Navi da guerra russe a Cuba: l’ultima provocazione di Putin

Aumentare la deterrenza nucleare, l’imprevedibilità delle sue azioni e l’apprensione negli avversari è l’obiettivo della mossa del Cremlino

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È molto più di una provocazione la scelta del Cremlino di inviare navi da guerra a Cuba. Con questa mossa da Mosca intendono non solo minacciare e sfidare gli Stati Uniti, ampliando le possibilità di uno scontro nel Mar dei Caraibi. Aumentare la deterrenza nucleare, l’imprevedibilità delle sue azioni e l’apprensione negli avversari è l’obiettivo di Vladimir Putin.

Impantanata sul terreno in Ucraina e privata del rango di superpotenza – a causa dei disastri tattici maturati in due anni e passa di conflitto – Mosca prova a mostrare capacità operative in altri teatri. Le profonde relazioni con il regime cubano le hanno fornito un assist per compiere l’ennesimo azzardo: inviare parte della flotta in prossimità della stato insulare rischia di provocare un remake della crisi dei missili del 1962, in un’epoca ancor più instabile sul piano geopolitico.

Mosca e L’Avana hanno chiaramente provato a nascondere il reale intento del gesto. I vertici istituzionali cubani hanno segnalato che dal 12 al 17 giugno riceveranno una visita ufficiale della fregata Gorshkov, del sottomarino a propulsione nucleare Kazan, della petroliera della flotta Pashin e del rimorchiatore Nikolai Chicker. Essa sarà realizzata nell’ambito delle “storiche relazioni di amicizia tra Cuba e la Federazione russa, nel rispetto dei regolamenti internazionali”. Dal governo assicurano che nessuna delle imbarcazioni contiene armi nucleari. Accogliere le unità navali di altri Paesi sarebbe una “pratica storica del governo, con nazioni con cui manteniamo relazioni di amicizia e collaborazione”.

Due le ragioni di fondo per cui la decisione può rappresentare uno spartiacque nei rapporti tra Usa e Russia: in primis, l’approccio politico e comunicativo assunto da Mosca a cui questa si aggiunge. La retorica nucleare del Cremlino per quanto scellerata ed irresponsabile non è da sottovalutare. In caso di scontro diretto tra soldati occidentali e russi quest’ultimi potrebbero ricorrere a provocazioni non convenzionali. Il posizionamento di armi in prossimità del territorio statunitense rappresenta una minaccia palese.

In secondo luogo, ad incrementare i rischi vi è il momento di debolezza russo: un ex impero umiliato e contrastato da Ue e Nato rischia di agire irrazionalmente pur di ribadire la potenzialità militare. Anche in ragione di ciò, alla provocazione bisogna reagire con risolutezza e la dovuta dissuasione.

Tollerare la presenza di navi militari russe a Cuba – soprattutto se protratta nel tempo – risulterebbe indiretta accettazione dell’aggressività di Mosca. Apparire disposti a subire simili azioni inviterebbe il presidente Putin ad alzare ulteriormente il livello delle sue provocazioni.

Da Washington l’arrivo delle navi è stato commentato con apprensione. I vertici militari l’hanno descritto come molto temibile anche se non pericoloso a breve termine. In poche parole, ritengono la Russia stia compiendo un’azione scellerata ma non intenda provocare escalation nelle prossime settimane.

Tuttavia, è fondamentale che fallisca l tentativo di terrorizzare le nostre opinioni pubbliche. In alternativa, si spingerebbe Putin a credere che la provocazione possa sortire effetti positivi, con il rischio che si illuda di poter compiere azioni clamorose senza subire ritorsioni devastanti. Un pensiero che è necessario non sfiori mai la mente dello Zar.

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