Esteri

Perché Monaco ’25 inizia peggio di Monaco ’38

Tre semplici ragioni per cui le premesse per un accordo con Mosca oggi sono peggiori rispetto a quelle del 1938 con Hitler. Potenze occidentali ancor meno preparate di allora

Putin Trump © towfiqu barbhuiya e MarianVejcik tramite Canva.com

Conclusa la Conferenza per la Sicurezza di Monaco, il 16 febbraio 2025, abbiamo letto, nelle pagine degli editoriali europei, una serie di paralleli storici con la Conferenza di Monaco del 1938. Il paragone è impossibile, perché Monaco si concluse con un accordo (la partizione della Cecoslovacchia), mentre oggi non c’è neppure una bozza ufficiale per la pace in Ucraina.

I colloqui di pace iniziano oggi, 18 febbraio, a Riad, capitale dell’Arabia Saudita. È un capitolo ancora tutto da scrivere. Possiamo però già vedere le premesse della pace ucraina, da quel che si è detto a Monaco. Ed è lecito essere pessimisti.

A Monaco, nel 1938, le potenze occidentali (Francia e Regno Unito) accettarono che Hitler annettesse la regione cecoslovacca dei Sudeti, in cambio di una pace che poi si rivelò illusoria e di brevissima durata. Oggi, con buona pace di Maria Zakharova (portavoce del Ministero degli esteri russo), la Russia ricopre lo stesso ruolo che allora era della Germania: una potenza “revisionista” che vuole prendersi una rivincita storica, annettendo territori che ritiene propri, per motivi storici, linguistici, anche religiosi.

Siamo già in guerra

Ebbene, le premesse per un accordo con Mosca sono peggiori rispetto a quelle del 1938 per tre semplici ragioni. Primo: la guerra è già iniziata. Se nel 1938 le potenze occidentali potevano farsi ancora illusioni sulle intenzioni di Hitler, che non aveva ancora scatenato guerre in Europa, nel 2025 sia gli Usa che l’Ue stanno assistendo, più o meno passivamente, a tre anni di invasione russa dell’Ucraina.

Eppure, in questa conferenza di Monaco si discute ancora se Putin rappresenti o meno una minaccia militare per l’Europa. Non solo Putin ha invaso l’Ucraina, ma ha reso chiare le sue intenzioni successive, con il suo ultimatum alla Nato e agli Usa (interpellati separatamente) del dicembre 2021, in cui chiede espressamente di sgomberare il campo nell’Europa centro-orientale, in quei Paesi che hanno aderito all’Alleanza dopo il Nato-Russia Act del 1997.

Quindi, non solo, Putin ha già avviato la sua espansione militare ai danni di una repubblica ex sovietica, ma fa capire a chiare lettere che questo è solo il primo passo per riprendersi tutta la sfera di influenza ex sovietica.

Di fronte a questa minaccia esplicita, il vicepresidente J.D. Vance, nel suo discorso (ottimo, sul piano dei principi di libertà, per altro), nega che la Russia sia un pericolo esistenziale per l’Europa. Fra le minacce all’ordine europeo cita solo problemi interni ai Paesi europei, ma sottovaluta, volutamente, il nemico alle porte.

I Paesi europei sono dunque più svegli degli Usa? A parole sì. Ma i fatti dimostrano il contrario: il riarmo, per altro sollecitato dagli Usa sin dal 2022, non si è ancora tradotto in pratica, se non nei Paesi più direttamente esposti alla minaccia (Finlandia, Paesi Baltici e Polonia, soprattutto). E questo si riallaccia al secondo problema…

Ritiro Usa dall’Europa

Secondo. L’allora leader del mondo libero, Neville Chamberlain non si fidava di Hitler. Benché avesse firmato il vergognoso appeasement nel 1938, il programma di riarmo venne ulteriormente accelerato e nel 1939 l’Impero Britannico era pronto ad affrontare la Germania. Fu una preparazione provvidenziale e lungimirante, considerando che le forze britanniche si ritrovarono sole ad affrontare la macchina bellica hitleriana per un anno intero, dal giugno del 1940 (caduta della Francia) al giugno del 1941 (invasione tedesca dell’Urss).

L’attuale leader del mondo libero, Donald Trump, si fida invece di Putin. Lo dimostra il fatto che, dopo tre anni di aumento del contingente statunitense in Europa, nel prossimo futuro inizierà la sua riduzione (per ora solo annunciata), non condizionata dall’andamento della guerra in Ucraina.

