Si discute di un possibile ruolo dell’Autorità Nazionale Palestinese presieduta da Abu Mazen nel governo della Striscia di Gaza, dopo la fine delle ostilità. L’idea sembra ad oggi improponibile e deriva da una mera illusione: ritenere l’ANP non soggetta all’influenza esercitata da Hamas anche in Cisgiordania.
L’inadeguatezza dell’ANP
È dimostrata invece la debolezza di Abu Mazen nel confronto con Hamas, tale da favorire la concessione dei finanziamenti ingenuamente elargiti dalla comunità internazionale a sostegno della “causa palestinese” ai vertici dell’organizzazione terroristica. Una somma ingente di denaro che Hamas ottiene attraverso soprusi nei confronti dell’ANP e che sfrutta per acquistare e fabbricare attrezzature belliche da utilizzare per attaccare Israele, senza che Abu Mazen abbia la forza per opporsi.
Tuttavia, anche il presidente dell’ANP e la sua cerchia di collaboratori fidati non hanno mai dato prova di immaginare un futuro pacifico e di civile convivenza con lo Stato ebraico, che apertamente disprezzano a causa del proprio antisemitismo, e continuano a fomentare gli istinti più aggressivi dei palestinesi nei confronti degli ebrei.
Pertanto, immaginare che egli possa contribuire al governo della Striscia di Gaza dopo la guerra risulta quanto meno improbabile, frutto della disperazione e dell’incapacità di concepire e attuare una strategia razionale e pragmatica per il dopo Hamas, basata sulla necessità primaria di garantire la difesa e l’incolumità di Israele.
Lo stesso Abu Mazen non ha mai condannato pubblicamente gli attacchi del 7 ottobre, tanto meno immaginato di schierare direttamente l’ANP contro Hamas per liberarsi dal ricatto della sua influenza sui palestinesi.
Transizione di potere
Pertanto, qualsiasi ipotesi di confronto con i vertici delle entità palestinesi in futuro dovrebbe basarsi su due tasselli imprescindibili: la distruzione delle organizzazioni terroristiche palestinesi ed una profonda ed estesa transizione di potere all’interno dell’autorità nazionale a Ramallah.
Tuttavia, è difficile immaginare questa opzione come facilmente perseguibile, a causa della totale incognita su potenziali leadership alternative, che siano finalmente disponibili ad accettare l’esistenza di Israele e ripudiare le istanze antiebraiche e violente del proprio fronte. Lo stesso Marwan Barghouti di cui si parla, è nelle carceri israeliane per il suo ruolo centrale nel terrorismo palestinese.
In territori come quelli palestinesi in cui la connivenza tra terroristi e civili è all’ordine del giorno e si fonda sull’odio comune verso l’esistenza mai accettata del vicino, appare improbabile garantire la difesa di Israele attraverso il dialogo e non la fermezza.
Pertanto, se non dovessero emergere figure affidabili per immaginare una guida nuova nell’ANP, il futuro della Striscia di Gaza potrà essere deciso soltanto da Israele, con una prorogata presenza politica e militare che appare ad oggi l’unica soluzione plausibile e perseguibile per garantire che quanto accaduto il 7 ottobre non possa più ripetersi.