Di fronte ad un rapporto profondamente turbolento e spigoloso e uno scenario politico ricco di complesse evoluzioni occorre riflettere su come cambierà e sta cambiando il ruolo della Nato e su come evolveranno i rapporti transatlantici. A questo fine abbiamo intervistato l’ambasciatore Gabriele Checchia, presidente del Comitato strategico del Comitato Atlantico Italiano e direttore per le relazioni internazionali della Fondazione Farefuturo, già ambasciatore italiano in Libano, presso la Nato e presso l’Ocse/Esa/Aie a Parigi.
Una Nato “transazionale”
FRANCESCO SUBIACO: Come cambierà il ruolo della Nato durante la presidenza Trump?
GABRIELE CHECCHIA: Credo che siamo di fronte ad un cambiamento di paradigma nelle relazioni atlantiche che porterà verso una Nato con un approccio più “transattivo” e “negoziale”. Dove gli Stati Uniti non saranno più disposti a farsi carico maggioritariamente del peso delle spese dell’Alleanza e chiederanno agli europei di assumersi maggiori oneri.
Assistiamo, quindi, ad una evoluzione verso un approccio negoziale in cui sarà fondamentale una divisione dei compiti con i partner europei. Un paradigma ribadito anche dal segretario alla difesa Pete Hegseth mercoledì 12 febbraio a margine dei lavori della ministeriale Nato. Hegseth ha infatti affermato che agli europei spetterà sia la tutela della sicurezza dell’Ucraina, che la difesa dei confini orientali dell’Ue nel lungo periodo, in vista di una tregua o di una eventuale pace nella guerra con la Russia.
Un impegno che renderà necessario un aumento sostanziale delle spese per la difesa. Hegseth in maniera un po’ brutale e franca ha, infatti, ribadito che la Nato “non è un club di diplomatici”, ma che deve diventare “più forte e letale”. Sottolineando, in questo modo, l’importanza della dimensione militare, seppur subordinata alla dimensione politica e civile, dell’Alleanza.
Ci avviamo, quindi, verso un orizzonte in cui gli Stati Uniti, detentori dell’ombrello nucleare, si concentreranno soprattutto sulla scacchiera dell’Indo-Pacifico, mentre gli stati europei dovranno svolgere il loro compito di deterrenza continentale come secondo pilastro dell’Alleanza Atlantica. Si tratta però di un dialogo e un rapporto tra Washington e gli stati europei ancora in una fase iniziale e di cui dovremo attendere gli sviluppi successivi.
FS: Vede quindi un orientamento favorevole da parte degli apparati atlantici?
GC: Certamente. In questo senso sono significative le aperture e i commenti positivi del segretario generale della Nato, Mark Rutte sull’azione della presidenza Trump e sulla funzione di dialogo pragmatico promossa dall’amministrazione statunitense. Credo che oggi l’azione di Trump potrà favorire, in questo modo, un maggiore adattamento della Nato alle sfide del futuro. Magari con una minore enfasi valoriale, ed una maggiore attenzione sugli aspetti negoziali, però mantenendo invariata la sostanza del proprio mandato.
Approccio pragmatico e multilaterale
FS: Come commenta i contatti telefonici tra Trump e Putin?
GC: Il colloquio telefonico tra i due capi di Stato ha mostrato, a mio avviso, il forte cambio di rotta della presidenza Trump rispetto all’approccio Biden, facendo emergere tramite una bussola realista e pragmatica dei timidi spiragli per una dignitosa trattativa sulla guerra in Ucraina. Un’azione, sia del presidente che della sua amministrazione, che è stata tra l’altro commentata positivamente anche da esponenti autorevoli del panorama internazionale e statunitense.
Tanto il ministro Antonio Tajani – che ha salutato con favore il fatto che Russia e Usa si parlino a livelli di vertice – quanto un illustre politologo come Charles Kupchan – già ottimo consigliere per la sicurezza di Barack Obama – hanno, infatti, riconosciuto i meriti dell’approccio pragmatico di Trump nella gestione dello scenario ucraino.
Kupchan, inoltre, ha elogiato il realismo del Potus e apprezzato l’onestà di Hegseth nel riconoscere che l’Ucraina purtroppo non vincerà la guerra e non riconquisterà il territorio detenuto dalla Russia. Oltre che ad ammettere che “è stato un errore da parte di Bruxelles promettergli l’ingresso nell’Alleanza quando non c’è alcun consenso sul fatto che possa mantenere questa promesse”.
Contro le ipotesi di un dialogo esclusivamente diretto e personalistico con la Russia, Trump ha dimostrato, invece, di saper organizzare una gestione realmente multilaterale dello scenario ucraino. Coinvolgendo in questi processi – sia in prima persona che tramite i membri della sua amministrazione – gli europei e l’Ucraina. Un merito commentato positivamente dallo stesso Kupchan in una sua recente intervista che smentisce i pregiudizi sul personalismo e i presunti abbagli nel trascurare l’Europa del presidente statunitense…
Il ruolo dell’Europa
FS: Come evolverà alla luce di questo scenario il ruolo degli europei?
