Non bastavano tunnel, bunker, postazioni e missili a pochi metri dalle basi Unifil, come documentato dall’Idf, nell’area che la missione Onu secondo la risoluzione 1701 avrebbe dovuto mantenere libera da qualsiasi attività di Hezbollah. Nuovi e, se confermati, inquietanti, gravissimi indizi di collusione tra i caschi blu e i terroristi stanno emergendo.
Mazzette a Unifil?
Hezbollah avrebbe pagato personale Unifil per poter usare le sue postazioni e telecamere di sorveglianza. A rivelarlo, negli interrogatori, i terroristi catturati durante le recenti operazioni di terra delle Forze di difesa israeliane (Idf) nel sud del Libano, secondo quanto riferito da fonti degli apparati di sicurezza israeliani al quotidiano Israel Hayom.
Le stesse fonti, a conoscenza dei dettagli, hanno rivelato che Hezbollah ha preso il controllo delle telecamere dell’Unifil nei complessi vicini al confine israeliano e le ha utilizzate per i propri scopi (e questo spiegherebbe perché alcune di esse sono state prese di mira dai carri israeliani).
Naturalmente l’Unifil, contattata dal Jerusalem Post, ha smentito. Staremo a vedere. Se queste testimonianze dovessero essere confermate, certamente il governo israeliano ne chiederà conto.
In ogni caso, suona già abbastanza grottesco che il governo italiano, come gli altri che forniscono i propri contingenti a Unifil, ribadisca di non prendere ordini da Israele e avverta il governo di Gerusalemme che ogni atto ostile rappresenta una violazione del diritto internazionale e della risoluzione 1701, ma allo stesso tempo rimanga completamente in silenzio mentre proseguono, anche in questi giorni, i lanci di centinaia di missili di Hezbollah dal sud del Libano verso il territorio israeliano. Nessuno che osi rivolgersi a Hezbollah con la stessa durezza (e al governo libanese, fino a prova contraria responsabile per ciò che accade nel suo territorio).
Missioni Onu “completamente sottomesse”
Nel frattempo, a confermare ciò che chiunque dotato di un minimo di onestà intellettuale vede con i propri occhi, e cioè che Unifil è completamente sottomessa a Hezbollah, e non da oggi, ci pensa un ex peacekeeper Onu, intervistato da Jotam Confino (corrispondente da Israele per numerose testate, dal Telegraph alla BBC) per il quotidiano danese BT.
Già dieci anni fa era “completamente folle”. Hezbollah controllava quali aree i soldati Onu potevano visitare, e in alcune non potevano né entrare né scattare foto, racconta un ex soldato danese delle Nazioni Unite con alle spalle una carriera lunga più di 25 anni.
“Michael” (che per ovvii motivi mantiene l’anonimato) ha fatto parte della missione UNTSO (United Nations Truce Supervision Organization), la più antica e longeva delle Nazioni Unite, che nel sud del Libano collabora strettamente con Unifil, spesso condividendo le stesse basi, allo scopo di supervisionare la tregua, osservare e segnalare le violazioni della risoluzione 1701 del 2006, che – ricordiamo – prevede che che tutta la regione a sud del fiume Litani sia libera dalle attività di Hezbollah e che il gruppo terroristico venga disarmato.
Il soldato danese ricorda così quei giorni: “Eravamo totalmente soggetti a Hezbollah. Avevamo chiaramente una libertà di movimento limitata. Ad esempio, non operavamo mai dopo il tramonto per paura di Hezbollah. Quindi avevano tempo libero nelle ore serali e notturne”.
Quando si spostavano in auto incontravano spesso posti di blocco. Non dell’Unifil, come a rigor di logica avrebbe dovuto essere, ma di Hezbollah:
Bloccavano semplicemente la strada. Apparentemente non erano armati, ma aggressivi, ed era abbastanza chiaro che erano membri di Hezbollah: sapevamo molto bene chi decideva le cose, soprattutto nelle città sciite. Non volevano che vedessimo cosa stavano facendo. Quando pattugliavamo la Blue Line, vedevamo spesso “civili” molto vicini alle installazioni militari israeliane che scattavano foto. Quando ciò accadeva, ci ritiravamo e osservavamo da lontano: ci veniva semplicemente ordinato di farlo.
Proibito vedere
Ma a “Michael” e ai suoi colleghi non era permesso documentare cosa stesse accadendo: “Era proibito filmare e scattare foto. E se lo facevamo, potevamo finire con la gente del posto che ci confiscava le macchine fotografiche. È successo ai miei colleghi dell’Unifil e dell’UNTSO”. Il controllo di Hezbollah sul Libano meridionale era già massiccio all’epoca.
I civili a cui non importava di Hezbollah, specialmente i cristiani, avevano paura di parlare contro di loro. C’era una paura diffusa di loro. Ma allo stesso tempo abbiamo sperimentato la cooperazione con i musulmani sciiti. Ad esempio, avevamo un certo numero di interpreti che erano stati indottrinati in Hezbollah. Una volta ho finito per buttarne uno fuori dalla mia macchina mentre stava elogiando Hassan Nasrallah. Semplicemente non volevo ascoltarlo.
L’aspetto più frustrante la totale assenza di azioni e di conseguenze per le flagranti violazioni della risoluzione che venivano riscontrate:
Abbiamo segnalato quotidianamente le violazioni della risoluzione 1701 ai nostri superiori, comprese in particolare le restrizioni alla nostra libertà di movimento, e ci è stato ordinato di segnalare tutte le violazioni indipendentemente dal numero. Ma non è mai successo nulla. Non abbiamo ricevuto risposte e non è stato avviato nulla. È stato tremendamente frustrante e mi ha solo confermato ciò che avevo sperimentato in altri Paesi in cui ero stato assegnato: l’Onu è incompetente.
La maggior parte dei caschi blu era in buona fede, ricorda il peacekeeper danese, ma alcuni erano “ferventemente anti-israeliani“, ricordando in particolare un irlandese. “Non ci era permesso di ispezionare”, conclude “Michael”, ricordando però che gli israeliani avevano davvero una buona idea di dove si trovasse Hezbollah, “sapevano esattamente dove avevano avvistato Hezbollah dall’altra parte del confine”.