La notizia proveniente dai servizi segreti americani, rivelata dalla Cnn, non è di quelle che possano essere rubricate alla voce “curiosità”. Gli agenti russi, a gennaio, stavano pianificando l’assassinio di Armin Papperger, amministratore delegato di Rheinmetall. Secondo la ricostruzione della tv americana, la Cia avrebbe avvertito i colleghi tedeschi, i quali, allertati, hanno messo sotto protezione l’importante uomo d’affari.
L’importanza di Rheinmetall
Rheinmetall è un’industria militare di importanza strategica per la guerra in Ucraina. Fornisce agli ucraini proiettili d’artiglieria e veicoli militari e progetta di costruire e riparare carri armati e veicoli corazzati direttamente sul suolo ucraino, attraverso una nuova filiale. La vicenda riguarda anche il nostro Paese, perché i nuovi carri armati italiani e i veicoli corazzati per la fanteria del nostro esercito saranno costruiti dal nuovo consorzio fra Leonardo e Rheinmetall, sulla base del memorandum firmato all’inizio del mese.
Per i russi si tratta di un bersaglio ghiotto, una delle prime cose da colpire quando si è in guerra. Non potendo agire militarmente (bombardando le fabbriche in Germania), Mosca manda avanti i suoi sicari e punta all’omicidio mirato, per destabilizzare e intimidire.
Omicidi mirati all’estero
Tutto falso, come sempre nelle spy story? Per ora, oltre che fidarci delle fonti, possiamo già affermare che questa rivelazione sia verosimile. I servizi russi non si sono mai fatti scrupoli di eliminare nemici all’estero. La loro violenza si è rivolta soprattutto ai loro traditori, ex agenti segreti passati dalla parte del dissenso all’estero, come nel caso dei più celebri casi di Litvinenko (assassinato a Londra nel 2006) e di Sergej Skripal, sopravvissuto all’attentato a Salisbury nel 2018.
La “tradizione” delle punizioni esemplari è proseguita anche durante la guerra, con l’omicidio di Maxim Kuzminov, pilota di elicottero che aveva disertato e si era rifugiato in Spagna. Un sicario lo ha trovato e gli ha sparato nella cittadina di Villajoyosa, sulla costa mediterranea spagnola.
Se i servizi russi puntassero a uccidere i vertici delle industrie belliche che sostengono l’Ucraina, farebbero un passo oltre nelle loro operazioni omicide e anche l’Italia potrebbe essere coinvolta. Secondo le fonti dei servizi statunitensi che hanno parlato alla stampa del fallito attentato a Papperger, “il complotto fa parte di una serie di piani russi per assassinare dirigenti dell’industria della difesa in Europa che sostengono lo sforzo bellico dell’Ucraina. Il piano per uccidere Armin Papperger (…) era il più maturo”.
Gli attentati che hanno successo fanno notizia, quelli che vengono sventati no. È così da sempre, anche per i numerosi attacchi islamici sventati dopo l’11 settembre 2001. Ma conoscere anche i tentativi falliti è importante per realizzare quale pericolo corriamo.
La punta dell’iceberg
Gli omicidi mirati sono la punta di un iceberg che include: guerra economica, furto di dati, sabotaggi, violenza e istigazione alla violenza.
Il 20 maggio, le autorità polacche hanno annunciato l’arresto di nove persone, con cittadinanza polacca, ucraina e bielorussa. Sono sospettati di essersi infiltrati nel Paese per picchiare oppositori politici e appiccare incendi, sia in territorio polacco che lituano. Un mese prima, il 18 aprile, due cittadini tedeschi di origine russa sono stati arrestati in Germania con l’accusa di pianificare attentati dinamitardi contro basi e infrastrutture militari statunitensi.
Il 20 febbraio, in Estonia erano stati arrestati altri dieci sospetti agenti che avrebbero avuto il compito di picchiare e intimidire politici e giornalisti ostili alla Russia e vandalizzare monumenti e memoriali anticomunisti, opposti a una visione della storia che ormai santifica l’Urss. Queste infiltrazioni stanno durando da anni. Nel marzo del 2023, un altro gruppo di sospetti sabotatori era stato fermato in Polonia: in quel caso pianificavano attentati contro la rete ferroviaria. In quell’anno vi sono stati venti incidenti ferroviari, per i quali è sospetto il sabotaggio russo.
Sempre per seminare il caos nel sistema ferroviario, la Russia usa anche mezzi più sofisticati e meno rischiosi, quando colpisce le aziende ferroviarie, le stazioni e le infrastrutture dei trasporti con cyberattacchi, senza neppure muovere i suoi agenti. Lo scorso aprile lo denunciava il governo della Repubblica Ceca. Ad essere prese di mira sono soprattutto le ferrovie dei Paesi Baltici.
Nemmeno i trasporti aerei sono immuni dal sabotaggio. Mentre rientrava a Londra, dopo un incontro in Polonia, l’ex ministro della difesa britannico Grant Shapps, ha rischiato l’incidente perché il segnale Gps dell’aereo su cui viaggiava è stato disturbato, proprio quando era vicino allo spazio aereo russo. Incidenti di questo genere sono molto frequenti nel Baltico, al punto che la Finnair ha interrotto i voli per Tartu, seconda città dell’Estonia, perché regolarmente il segnale Gps veniva disturbato.
“La fonte delle interferenze è la Russia”, aveva dichiarato alla BBC, il 2 maggio, il ministro degli esteri estone Margus Tsahkna. “Abbiamo le prove che provengono dalla Russia, e la Russia sta violando tutti gli accordi internazionali”. Tsahkna ha detto che le fonti di interferenza, per disturbare i voli sul Baltico, sono vicino alle città russe di San Pietroburgo, Kaliningrad e Pskov.
A rischio le infrastrutture sottomarine
C’è poi il sospetto che Mosca stia pianificando qualcosa di ancor più grosso in mare, nel Mare del Nord, per la precisione. Già all’inizio dell’anno l’intelligence statunitense denunciava un’insolita attività marittima russa, navi civili usate per mappare le infrastrutture marittime europee (oleodotti, gasdotti, piattaforme, cavi per le telecomunicazioni).
Anche questo non è un fatto del tutto nuovo, ma sta durando da anni: 160 navi civili russe hanno effettuato 945 manovre sospette negli ultimi dieci anni, 749 delle quali sono state registrate entro un chilometro da oleodotti nel Mare del Nord. Altre 72 manovre sospette sono state effettuate in prossimità di cavi elettrici, mentre le restanti 124 hanno riguardato cavi per le telecomunicazioni. Da questi ultimi passa il 98 per cento delle comunicazioni telefoniche e Internet.
Quindi non è vero che “la Russia non è il mio nemico”, come recita il poster apparso a Verona. La Russia è già in guerra con noi. Non è una guerra visibile, per ora. Usa metodi più subdoli, ma di sempre guerra si tratta.