Esteri

Non solo Mar Rosso: una strategia globale per strangolare il Mondo libero

Libertà di navigazione non più scontata. Ecco come Iran, Cina e Russia si preparano a contendere agli Usa il dominio dei mari bloccando il commercio marittimo

Ford Carrier Strike Group (US Navy) Gerald Ford Carrier Strike Group (US Navy)

Non possiamo continuare a considerare la libertà di navigazione come un fatto scontato. La pirateria delle milizie Houthi nel Mar Rosso ci dimostra che la libertà di navigazione va preservata e difesa con le armi.

Strategia contro il Mondo Libero

E potrebbe essere solo un antipasto: è infatti parte dello stesso problema costituito dalle minacce iraniane di bloccare il Golfo Persico, dalla costruzione di basi navali cinesi nel Mar Cinese Meridionale e dalla “guerra del grano” combattuta dalla Russia nel Mar Nero. Si tratta di una strategia volta a strangolare, alla bisogna, gran parte del commercio da cui dipende il Mondo Libero.

Il Mondo Libero ha infatti lo svantaggio di essere disperso: il Regno Unito è separato dal resto d’Europa dalla Manica, gli Usa e il Canada sono al di là dell’Oceano Atlantico, l’Australia, la Nuova Zelanda, Taiwan, Corea del Sud e Giappone sono al di là dell’Oceano Pacifico (viste dagli Usa) e al di là dell’Oceano Indiano (viste dall’Europa).

Per sopravvivere, il Mondo Libero (che non è, appunto, solo “Occidente”) ha bisogno del dominio dei mari. E finora non è stato mai un problema, almeno dalla Seconda Guerra Mondiale in avanti, perché la Us Navy, anche da sola, è in grado di dominare tutti i mari. Il gap con i cinesi e con i russi è ancora troppo ampio per essere colmato nel breve e medio periodo.

Il blocco degli stretti

L’unico metodo che i nemici degli Usa e dei loro alleati possono impiegare per contendere il dominio dei mari è il blocco degli stretti, di quei colli di bottiglia strategicamente importanti da cui passano le merci (e anche i cannoni).

Ipotizziamo una guerra generale nei prossimi anni. La Russia blocca i Dardanelli, mentre lo Yemen filo-iraniano preclude il Mar Rosso (e dunque la rotta di Suez), l’Iran il Golfo Persico. E questo basta per privarci, non solo del grano russo e ucraino, ma anche del petrolio mediorientale.

Ma il peggio deve ancora venire, perché, in una guerra generale, la Cina potrebbe porre sotto embargo Taiwan, quindi privarci dell’importazione di semiconduttori, dando un colpo mortale alla nostra economia che ne dipende in tutto. Tramite le sue basi navali nel Mar Cinese Meridionale, può chiudere anche gli stretti della Malacca e della Sonda, tagliando fuori tutte le democrazie asiatiche, l’Australia e la Nuova Zelanda, dal commercio con l’Europa. E qui lo scenario inizia ad essere veramente brutto.

Ma potrebbe andare ancora peggio, nel prossimo futuro, perché per ora, se si blocca Suez, potremmo ancora usare la rotta del Capo di Buona Speranza, circumnavigando l’Africa. Ma i cinesi, in caso di guerra, attiverebbero le loro nuove basi navali dell’Oceano Indiano: nello Sri Lanka (Hambantota), in Pakistan (Gwadar) e sulla costa orientale dell’Africa (a partire da Gibuti, già attiva e Nacala, in Mozambico, che potrebbe esserlo a breve) per ostacolare o interrompere anche quel flusso di merci.

Atlantico e Pacifico

In caso di guerra generale, insomma, rimarrebbero aperti solo i grandi oceani: Atlantico e Pacifico. Ma non è un caso che la Cina si stia interessando ai porti sulla costa atlantica dell’Africa: Nouakchott in Mauritania, Bata nella Guinea Equatoriale e Kribi, nel Camerun. Nel frattempo, la Russia mantiene il grosso della sua forza navale nel Nord (dunque sempre l’Atlantico) e questa si basa soprattutto sul numero e sulla potenza della sua flotta sottomarina. In tempo di guerra, attraversare l’Atlantico sarebbe quanto meno pericoloso.

Quanto all’Oceano Pacifico, sembra scontato che dal 1945 sia un immenso “lago” americano, ma in futuro potrebbe non esserlo più, perché la Cina sta cercando di creare una rete di alleanze con le piccole nazioni insulari. Per farlo usa ogni argomento possibile, dagli aiuti economici per fronteggiare il riscaldamento globale, alla vecchia retorica anti-colonialista. La Cina sta investendo nel porto di Luganville, nelle isole Vanuatu (a Nord-est dell’Australia) e nella stessa regione ha provato a fare la stessa cosa nelle isole Salomone.

Sia chiaro: non è un wargame, non è un romanzo di Tom Clancy. Per realizzare le basi che permettano questa strategia di strangolamento del Mondo Libero, la Cina sta investendo decine di miliardi in almeno 123 progetti portuali che possono avere un valore solo commerciale in tempo di pace, ma in tempo di guerra possono servire allo scopo di distruggere le nostre linee logistiche.

Mar Nero e Suez

La Russia è già in grado di bloccare il commercio con il Mar Nero, oltre a controllare la rotta artica, lungo la quale sta costruendo sempre nuove basi. E l’Iran sta dimostrando che è già in grado di interrompere il flusso di commercio navale petrolifero sia nel Golfo che a Suez, quel che l’Asse, nella Seconda Guerra Mondiale, non era mai riuscito a fare.

Una contro-strategia

Gli Stati Uniti e i loro alleati hanno la forza necessaria a tenere aperte le rotte marittime. Ma potrebbero essere saturati dal numero dei blocchi. Rimuovere una minaccia nel Mar Rosso costa relativamente poco, iniziare a condurre azioni in tutti i mari del mondo diventa una missione impossibile anche per la Us Navy. Per questo occorre, fin da ora, una contro-strategia per assicurare la libertà di navigazione. Come già fanno i nostri nemici comuni, occorre ragionare sul lungo periodo. Ma lo stiamo facendo?