Esteri

Non solo parole, la Chiesa di Francesco pende verso Cina e Russia

L’elogio della Grande Madre Russia è solo l’ultimo degli sbandamenti di Papa Bergoglio: dall’accordo sui vescovi cinesi alla “fratellanza” con il patriarca Kirill

Papa Bergoglio San Pietroburgo L'intervento in videocollegamento di Papa Bergoglio con San Pietroburgo

Le recenti parole del pontefice pronunciate in collegamento con i giovani cattolici di San Pietroburgo hanno destato perplessità e scalpore, a causa del senso ambiguo e mal interpretabile delle considerazioni relative al passato della Russia.

La Grande Madre Russia

In effetti, Papa Bergoglio ha espressamente valorizzato ed elogiato la storia imperiale di Mosca, citando esplicitamente l’espressione Grande Madre Russia, oltre ad alcune figure come Caterina II e Pietro il Grande, prima di invitare i giovani ascoltatori a non smarrire tale “eredità”, ad esserne orgogliosi ed “andare avanti” nel sostenerne l’identità.

Non vi dimenticate della vostra identità. Voi siete eredi della grande Russia, la grande Russia dei santi, dei re, la grande Russia di Pietro il Grande, di Caterina II, quell’impero russo grande e colto, di tanta cultura, di tanti umanità, non vi liberate mai di questa eredità, siete gli eredi della Grande Madre Russia, andate avanti e grazie per il vostro modo di essere e per il vostro essere russi

Una flotta di espressioni che si aggiungono a quelle già ambigue pronunciate dal Santo Padre nell’arco di questi mesi di conflitto in Ucraina, tra cui “l’abbaiare della Nato alle porte della Russia”, ad evocare presunte provocazioni messe in atto dall’Alleanza Atlantica come causa dell’invasione russa, piuttosto che la volontà di Vladimir Putin di ricostituire l’ex impero sovietico e zarista, a quanto pare apprezzato dallo stesso Bergoglio.

Le origini

Tuttavia, riterremmo parziale ed incompleta un’analisi che si limitasse alle considerazioni espresse sulla guerra in corso. Per comprendere il senso profondo delle esternazioni recenti di Papa Francesco è necessario riallacciarsi ad una frase precisa pronunciata in occasione della sua elezione al soglio pontificio. Affacciandosi per la prima volta dal balcone di Piazza San Pietro, dichiarò di provenire dalla “fine del mondo”, riferendosi alle proprie umili origini sudamericane, nella sua visione figlio di una regione del globo martorizzata dall’imperialismo yankee.

Durante la sua formazione ecclesiastica, Bergoglio ha fatto dell’opposizione all’interventismo politico e militare americano – ritenuto prevaricatorio ed arrogante – un suo tratto distintivo, mascherando abilmente le sue posizioni ideologizzate dietro una spinta innovatrice e riformatrice.

Una volta divenuto Papa, ha iniziato a tessere una differente diplomazia vaticana, in aperta controtendenza con quella dei pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – consapevoli della necessità di contrastare il totalitarismo comunista, il primo, e il fondamentalismo islamico, il secondo – un cambio di connotati destinato probabilmente a durare anche nel corso dei pontificati futuri.

Frizioni con gli Usa

Non a caso, è proprio con Washington che il pontificato di Francesco ha registrato le maggiori frizioni sul piano della politica estera. In primis, ricordiamo la pressione esercitata sull’allora presidente Usa Barack Obama, in occasione della crisi siriana del 2013, al quale il pontefice chiese espressamente di evitare qualsiasi tipo di soluzione militare nell’area, avallando di fatto la brutale repressione di Assad su ribelli e civili, oltre che gli interventi russo e iraniano a sostegno del dittatore.

Intese con Pechino e Mosca

Ancora, in aperto contrasto con le gli orientamenti che andavano maturando a Washington ma anche in Europa, Bergoglio ha negli anni successivi scelto un progressivo avvicinamento a Cina e Russia, stringendo con Pechino un accordo segreto sulla nomina dei vescovi cinesi ed ampliando la collaborazione tra Roma e il patriarcato ortodosso di Mosca guidato da Kirill, primo estimatore della politica imperialista di Putin, arrivato a benedire e considerare l’aggressione all’Ucraina una “guerra santa”.

Nessuna vicinanza, invece, con la chiesa ortodossa ucraina, la cui autocefalia nel 2017 fu freddamente accolta da Roma per non indebolire il rapporto di proclamata “fratellanza” con il patriarca Kirill.

Una serie di scelte, non solo parole, che ci riportano ai giorni nostri e spiegano almeno in parte l’ambiguità delle dichiarazioni di Papa Bergoglio sul conflitto in Ucraina. E perché, dunque, non bisogna attendersi alcun cambio di prospettiva né sulle cause della guerra né sull’azione diplomatica del Vaticano.

Anzi, è probabile che più la Federazione Russa entri in una fase di profondo disordine interno, più dal Vaticano giungano richiami e critiche all’indirizzo dell’Occidente per l’uso dello “strumento della guerra”.

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