A sentire il New York Times lunedì 27 maggio Donald Trump avrebbe affermato in campagna elettorale di voler bloccare la vendita di tutte le auto elettriche negli Stati Uniti, ribadendo il primato di quelle “a gas” (benzina).
Ma a sentire il Wall Street Journal, il giorno successivo lo stesso Trump avrebbe formalizzato un’alleanza con il capo di Tesla, Elon Musk, in vista delle prossime elezioni. Una palese contraddizione, che ha dato vita ad innumerevoli e divertenti commenti (cfr reddit), riassunti dall’elegante espressione da tanti ripetuta “they’re both full of shit”.
Le vere parole di Trump
Torniamo tra poco sulla sostanza del presunto accordo, ma prima una semplice puntualizzazione sulla notizia di partenza. Come può constatare chiunque ascolti le parole esatte dell’ex presidente e non quanto affermano i quotidiani – una pratica consigliata a tutti – la frase esatta pronunciata da Trump (l’abbiamo trascritta e tradotta personalmente) è stata:
La Cina sta costruendo enormi impianti di produzione di automobili in Messico, con l’intenzione di vendere queste auto negli Stati Uniti senza pagare tasse doganali. Voglio dire una cosa alla Cina: se state ascoltando, presidente, tu ed io siamo amici, ma capisci come gestisco queste cose. Quei giganteschi stabilimenti automobilistici che state costruendo in Messico non creeranno posti di lavoro per gli americani, e volete venderci le auto? No, imporremo una tariffa del 100% su ogni auto che attraversa il confine, e non riuscirete a vendere quelle auto se sarò eletto. Se non vengo eletto, sarà un disastro per il Paese. La Cina sta costruendo enormi fabbriche in Messico. Un mio amico, il più grande costruttore di impianti automobilistici al mondo, mi ha detto che dobbiamo andare in Messico per vedere dove stanno costruendo questi grandi stabilimenti. Perché proprio il Messico? Perché è lì che stanno costruendo queste enormi fabbriche.
Chi sia l’amico “più grande costruttore di impianti automobilistici al mondo” non è dato sapere con esattezza, ma molti pensano proprio a Musk. Una cosa è certa: nel suo discorso Trump non ha suggerito di vietare la vendita delle auto elettriche, anzi non ne ha proprio parlato.
Il patto con Musk
Chiarito questo punto possiamo tornare a quanto scritto (dietro un impenetrabile paywall) dal Wall Street Journal. L’autore dell’articolo si chiama Robbie Whelan e grazie ad un’intervista su Cnbc abbiamo potuto approfondirne i contenuti. In sintesi, il ruolo che Musk ambirebbe a svolgere, o che Trump avrebbe proposto a Elon di svolgere, è quello di “consigliere informale (o poco formalizzato) dietro le quinte”.
Qualcosa di simile al ruolo del famoso trio di imprenditori (“trio of billionaires”) che aveva operato come trio di advisors a Trump durane il periodo di transizione all’inizio della (per ora?) prima presidenza.
Non esistono né dichiarazioni ufficiali, né post su X, né ipotesi dietro le quinte che vedano Musk abbandonare neppure una delle sue innumerevoli aziende per passare ad un ruolo nella possibile nuova amministrazione Trump. Parole del giornalista autore dello scoop. Ma certamente – ha affermato lo stesso, ma lo può constatare chiunque segua il profilo X di Musk – negli ultimi due anni l’imprenditore è divenuto sempre più critico dell’amministrazione Biden, a cominciare dalla questione immigrazione (dal Messico) che sembra preoccuparlo particolarmente.
In conclusione, il presunto ruolo offerto a Musk in una futura amministrazione Trump è probabilmente una fake news, o forse dovremmo dire un “fake title” delle tante testate che hanno ripreso (senza leggerlo?) l’articolo del WSJ.
Il caso del bonus
Ma questo non deve meravigliare: contemporaneamente continua anche la campagna a sostegno del giudice che ha invalidato il “bonus da 55,8 miliardi di dollari” ottenuto da Musk da parte di Tesla. A prescindere dal fatto che non capiamo perché un giudice dovrebbe decidere quando un importo è equo e quando no, il fatto è che non si tratta proprio di un esborso.
Come spiegato qualche settimana fa da Bloomberg, si tratta del controvalore (peraltro errato, la cifra corretta ad oggi è circa 40 miliardi di dollari) che si ottiene (anzi: si spera di ottenere, ma come abbiamo visto nel caso Scaglia la cosa è molto difficile) vendendo in blocco i 304 milioni di azioni Tesla che la società gli offrì a 23,34 dollari ciascuna nel 2018. Offerta peraltro condizionata al raggiungimento di un aumento della capitalizzazione ritenuto ai tempi impossibile (ma ampiamente superato, come può immaginare chiunque conti il numero di vetture Tesla sulle nostre strade negli ultimi due anni).
Ma, si sa, il concetto di “stock options” è ostile, dunque terreno ideale per mettere in cattiva luce l’autore dell’inammissibile tweet “I am in favour of free speech”. Ne vedremo ancora molti di questi titoli, ne siamo certi.