggia: il NTM “allarga la platea dell’opportunità dell’uso di quelle risorse”. Come anch’egli ignorasse il testo del NTM. Come vivesse sulla Luna.
E che dire del Bini-Smaghi che ciarla: per le banche “c’è bisogno del bazooka che ha usato Biden, con delle garanzie, delle ricapitalizzazioni. Che la stessa Svizzera ha anche dato. E che l’Europa, senza il Mes, non potrebbe dare”. Come egli non sapesse che la Svizzera nel solo Credit Suisse ci ha messo 200 miliardi … mentre il NTM consentirebbe di erogare in tutta l’Eurozona la miseria di 68 miliardi. Come egli vivesse sul Pianeta Marte.
Come egli ignorasse che il Mes lo potrebbe fare solo dopo un bail-in (cioè, solo nel caso impossibile che a salvare le banche non sia stato sufficiente il completo esproprio degli azionisti, dei creditori e dei medio-grandi correntisti). Come egli vivesse sul Pianeta Giove.
Come sua mamma non lo avesse avvertito che, nel contesto della approvazione del Nuovo Trattato Mes, l’Italia si impegna pure a votare una “delibera del Consiglio dei Governatori per l’annullamento della DRI”, cioè dello strumento di ricapitalizzazione diretta delle banche (come abbiamo spiegato qui): strumento ad oggi ancora in vigore e, per l’Italia, assai più favorevole del backstop che lo sostituisce. Con immensa gioia dei tedeschi. Come egli vivesse sul Pianeta Saturno.
E che dire del Bini-Smaghi che minaccia: “se per caso ci trovassimo in una situazione di nuovo di crisi e non si può utilizzare il Mes per il veto dell’Italia, beh qui sarebbe una crisi diplomatica abbastanza eccezionale”. Seguito d’appresso dal Fubini: “gli altri governi trovano il veto italiano un fastidio evitabile; ma non così importante, almeno fino alla prossima crisi bancaria, quando la rete di sicurezza del Mes potrebbe servire”. Come vivessero sul Pianeta Urano.
E che dire del Bini-Smaghi che nasconde la testa sotto la sabbia: “le critiche che vengono fatte al Mes già si applicano a quello che c’è ora”. Come se il NTM fosse stato fatto per divertimento. Come egli vivesse sul Pianeta Plutone.
Infine, che dire del Fubini che, da Cisnetto, si produce nell’ultimo fuoco d’artificio: “l’Europa dovrà avere … politiche pubbliche di sostegno della domanda e di investimento molto più forti”. E queste ultime vorrebbe avere mentre firma il NTM, che ci consegna a gente come Zettelmeyer, il capo di Brugel il quale al suo giornale ha detto: l’Italia deve “dire all’Ue mi dispiace, ma non possiamo fare gli investimenti … è necessaria una riduzione molto significativa del deficit nei prossimi anni”. Manifestamente, il Fubini vive fuori dal sistema solare.
Conclusioni
L’incoerenza di chi ci ha governati nel passato, è conclamata. Mentre il partito francese è ormai ai matti: i suoi esponenti si inventano esperti negoziatori, pronunciano argomenti scomposti, si espongono con vere e proprie favole.
Cedendo, Meloni getterebbe al vento una vittoria non più irraggiungibile.