GC: Assistiamo ad una fase molto fluida in cui l’Europa sarà chiamata a svolgere un ruolo profondamente importante specie nella creazione di una forza di interposizione formata dai Paesi europei e anche di contingenti extra-Nato (dalla Corea del sud alla Cina), capaci di garantire la credibilità e la legittimità della zona cuscinetto.
Un compito in cui – come ha lasciato intendere il ministro Guido Crosetto – l’Italia potrebbe svolgere un ruolo chiave. Anche se a tal fine l’aumento delle spese militari (magari favorendo la scorporazione delle spese Nato dal Patto di Stabilità) sarà fondamentale soprattutto per difendere la credibilità e la sicurezza dell’Ucraina.
Meloni e i rapporti transatlantici
FS: Di fronte ad un rapporto transatlantico spigoloso come quello attuale che ruolo potrà svolgere il presidente Meloni e il governo italiano?
GC: Penso che l’Italia di Meloni ha tutte le carte per ritagliarsi un ruolo di prima fascia in questo scenario scenario particolarmente convulso.
FS: Meloni quindi potrebbe svolgere un ruolo di ponte tra Usa e Ue?
GC: Mi sembra una possibilità concreta, seppur di non facile attuazione. Anche perché da un lato Meloni vuole coltivare e rafforzare il suo rapporto con Trump e allo stesso tempo non può sbilanciarsi troppo verso le aspettative americane, con un appiattimento degli europei sulle richieste di Washington.
Meloni però a mio avviso è la figura adatta per svolgere questo ruolo di equilibrio con grande carisma e competenza. Anche perché ha già dimostrato in passato di essere dotata di grande equilibrio, come, ad esempio, con la nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente della Commissione europea.
Oggi Meloni e il governo italiano godono, inoltre, di grande credibilità sulle due sponde dell’Atlantico e potrebbero utilizzare questa credibilità per realizzare una pace commerciale pragmatica tra Stati Uniti ed Europa.
Non sono, quindi, d’accordo con chi dice che Meloni è troppo sbilanciata verso le istanze del presidente Trump. Ed anzi le posizioni del governo italiano – anche tramite l’azione dei ministri Adolfo Urso e Antonio Tajani – hanno ribadito la vicinanza del nostro esecutivo alle istanze degli europei. Specie per quanto riguarda la difesa della competenza esclusiva della Commissione europea in materia commerciale. I ministri Urso e Tajani, in questo senso, hanno ribadito il loro impegno per cercare una posizione compatibile per tutti i partner della Ue al fine di trovare una mediazione equa e ragionevole per scongiurare una guerra commerciale che aprirebbe le strade solo ai nostri rivali.
Un cambiamento di epoca
FS: Come si potrebbe pacificare il rapporto transatlantico?
GC: Sicuramente cercando una maggiore reciprocità commerciale. Magari tramite maggiori acquisti degli europei per quanto riguarda l’energia e la difesa nel mercato americano oltre che con qualche concessione in materia di liberalizzazione dei mercati europei in settori specifici. Attenuando così le preoccupazioni statunitensi.
Trump ha quindi introdotto un cambio di paradigma che come aveva detto Scholz conferma che non siamo di fronte ad un epoca di cambiamento ma di fronte a un cambiamento di epoca. Una contesto nuovo in cui l’Italia mi sembra solidamente inserita nella nostra governance euroatlantica con delle credenziali impeccabili. Svolgendo un ruolo di onesto mediatore tra le due sponde dell’Atlantico.
Meloni anti-Orban?
FS: In questo senso Meloni potrebbe contendere ad altri leader dell’Europa continentale o balcanica un ruolo di riferimento con i vertici Usa?
GC: Senz’altro. Anzi credo che oggi Meloni per il suo limpido atlantismo possa diventare il riferimento e collegamento di Trump in Europa (e viceversa dell’Europa con Trump) sottraendo questo ruolo ad altri leader europei, molto vicini a Trump, ma anche molto sensibili alle istanze della Russia di Putin…
FS: Meloni in questo caso al contrario di un Orban potrebbe essere anche il garante della sicurezza dell’Ucraina…
GC: Per quanto riguarda il ruolo della Meloni e il suo ruolo di pontiere ripongo la speranza che la nostra presidente del Consiglio, forte della credibilità di cui gode, voglia anche adoperarsi (e credo che già lo stia facendo) affinché il processo negoziale aperto da Trump non avvenga alle spalle della coraggiosa Ucraina e il suo esito non prenda la forma di una resa di Kyiv alle mire dell’aggressore.
Ciò non sarà facile data la complessità del dossier e la molteplicità degli attori in gioco. Ma voglio credere, anche alla luce dell’indefesso sostegno di Giorgia Meloni alla causa di Zelensky che l’Italia vorrà e potrà adoperarsi in tal senso.