Nello scontro fra Washington e Berlino sulla Cina, Macron sta con i tedeschi

Xi Jinping arriva in Europa e fa tappa in Serbia, Ungheria e… Francia. Discorso di Draghi reale in quanto atlantico, quello di Macron uno specchietto per le allodole

6.5k 8
scholz_xi_cctv

Il mese di aprile ha mostrato quanto siano divise Washington e Berlino. Entrambe in scena sul palcoscenico di Pechino.

Le visite a Pechino

Da una parte, il segretario al Tesoro Janet Yellen vi ha denunciato le politiche commerciali iper-aggressive: “il mercato globale è inondato da prodotti cinesi artificialmente economici”. Poi, il segretario di Stato Antony Blinken si è lamentato di molte cose, a partire dal sostegno alla Russia in Ucraina: “è una minaccia, non solo alla sicurezza ucraina, ma pure a quella europea … garantire la sicurezza transatlantica è un interesse fondamentale degli Stati Uniti; nelle nostre discussioni di oggi, ho chiarito che, se la Cina non risolve tale questione, la risolveremo noi”.

Dall’altra parte, il cancelliere Olaf Scholz, vi ha guidato una ampia delegazione di industriali e politici in una visita sontuosa, appena disturbata da poche parole di circostanza circa il bon ton commerciale e l’Ucraina. Nell’anno in cui gli investimenti tedeschi in Cina battevano ogni precedente record.

Uno scontro al calor bianco

Lo scontro è al calor bianco, come mostrano tre articoli di Foreign Policy. Il primo, faceva fuoco di interdizione: “non è chiaro se Scholz sia disposto a mettere a rischio le relazioni economiche privilegiate della Germania con la Cina”.

Il secondo, passa al fuoco di spianamento: “il vecchio errore di confondere ciò che è bene per le aziende tedesche, con ciò che è bene per la Germania e l’Europa più in generale … Il viaggio di Scholz è stato un regalo all’approccio di lunga data di Pechino, volto a dividere gli europei tra loro e dagli Stati Uniti”.

Il terzo, graziosamente evoca l’esplosione dei due gasdotti NordStream, per poi proclamare come essi fossero divenuti il simbolo di una “malriposta speranza nella globalizzazione”, mentre ora “stanno emergendo due nuovi blocchi che, a differenza dei due blocchi della Guerra Fredda, si basano meno sulla fedeltà militare che sulla fedeltà commerciale”. Né tale scontro – vero e proprio – è destinato a mutare con Trump, come abbiamo già discusso.

Macrone con Berlino

Il mese di aprile ha pure mostrato dove si collochi la Francia di Macrone: con Berlino. Lo si evince, anzitutto, dalle più recenti posizioni del partito francese in Italia, il Pd, coi due capilista Strada e Tarquinio contrari all’invio di armi in Ucraina.

Lo si evince, poi, dall’annuncio del prossimo viaggio di Xi Jinping: andrà nella Serbia che riceve armi cinesi, nell’Ungheria di un Orban sempre più putiniano e, infine … in Francia. Avverte il Washington Post: la visita sarà “a Washington attentamente monitorata, per individuare eventuali segnali di diminuzione del sostegno agli obiettivi chiave della politica estera degli Stati Uniti”. Fa fuoco di interdizione Bloomberg: “questo viaggio è uno sforzo per cercare di attirare parti dell’Europa che Xi ritiene potrebbero essere più in sintonia con la propria posizione”.

Lo si evince, infine, dall’ultimo gran discorso sull’Europa (ieri sintetizzato in un’intervista a The Economist) da Macrone pronunciato alla Sorbona, peraltro noiosissimo. Nel quale quest’ultimo sistematicamente equipara la sfida cinese ad una sfida americana: “le due principali potenze internazionali hanno deciso di non rispettare più le regole del commercio … costruire un’Europa capace di dimostrare di non essere mai vassalla degli Usa … sovra-sovvenzioni cinesi e sovra-sovvenzioni americane … etc.”.

Pure nel militare, egli vuole che sia Leuropa a sviluppare gli “standard comuni” per gli armamenti … una ambizione già rigettata dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg.

Macrone contro Draghi

Da taluni, il gran discorso di Macrone è stato equiparato ai più recenti discorsi di Mario Draghi. E, in effetti, entrambe invocano un bilancio federale leuropeo per finanziare commercio e difesa … benché entrambe sappiano benissimo che tale bilancio non ci sarà mai e poi mai.

Ma, in realtà, i due non potrebbero essere fra loro più distanti in quanto, nel commerciale, Draghi è anni luce dal descrivere una sfida americana e, anzi, configura un occidente commerciale. Pure nel militare, Macrone non tira mai la conseguenza logica che Draghi ha tirato: che gli Stati con meno spazio fiscale andranno a cercarselo tornando alla propria moneta e Lue non sopravviverà altro che come mercato unico.

Invero, la proclamata ambizione commerciale e militare di Draghi è reale in quanto atlantica. Mentre quella di Macrone è uno specchietto per le allodole, concepito al mero scopo di compiacere Berlino nella vera intenzione di quest’ultima: che la pressione americana venga respinta e si torni presto ai bei vecchi tempi di Schroeder e Merkel, del disarmo e del gasdotto NordStream.

Conclusioni

Insomma, nello scontro al calor bianco fra Washington e Berlino, Macrone sta con la seconda e Draghi con la prima. Sicché – vista la discendenza diretta della politica estera di Giorgia Meloni da quella del di lei predecessore a Palazzo Chigi – non occorre chiedersi dove stia l’Italia.

Seguici sui nostri canali
Exit mobile version