Esteri

Perché l’attacco di Hamas cambia tutto, ma tutti si attaccano al passato

Commentatori, esperti, politici cercano di infilare le loro vecchie narrazioni quadrate nel buco tondo di questi terribili eventi, non capendo quanto siano trasformativi

ostaggi Hamas Hamas rapisce i civili

C’è una massima militare su come gli eserciti siano sempre pronti a combattere solo e soltanto l’ultima guerra. A guardare ciò che sta accadendo, dopo questi ultimi massacri di israeliani, nella punditry (quell’insieme talvolta malsano di “esperti”, attivisti, e ideologi che commenta i fatti del mondo pubblicamente da media e social media), questo sembra applicarsi anche alla guerra d’informazione.

Tutti quanti stanno cercando di infilare la loro narrazione quadrata nel buco tondo di questi terribili eventi, non propriamente capendo quanto siano trasformativi.

Non siamo nel 2003

Non sono soltanto gli errori. Per esempio, pensare che la politica mediorientale americana sia ferma al 2003, con George W. Bush che vuole esportare la democrazia in punta di baionetta, come se l’amministrazione Obama e il suo riallineamento verso l’asse Iran-Qatar non siano mai esistiti. Eppure, stiamo assistendo ad una imbarazzante rilettura di copioni sui “neocon” che vogliono invadere l’Iran. Poco importa che i neocon oggi appoggino in gran parte l’egemonia mediorientale dell’asse Iran-Qatar. Chiedete ad Emma Bonino.

Oggi l’America e l’Occidente vogliono che Israele incassi il colpo e torni allo status quo ante di punire limitatamente Hamas a Gaza, e col tempo, accettare che Iran e Qatar sono in carica.

Attaccati al passato

Ma si tratta di un disperato attaccarsi al passato. Non si tratta più di pochi razzi o di un bombarolo suicida. Un’orda mongola è uscita da Gaza sterminando tutto quello che si trovava davanti, senza nessun limite. Riportando indietro bottino e schiavi come in una spedizione vichinga. E una buona parte del pianeta esulta e giustifica.

Israele non può tornare allo status quo ante da una cosa del genere senza compromettere seriamente le sue future possibilità di sopravvivenza. Non può trattarla come business as usual. Lanciare un po’ di bombe su Gaza e amen.

Non si tratta di vendetta, ma di ristabilire un deterrente. Che non riguarda solo Hamas, ma anche l’Iran e i suoi proxies, la Fratellanza Musulmana e la sua marcia egemonica nel mondo sunnita, e l’Occidente e il suo riallineamento geopolitico. E se non lo farà, Israele ipotecherà il suo futuro.

Cosa significa “la Palestina non è Hamas”, quando non solo la Palestina, ma tutta la piazza musulmana del pianeta sta esultando per l’eccidio, visto come una “vittoria” di Hamas? E ad essa si uniscono la sempre più numerosa diaspora musulmana in Occidente e l’estrema sinistra woke.

Tutto è cambiato, ma nessuno se ne è reso ancora conto. La punditry continua come se niente fosse.

Il demenziale dibattito social sul se i corpi dei bambini trucidati al Kibbutz Kfar Aza avessero o no la testa è sicuramente l’esempio più eclatante. Parte di una velleitaria operazione di guerra informativa per manipolare i sentimenti dell’opinione pubblica accusando altri di starla manipolando, da parte di chi non ha capito quanto quell’eccidio abbia cambiato i giochi, sia per Israele che per Hamas. Da parte di chi sta di nuovo combattendo l’ultima guerra.

Ma non è l’unico esempio. In questo momento di transizione tutti quanti continuano dritti su una strada che non esiste più. C’è una messe, di altri esempi.

La usuale mitomania di Joe Biden, che lo porta a dichiarare di aver visto con i propri occhi le foto dei cadaveri seviziati, solo per essere smentito 30 secondi dopo dal suo stesso team di PR. L’eterno egocentrismo di Donald Trump, che sui cadaveri ancora fumanti ne approfitta per rispolverare vecchie ruggini con Netanyahu, colpevole di non essere stato abbastanza leale (non all’America, ma a Trump, e solo Trump).

I progressisti che cercano di bilanciare la loro ideologia di “giustizia sociale” e “intersezionalità” con la celebrazione di omicidi di massa da parte di creature di loro creazione come Black Lives Matter. Fazioni del Partito Repubblicano americano che proiettano beghe politiche interne su un mondo complesso. Credenti che si perdono in diatribe teologiche sul ruolo di Israele nella Bibbia.

I media che spostano la narrazione quasi senza pausa ai “morti civili di Gaza”, perché quello è ciò che hanno sempre fatto. I fanatici del “fact checking” che cercano di trasformare il tutto in una battaglia contro la “disinformazione”.

Il fan club della Nato che cerca di infilarci Putin in qualche modo, e ne approfitta per dare colpi di gomito alla tepidità di Israele nei confronti della guerra in Ucraina.

Il demi-monde di George Soros e della Ford Foundation, e tutte le sue adiacenze, che ancora cerca di rimuovere Netanyahu. Anche i ben intenzionati che si chiedono: “Quali speranze ora per la pace?”

Tutte queste persone, senza eccezione, sono in ritardo quanto il signore nel Führerbunker che dava ordini a divisioni che ormai esistevano solo sulla carta.

Tutto il “proprio come l’Ucraina”, “proprio come l’Iraq”, “proprio come il Covid”, non è più semplice sano scetticismo e lezioni apprese, ma pigrizia intellettuale. Reazioni pavloviane che cercano disperatamente di inchiodare la comprensione degli eventi allo status quo ante.

C’è anche nel tutto una componente di voler rivivere i bei vecchi tempi. Il: “Questa è una guerra santa per la democrazia. Non si accetta dissenso!” degli ultimi ritardatari dell’11 Settembre. Il: “Voi mentite, la gente muore. Fermate la Terza Guerra Mondiale!” del peacenik della generazione Millennial.

È tutto molto “moda dell’anno scorso”. E non intendo in senso estetico. C’è una difficoltà a comprendere che il mondo va avanti a prescindere dalle nostre fisime.

Pillole rosse

Quei video, non solo quelli terribili di morti ammazzati, ma anche quelli delle reazioni, di festeggiamenti e di scusanti, non sono semplice informazione, sono Pillole Rosse.

E, come insegna Matrix, dalla Pillola Rossa non si torna indietro. Può avere effetti differenti su differenti persone, ma non si torna indietro. Ciò non significa che i vecchi problemi, pericoli, e pratiche siano scomparsi. Non è una tabula rasa. Ma le prospettive cambieranno. Le vecchie narrazioni quadrate non si infilano nel buchi tondi delle nuove realtà.

Pundit dell’11 Settembre, pundit della guerra in Ucraina, pundit del Covid, pundit della “resistenza” al “populismo”, i vostri giorni sono contati. Lo so che lo avvertite. Lo so che ne avete paura. Questo nuovo evento che cambia la storia verrà gestito nelle alte sfere del potere, non tra la punditry. Ma le nuove Pillole Rosse forgeranno una nuova generazione di Pundit, e voi dovrete adattarvi o morire.