Il segretario alla Difesa statunitense, Pete Hegseth, nel suo discorso alla Nato, il 12 febbraio, ha dichiarato che gli Usa saranno ancora alleati, ma alla “difesa convenzionale” dovranno pensare gli europei. Tradotto in soldoni: “noi vi garantiamo l’ombrello nucleare, ma le truppe sul terreno ce le mettete interamente voi”.

Gli Usa non disarmeranno, anzi è già evidente che l’amministrazione aumenterà la spesa militare, ma è ormai chiaro che la nuova forza militare Usa non sarà destinata all’Europa, bensì ad altri fronti, “le frontiere americane” e “l’Indo-Pacifico”, secondo le intenzioni espresse dallo stesso Hegseth.

Anche in Polonia, il Paese che spende il 5 per cento del Pil in difesa, Hegseth ha mantenuto lo stesso atteggiamento, ribadendo che la presenza di forze Usa sul continente europeo “non sarà per sempre”. Senza truppe americane sul terreno, anche il deterrente nucleare Usa perderebbe comunque gran parte della sua credibilità: perché rischiare di far incenerire le città nordamericane per una guerra degli europei?

E quindi domandiamoci: senza più il deterrente della prima potenza del mondo, quanto reggerà l’Europa? Rimediare a tre decenni di disarmo non è pensabile nel breve periodo, le colpe degli europei occidentali (Italia inclusa) saranno pagate da Polonia e Baltici, i più esposti da sempre al pericolo russo, oltre che a Finlandia e Svezia che si sono unite alla Nato in un periodo storico ormai finito e rischiano di trovarsi sole di fronte all’annunciata vendetta di Mosca. Ma almeno c’è l’intenzione di riarmarsi, in Europa? E qui si arriva a…

Democrazie in ordine sparso

Terzo: se a Monaco, nel 1938, le potenze occidentali si mossero compatte, tanto che appena un anno dopo sia la Francia che il Regno Unito dichiararono guerra alla Germania, oggi le democrazie si presentano in ordine sparso. Trump vuol tagliare fuori l’Europa, dimostrando di dare più credito a Putin, al punto di voler discutere solo con lui gli accordi di pace sull’Ucraina, escludendo lo stesso governo di Kiev e tenendo ben lontana l’Europa. Il fatto stesso di tenere i colloqui in Arabia Saudita, fuori dal continente europeo, non è una mera scelta logistica.

La parte europea della Nato, di comune accordo con l’amministrazione Biden, ha deciso di sostenere l’Ucraina, con pochissime eccezioni (Orban in Ungheria e Fico in Slovacchia dall’ultimo anno) ed ora, al cambio di rotta degli Usa, si ritrova esclusa, evidentemente perché troppo sgradita alla controparte russa. Comunque, neanche Fico e Orban avranno una parte nei colloqui, a dimostrazione che gli Usa sono ormai disinteressati al Vecchio Continente nel suo insieme e non solo ad una parte politica.

Ma ora che si inizierà a giocare sul serio, nel nostro Continente, quanto rimarremo uniti? Emmanuel Macron ha già iniziato a picconare la solidarietà europea, con il suo vertice di Parigi, dove ha invitato una potenza non-Ue (il Regno Unito) e ha escluso i Paesi Ue e Nato più esposti alla minaccia russa (Finlandia, Svezia, Baltici e Romania), adottando un formato talmente contorto che non potrebbe essere capito nemmeno da un campione di scacchi.

Europei filo-russi

A questo si aggiunge un equilibrio politico interno ai Paesi europei della Nato che si può definire precario, nella migliore delle ipotesi, fra forze governative più o meno convintamente anti-russe e forze di opposizione decisamente filo-russe. In Romania torna in lizza il candidato filo-russo Calin Georgescu, la cui vittoria al primo turno delle presidenziali è stata negata da un vero golpe bianco della Corte costituzionale.

In Germania c’è il partito dell’AfD, apertamente sostenuto da Trump, che non ha rinunciato alla sua agenda filo-Mosca (Sì alla riapertura del Nord Stream, No alle sanzioni alla Russia, No all’Ucraina nell’Ue). E in Francia il dominio di Macron sta per finire. Le alternative esistenti, oggi, sono la Le Pen e Mélenchon, entrambi teneri con Mosca e duri con la Nato.

Dopo Monaco del 1938 scoppiò la Seconda Guerra Mondiale, la “più inutile” guerra della storia, secondo Churchill, perché era la più prevedibile e prevenibile. Sarebbe bastato leggere quel che scriveva Hitler, per fermarlo dal principio. Oggi Putin è ancor più prevedibile di Hitler: ha già iniziato a mettere in pratica quel che ha sempre scritto e dichiarato. Ma le potenze occidentali si dimostrano ancor meno preparate di quel che erano allora.

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